Il chirografo inviato a tutti i vescovi per accompanare l'Esortazione
«Un testo per gli addetti alla vita più che per gli addetti ai lavori». L'esortazione apostolica post sinodale Amoris Laetitia, (nove capitoli, suddivisi in 325 numeri, con 391 note, e la preghiera finale alla Santa Famiglia), presentata oggi in sala stampa vaticana, viene definita così dai coniugi Franco Miano e Giuseppjna De Simone. La coppia, che ha partecipato ai lavori dei due sinodi, confessa che «la lettura dell' Amoris letitia è stata per noi un momento di grande commozione e di profonda gioia. Questa gioia vorremmo poter trasmettere anche a voi oggi. È la gioia per un testo magisteriale che nel parlare della famiglia riconduce all'essenziale, a quello che più conta; e lo fa con un linguaggio diretto, semplice, per tutti». Un linguaggio a tratti poetico, ma sempre con i piedi per terra, per un testo che viene «significativamente pubblicato in pieno tempo giubilare», aggiunge il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi. Tocca a lui sintetizzare le novità dell'esortazione. E il cardinale lo fa leggendo ampi stralci del documento. Ricordando che «come ogni pastore, Papa Francesco rivolge la sua sollecitudine paterna alla "innumerevole varietà di situazioni concrete" (AL, 300). Pertanto, egli afferma: "è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi" (ib.). Dal momento che – come il Sinodo ha affermato – "il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi", occorre procedere con "un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari" (ib.). I battezzati che vivono in una seconda unione devono essere integrati e non esclusi. L’Esortazione al riguardo è molto chiara: "La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate [...] possano essere superate"».
Il principio della gradualità, del discernimento caso per caso, dell'accoglienza e dell'inclusione - spina dorsale di tutta l'esortazione - sono stati sottolineati anche dal cardinale di Vienna Christoph Schönborn, il cardinale che più di tutti, nel corso dei Sinodi aveva sostenuto, partendo dalla sua esperienza personale di figlio di divorziati, la necessità di accompagnare le situazioni caso per caso.
«Papa Francesco ha posto la sua Esortazione sotto la frase guida: “Si tratta di integrare tutti” (AL 297) perché si tratta di una comprensione fondamentale del Vangelo: noi tutti abbiamo bisogno di misericordia!», spiega il cardinale di Vienna, «“Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra” (Gv 8, 7). Tutti noi, a prescindere dal matrimonio e dalla situazione familiare in cui ci troviamo, siamo in cammino. Anche un matrimonio in cui tutto “vada bene” è in cammino. Deve crescere, imparare, superare nuove tappe. Conosce il peccato e il fallimento, ha bisogno di riconciliazione e di nuovo inizio, e ciò fino in età avanzata (cfr AL 297).Papa Francesco è riuscito a parlare di tutte le situazioni senza catalogare, senza categorizzare, con quello sguardo di fondamentale benevolenza che ha qualcosa a che fare con il cuore di Dio, con gli occhi di Gesù che non escludono nessuno (cfr AL 297), che accoglie tutti e a tutti concede la “gioia del Vangelo”. Per questo la lettura di Amoris laetitia è così confortante. Nessuno deve sentirsi condannato, nessuno disprezzato. In questo clima dell’accoglienza, il discorso della visione cristiana di matrimonio e famiglia diventa invito, incoraggiamento, gioia dell’amore al quale possiamo credere e che non esclude nessuno, veramente e sinceramente nessuno. Per me Amoris laetitia è perciò soprattutto, e in primo luogo, un “avvenimento linguistico”, così come lo è già stato l’Evangelii gaudium».
Il cardinale sottolinea che sicuramente il capitolo che più attira l'attenzione è il capitolo 8 su come accompagnare, discernere e integrare la fragilità che parla esplicitamente dei divorziati risposati. «Per quanto riguarda i divorziati risposati con rito civile», ricorda il cardinale, il Papa sostiene: «“Accolgo le considerazioni di molti Padri sinodali, i quali hanno voluto affermare che (...)
la logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale... Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come un madre che li accoglie sempre...” (AL 299). Ma cosa significa ciò concretamente? Molti si pongono, a ragione, questa domanda. Le risposte decisive si trovano in Amoris laetitia 300. Esse offrono certamente ancora materia per ulteriori discussioni. Ma esse sono anche un importante chiarimento e un’indicazione per il cammino da seguire: “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete (...) è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione
una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi”.
Molti si aspettavano una tale norma.
Resteranno delusi. Che cosa è possibile? Il Papa lo dice con tutta chiarezza: “
È possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari”».
«Colpisce il fatto che l'inno alla carità, paradigma della perfezione cristiana dell'amore e posto al cuore di questa esortazione, sia declinato dal Papa nel tempo e nei giorni della vita delle famiglie», aggiungono i coniugi Miano. «L'inno alla carità dice "il nostro amore quotidiano" e le sue parole fondamentali si comprendono nella semplicità e nella concretezza dei gesti, degli sguardi, dei comportamenti, nella forza degli atteggiamenti da maturare, nella intensità e nella fatica delle scelte che ogni giorno ci chiede. L'amore nella vita della famiglia è fatto prima di tutto di pazienza (La carità è paziente) e la pazienza è benevola (benevola è la carità) aiuta l'altro a crescere senza avvertirne i successi come una minaccia (non è invidiosa). "L'amore non è arrogante" (non si gonfia, non si vanta), rende amabili e capaci di posare sull’altro uno sguardo amabile. Non mette in primo piano l’amore per se stessi (non cerca il proprio interesse); non alimenta l'ira fino a farla diventare un atteggiamento permanente (non si adira) ed evita che il rancore cresca fino ad annidarsi nel cuore (non tiene conto del male ricevuto). L’amore nella vita della famiglia esige la disponibilità a perdonare che passa attraverso l’esperienza liberante dell’accettare se stessi con i propri limiti e l’avvertire che Dio ci ama senza condizione e senza meriti. Ma la famiglia è soprattutto il luogo in cui impariamo a rallegrarci per il bene dell'altro (si rallegra della verità). "La famiglia deve essere sempre il luogo in cui chiunque faccia qualcosa di buono nella vita, sa che lì lo festeggeranno insieme a lui"(110). L'amore nella famiglia abbraccia il tutto della vita. Per questo: "tutto scusa", è ampiezza di sguardo che comprende che l’altro è “molto di più di quello che a me da fastidio” e sa apprezzarne l’amore pur nel suo essere imperfetto (L'amore convive con l'imperfezione"113)».
Ma imperfezione e fragilità non devono condizionarci, non devono diventare ossessione. «Papa Francesco», dice ancora Schonborn, «confida nella “gioia dell’amore”. L’amore sa trovare la via. È la bussola che ci indica la strada. Esso è il traguardo e il cammino stesso, perché Dio è l’amore e perché l’amore è da Dio. Niente è così esigente come l’amore. Esso non si può avere a buon mercato. Per questo nessuno deve temere che Papa Francesco ci inviti, con “Amoris laetitia”, a un cammino troppo facile. Il cammino non è facile, ma è pieno di gioia!