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salute & giustizia
 

Amianto, la polvere che uccide: la parola ai giudici

23/05/2019  Oggi è attesa la sentenza del Tribunale di Torino. Si sono attivate anche altre sedi giudiziarie, da Vercelli a Reggio Emilia e a Napoli. In Italia, secondo i dati forniti dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di fibre killer.

Il giorno della sentenza è arrivato. Giovedì 23 marzo, il Tribunale di Torino si pronuncia su due decessi per amianto, per i quali il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 72 anni di Zurigo, è accusato di omicidio colposo. Un processo che giunge a conclusione dopo la famosa bocciatura della Cassazione sul disastro ambientale, reato prescritto in terzo grado, che aveva dato però l’input al procuratore Raffaele Guariniello di aprire un nuovo fascicolo per l’ipotesi di omicidio volontario. L’esperto magistrato, infatti, aveva raggruppato in un unico fascicolo i casi Cavagnolo, Casale Monferrato, alcuni paesi del Vercellese, Ruberia, provincia di Reggio Emilia, e Bagnoli di Napoli. Tuttavia, nella fase dell’udienza preliminare il gup di Torino, Federica Bompieri, aveva derubricato il reato in omicidio colposo senza dolo eventuale, prescrivendo così decine di morti avvenute per mesotelioma, ad eccezione delle due che oggi conosceranno la decisione dei giudici.

L’amianto, da cui genera il tumore maligno provocato dalle fibre che diventano mortali dopo un’incubazione tra i 25 e i 35 anni, è al centro anche di attività dibattimentali in altri Tribunali italiani, come a Napoli dove il processo è entrato nel vivo. In questo caso il titolare svizzero dell’azienda “Eternit”, operativa fino al giugno del 1986, deve rispondere di omicidio volontario. Lo scorso lunedì 29 aprile invece la procura di Vercelli ha firmato l’avviso di conclusioni indagini contro Stephan Schmidheiny, mentre quella di Reggio Emilia ancora non ha emesso il decreto previsto dal 415bis del codice di procedura penale. A Vercelli si contano 392 decessi, di cui 62 lavoratori e il resto cittadini residenti nel Monferrato. Rispetto a questi numeri, un eventuale processo contro Schmidheiny, imporrebbe un calendario fitto per arrivare a una sentenza di primo grado in tempi ragionevoli. A costituirsi parte civile ci sarà sicuramente l’associazione Afeva di Casale Monferrato, già rappresentata a Napoli dall’avvocato Laura d’Amico del foro di Torino. Alla base dell’inchiesta di Vercelli, ci sono le investigazioni di Guariniello che riteneva come Schmidheiny, all’epoca 29enne e titolare dell’azienda presa in eredità dal padre Max, avesse messo in atto un’attività di depistaggio (e spionaggio) affinché le cause dell’amianto non fossero note nell’opinione pubblica.

L’associazione dei familiari e delle vittime di amianto che ha sede in provincia di Alessandria nasce nel 1989, dopo che era chiaro che l’eternit fosse la causa di tantissimi decessi all’interno dell'omonima fabbrica monferrina. L’obiettivo era di sostenere le famiglie sia per le battaglie legali sia per i risarcimenti. Passava il tempo e iniziavano a morire anche le mogli dei dipendenti, circa 3mila in quegli anni e quasi tutti di Casale Monferrato.

Una polvere killer che dal 1970 a oggi ha fatto più di 2500 vittime nel Monferrato e, secondo il pensiero comune dei casalesi, il picco di mortalità si raggiungerà tra 10-15 anni. La generazione dei 40enni è quella più a rischio. «All’epoca l’ambiente della fabbrica era polveroso - spiega una signora membra di Afeva, alla quale è morto il marito negli anni ‘90 per mesotelioma - così l’azienda pensava di dare alcuni benefit, tipo un libro di latte ogni giorno, un litro di olio al mese, pagare la colonia ai bambini e borse di studio, promettendo un ricambio in fabbrica quando i genitori sarebbero andati in pensione».

Se all’inizio nessuno faceva caso a coloro i quali morivano di una malattia all’epoca sconosciuta e che ancora oggi è rara, nel 1983 alcuni medici che lavoravano all’ospedale di Casale Monferrato si sono accorti che il tumore iniziava a diffondersi. Morivano tutti: chi abitava vicino la fabbrica, chi viveva in collina o chi aveva la casa dall’altra parte della città. E le azioni risarcitorie, che puntavano a far riconoscere il mesotelioma come malattia professionale invalidante, ottengono giustizia solo dal 1994 in poi.

Uno dei rimedi per evitare che le nuove generazioni possano avere in eredità tutto ciò è sicuramente quello di bonificare. In questo caso, Casale Monferrato è all’avanguardia in tutto il mondo, avendo rimosso il 90% di absesto (o amianto) presente negli edifici pubblici. I primi interventi erano stati fatti sui capannoni abbandonati, uno dei quali oggi è punto attrattivo della città che ospita un grande cinema, sull’ospedale civile e su tutte le scuole, così come negli oratori, nei quali era distribuita la polverina.

Quel che rimane, ossia il 10%, è nelle disponibilità dei privati che possono beneficiare del contributo pari al 50% della somma, chiedendolo alla Regione Piemonte o al comune di appartenenza, destinatari nel 2014 di 65 milioni di euro erogati dal governo Renzi. Con questi soldi la bonifica nei comuni aderenti al Sin (sito d’interesse nazionale) è terminata, come ha spiegato lunedì 29 aprile scorso il sindaco di Casale Monferrato Titti Palazzetti, durante la giornata mondiale delle vittime d’amianto. La cifra rimasta non supera i 25 milioni di euro ed è sufficiente a eliminare ciò che è ancora presente in alcuni luoghi.

La lotta all’amianto, però, ha vissuto anche momenti di tensione. Nel dicembre del 2011, ad esempio, il magnate svizzero chiese all’amministrazione comunale di ritirare la querela nell’ambito del processo di primo grado, poi terminato in Cassazione con una sentenza di prescrizione per disastro ambientale, in cambio di 18 milioni di euro. Una transazione che l’allora amministrazione comunale di centrodestra stava per accettare, scatenando le ire dei casalesi, intervenuti in consiglio comunale per scongiurare che le vittime d’amianto potessero essere mortificate dal “Dio denaro”. Il vescovo Alceste Catella, in una lettera pastorale, si rivolse al sindaco Giorgio Demezzi e ai suoi assessori, chiedendo «un gesto concreto che esprima considerazione e rispetto verso la sofferenza di tanti nostri concittadini. Un gesto che valga a riportare pace, a risanare lacerazioni e ferite». Il Comune si rifiutò di accordarsi con Schmidheiny.

Solo in Italia, secondo i dati forniti dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di amianto. Tuttavia, nel mondo esistono situazioni ben più gravi. Si parla di 200mila malati di amianto, bandito dal nostro parlamento nel 1992. La prima nazione fu la Norvegia.

Il Giappone e il Canada, a tal proposito, hanno voluto avviare una collaborazione con Afeva, mentre un docente universitario di Bogotà vuole conoscere le pratiche di bonifica, in virtù del fatto che esiste una città vicina alla capitale della Colombia piena di amianto, buttato anni fa nei laghi e ora prosciugati per costruire palazzi. Il paese asiatico, inoltre, ha dedicato un fumetto alla donna simbolo della lotta all’amianto, Romana Blasotti Pavesi, 90 anni, prima presidente di Afeva. In alcuni Paesi, come la Russia e la Cina, è vietato parlare dell’absesto. Costa poco e protegge dall’acqua e dal fuoco. Nello Stivale buona parte della rete idrica, come i 400km dell’Emilia-Romagna, è costruita con tubi di amianto, che è pericoloso quando si sbriciola e circola nell’aria.

Le intenzioni delle istituzioni locali e nazionali italiane sono quelle, invece, di proseguire nella battaglia. Servirà tempo e ulteriori fondi, ma oggi c’è consapevolezza dei rischi che possono correre le nuove generazioni. «Abbiamo iniziato a lottare dal 1983 e non ci fermeremo di certo oggi che abbiamo raggiunto risultati importanti» ha dichiarato Giuliana Busto, presidente di Afeva.

Linea ferma anche da parte del ministero dell’Ambiente, come ha confermato Sergio Costa a Casale Monferrato lunedì 29 aprile scorso, partecipando al dibattito sull’amianto tenutosi nel teatro municipale, alla presenza di autorità locali, religiose, delle forze dell’ordine e degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado. «Ho istituito una commissione ministeriale con a capo il procuratore Raffaele Guariniello, affinché entro tre mesi sia elaborata una nuova norma che debelli l’amianto. Da Casale possiamo imparare perché è all’avanguardia su questo tema».

In campo scientifico la ricerca continua. Nel 2015 a Siena è partita una cura sperimentale su 100 persone affette da mesotelioma, grazie all’immunoterapia. Uno di questi è Giovanni Cappa, 72 anni ex imbianchino, vice presidente di Afeva, malato da 6 anni del tumore maligno che viene monitorato dall’Ufim (Unità funzionale interaziendale mesotelioma), la cui direttrice è l’oncologa Federica Grossi. «Sono tra i pochi – dice Giovanni a Famiglia Cristiana – che resiste da tanti anni. Sono consapevole della malattia e lotterò fino all’ultimo, ma quando morirò ho già chiesto alla mia famiglia di consegnare il mio corpo ai medici per sperimentare tutto ciò che è necessario a combattere questo cancro».

Il direttore del centro sanitario regionale d’amianto, il dottor Massimo D’Angelo, siciliano d’origine, affronta l’argomento: «Si deve partire dalla ricerca genetica - dichiara a “Famiglia Cristiana” -. Da Casale Monferrato parte una strategia ben precisa, grazie ai fondi messi a disposizione da privati, ma la strada è lunga. Il nostro impegno va anche nella direzione di migliorare la qualità di vita dei pazienti che mediamente vivono dodici mesi da quando scoprono di avere la malattia». Malattia causata dalle fibre inalate, che si attaccano alla pleura dei polmoni, creando problemi respiratori con dolori lancinanti in tutto il corpo.

C’è, infine, l’attivismo degli studenti nella battaglia contro l’eternit. Un’eccellenza si trova all’interno dell’istituto superiore “Balbo” di Casale Monferrato. L’aula multimediale è gestita da 250 alunni, formati dall’associazione Afeva, che fanno da guida ai circa 3mila visitatori annuali. La stanza è pensata come una scatola nera, la memoria indelebile di uno dei disastri ambientali più importanti del mondo. Vittoria, 18 anni, illustra tutte le immagini e poi aggiunge: «Rabbrividiamo quando andiamo al mare, tipo in Liguria, dove la presenza delle lastre di eternit è notevole soprattutto nelle zone balneari». La Rosa Eos rappresenta la speranza, oltre che è il simbolo del premio “Cavalli”, dedicato a un sindacalista, che da 27 anni è un punto fermo dell’Afeva.

                                                                                                                                 Antonio Alizzi

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