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martedì 05 novembre 2024
 
 

Amnesty: nel mondo aumentano disuguaglianze e instabilità

29/03/2022  Presentato il Rapporto 2021-2022 sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Schede di approfondimento su 154 Paesi. A partire dalla lotta al Covid e dall'affermarsi dei vaccini (per molti, non per tutti, e comunque business per pochi) denunciati slogan vuoti, false promesse e nuove norme contro dissenso

Arriva puntuale, come ogni anno, il Rapporto di Amnesty International sulla situazione dei dei diritti umani nel mondo.L’edizione di quest’anno (pubblicata da Infinito Edizioni), con un’introduzione della segretaria generale di Amnesty International Agnès Callamard, contiene cinque panoramiche regionali e schede di approfondimento su 154 paesi. “Il 2021 avrebbe dovuto essere un anno di guarigione e ripresa. Invece, è diventato un incubatore di disuguaglianze e instabilità sempre maggiori, non solo per il 2021, non solo per il 2022, ma per il decennio a venire”, scrive Callamard. “Nel pieno della pandemia da Covid-19”, aggiunge, “nel mondo covavano nuovi conflitti, mentre altri irrisolti si aggravavano. In Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Israele/Palestina, Libia, Myanmar, Yemen, per citarne solo alcuni, le situazioni di conflitto hanno causato violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme sui diritti umani su vasta scala. In troppi pochi casi, la necessaria risposta internazionale si è fatta sentire; in troppo pochi casi, sono stati garantiti giustizia e accertamento delle responsabilità. Al contrario, i conflitti si ampliavano. Con il passare del tempo, il loro impatto diventava sempre più grave. Il numero e la varietà delle parti coinvolte aumentavano. Si aprivano nuove minacce di conflitto. Si testavano nuove armi. Si provocavano sempre più morti e feriti. La vita aveva sempre meno valore”.

Una tendenza regressiva preoccupante segnalata dal Rapporto è stata “l’elaborazione e l’introduzione di nuove normative che hanno limitato i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica. Sulla base del monitoraggio svolto da Amnesty International, è stato possibile accertare durante l’anno l’introduzione di norme di questo tipo in almeno 67 dei 154 paesi coperti dal presente rapporto, tra cui Cambogia, Egitto, Pakistan, Turchia e Usa. Allo stesso tempo, le restrizioni introdotte nel 2020, con la dichiarata intenzione di contrastare la diffusione del Covid-19, sono state mantenute anche quando la situazione della sanità pubblica era cambiata”.

Un’altra tendenza del 2021è stata il “susseguirsi di sfollamenti di massa causati da crisi emergenti e radicate. Gli eventi in luoghi come Afghanistan, Etiopia e Myanmar hanno determinato nuove ondate di sfollati”. E, denuncia il Rapporto, “troppo spesso, queste persone in movimento sono state anche vittime di una interminabile serie di abusi e l’impunità ha prevalso per situazioni ricorrenti di violazioni diffuse come respingimenti, tortura e violenza sessuale. Molti governi si sono sottratti alle loro responsabilità di fornire protezione a rifugiati e migranti e hanno anche commesso violazioni dei diritti nel tentativo di tenerli lontani dal loro territorio e di dirottare altrove gli arrivi spontanei”.

Particolarmente allarmante la parte dedicata all’Africa subsahariana, in cui si sottolinea la persistenza dei conflitti armati. “I civili”, si legge, “ hanno continuato a pagare il prezzo dei perduranti conflitti armati in Africa. In Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centrafricana (Central African Republic – Car), Repubblica Democratica del Congo (Democratic Republic of Congo – Drc), Etiopia, Mali, Mozambico, Niger, Nigeria, Somalia e Sud Sudan, le parti in conflitto hanno commesso crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme sui diritti umani. In alcuni casi, le violazioni commesse erano da considerarsi crimini contro l’umanità. La ricerca di giustizia per le vittime si è dimostrata in larga parte elusiva. I conflitti hanno sfollato milioni di persone, aggravando la già precaria situazione umanitaria e della sicurezza nei campi per rifugiati e sfollati interni”.

 
 
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