«La
conferenza di pace sulla Siria “Ginevra II” deve darsi
l’obiettivo di porre urgentemente fine all’assedio imposto dalle
forze governative nei confronti delle città
controllate dall’opposizione, in cui la popolazione civile sta
morendo di fame».
È
la richiesta
pressante di
Amnesty International in vista dei colloqui che inizieranno il 22
gennaio in Svizzera. L’organizzazione per i diritti umani sta
chiedendo al governo di Damasco e ai gruppi di opposizione di
garantire accesso immediato e senza ostacoli in tutto il territorio
siriano alle organizzazioni umanitarie.
«Dalle
città
siriane arrivano immagini strazianti di bambini emaciati e figure
scheletriche dalla pelle giallastra. La crisi umanitaria si sta
espandendo alla velocità
della luce. Sollecitiamo tutti gli Stati
che prenderanno parte ai colloqui di Ginevra, le Nazioni Unite, il
governo siriano e la Coalizione nazionale siriana ad alleviare le
sofferenze della popolazione civile siriana con la massima priorità»,
ha dichiarato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e
Africa del Nord di Amnesty International.
«Se
la conferenza di pace si terrà
come previsto»,
continua Luther,
«rappresenterà
una rara opportunità
per fare progressi decisivi nel campo dei diritti umani per entrambe
le parti in conflitto. Chi prenderà
parte ai colloqui di Ginevra dovrà
assicurare che i diritti umani saranno il primo punto dell’agenda e
non saranno sacrificati in nome di compromessi politici».
Il
governo siriano ostacola l’arrivo di aiuti vitali alla popolazione
civile sia a Damasco che nei dintorni della capitale, come nel campo
per i rifugiati palestinesi di al-Yarmouk, dove almeno 49 persone -
tra cui almeno 17 donne e bambine - sono morte dallo scorso luglio,
anche di fame.
Un’infermiera di un ospedale locale ha dichiarato ad
Amnesty International che dalla metà
di novembre, quando le forze governative hanno assunto il controllo
delle aree intorno ad al-Yarmouk, diversi civili sono stati uccisi
dai cecchini mentre stavano raccogliendo cibo nei pressi del campo.
«Ogni
giorno»,
ha raccontato l'infermiera,
«riceviamo
in media quattro persone - metà
delle quali donne – colpite dai cecchini mentre raccoglievano
piante e arbusti nei campi. Le donne ci dicono che preferiscono
uscire loro a cercare cibo piuttosto che mettere in pericolo i
bambini. Una volta abbiamo ricevuto il cadavere di un ragazzo, avrà
avuto 16 o 17 anni. Suo padre gli diceva: “Sei morto per aver
cercato di portare qualche foglia di ibisco ai tuoi fratelli”. Una
scena straziante».
Il
blocco imposto a Moadamiya, a Ghouta Est e in altre aree ha
intrappolato una popolazione civile allo stremo e in disperato
bisogno di cibo e medicinali. Il mese scorso il capo delle operazioni
umanitarie delle Nazioni Unite, Valerie Amos, ha stimato che erano
250.000 i civili rimasti senza aiuti nelle aree assediate.
Una
persona di Moadamiya ha raccontato ad Amnesty International: «Di
notte cercavo di bere molta acqua sperando che la mattina avrei avuto
meno fame. Non c’è
praticamente niente da mangiare».
Nonostante
a dicembre forze governative e di
opposizione
armata abbiano raggiunto una tregua, gli aiuti autorizzati a entrare
nella città
sono risultati finora insufficienti e mancano ancora alimenti
nutrienti come la frutta e la verdura.
"Affamare i civili come modalità bellica è un crimine di guerra"
«Il
governo siriano sta punendo crudelmente la popolazione civile delle
zone controllate dall’opposizione. Affamare i civili come modalità
bellica è
un crimine di guerra. I blocchi devono essere immediatamente tolti e
l’accesso agli aiuti umanitari non deve mai essere usato per
acquisire vantaggi politici o militari»,
ha denunciato il
direttore Medioriente e Africa del Nord di Amnesty.
«Le
autorità
siriane possono ispezionare i prodotti in entrata e in uscita dalle
città
ma non devono bloccare prodotti fondamentali come cibo e medicine.
Tanto le forze governative quanto quelle dell’opposizione devono
inoltre porre immediatamente fine agli attacchi contro il
personale umanitario
e sanitario».
Oltre
ad assicurare l’ingresso degli aiuti umanitari, Amnesty
International chiede ai partecipanti alla conferenza ‘Ginevra II’,
e soprattutto agli Stati
che possono influenzare il governo siriano e i gruppi armati di
opposizione, di assicurare il rilascio di tutti gli attivisti
pacifici – compresi i difensori dei diritti umani – e dei civili
presi in ostaggio.
Dal
2011, migliaia di manifestanti pacifici sono stati arrestati dalle
forze di sicurezza siriane. Alcuni sono stati rilasciati ma molti
altri sono stati torturati a morte o condannati a lunghe pene
detentive a seguito di processi iniqui. Altri ancora continuano a
restare in carcere senza processo.
Nell’agosto
2013, almeno 105 civili - per lo più
donne e bambini – sono stati rapiti nei loro villaggi, la cui
popolazione è
in prevalenza alawita, da un gruppo armato che sperava di poterli
scambiare con combattenti dell’opposizione trattenuti dal regime
siriano. Il loro sequestro continua.
«Gli
Stati
che prenderanno parte a “Ginevra II” e che hanno influenza
sull’opposizione armata devono agire immediatamente per ottenere la
loro liberazione»,
insiste Luther.
«Moltissime
persone sono state imprigionate, sequestrate o sottoposte a
sparizione forzata e la loro sorte rimane sconosciuta. Ogni accordo
che dovesse essere raggiunto a Ginevra dovrebbe avere l’obiettivo
di ottenere il rilascio di migliaia di attivisti pacifici e dei
civili sequestrati, a cominciare dalle donne e dai bambini».
Tra
le altre richieste, Amnesty International auspica che a Ginevra sia
dato spazio alle attiviste e alle donne siriane affinché
possano dare un contributo concreto alle decisioni che verranno
prese.
L’organizzazione
per i diritti umani sta sollecitando tutti gli Stati
a sospendere i trasferimenti di armi al governo siriano e allo Stato
islamico dell’Iraq e del Levante, così
come a ogni altro gruppo armato che si sia rendendo responsabile di
crimini di guerra e di ulteriori gravi abusi dei diritti umani.
Amnesty
International chiede infine che cessino gli attacchi contro obiettivi
non militari, di cui è
responsabile soprattutto il governo, e che entrambe le parti pongano
fine agli omicidi sommari e alle torture, pratiche assai diffuse nel
paese. Dal 2011, l’organizzazione sta chiedendo al Consiglio di
sicurezza di deferire la situazione della Siria al procuratore della
Corte penale internazionale.