Secondo
l’Organizzazione non governativa Save the Children, sono milioni
nel mondo i minori vittime di tratta e sfruttamento e migliaia in
Italia, dove il fenomeno è in crescita anche a seguito del costante
e inarrestabile flusso di minori migranti non accompagnati, che
costituiscono un gruppo particolarmente a rischio di
sfruttamento. Il
numero di minori vittime di tratta nel mondo – sostiene l’Ong -
secondo l’Onu è di 1,2 milioni, ma se si considerano quelli che
subiscono comunque uno sfruttamento sessuale o lavorativo il numero
ha raggiunto nel 2011 una grandezza di quasi 5 volte superiore (5,5
milioni) e rappresenta il 26% del totale delle vittimedi questi
sfruttamenti (20,9 milioni). Lo sostiene un report
dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Un
fatturato simile al commercio di droga e armi
«I
conflitti e le situazioni di crisi vissute in tante parti del mondo
spingono senza tregua verso l’Italia e gli altri Paesi europei
migliaia di minori non accompagnati, esposti concretamente al rischio
di tratta e sfruttamento sessuale o lavorativo,» ha dichiarato
Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia Europa di Save the
Children. «La tratta e lo sfruttamento degli esseri umani è mossa
da un flusso economico paragonabile, nel mondo, a quello del
commercio illegale di droga e di armi. Un fenomeno odioso
e dalle conseguenze devastanti per la vita di migliaia di ragazze e
ragazzi. Di fronte a questa situazione non è possibile voltarsi
dall’altra parte. Parliamo di piccoli schiavi che sono “invisibili”
solo per chi non vuole vedere, mentre questa condizione è
visibilissima nelle nostre città e colpisce drammaticamente
centinaia di bambini e adolescenti. È necessario un rafforzamento
delle misure di protezione per le vittime, sia al livello nazionale
che internazionale, ed il coordinamento degli sforzi per bloccare chi
specula su questa vera e propria schiavitù contemporanea».
In
Italia si riscontra una mancanza cronica di dati aggiornati sul
fenomeno, ma possono essere certamente considerati la punta
dell’iceberg di questa schiavitù spesso invisibile i 280 minori
identificati come vittime di tratta o riduzione in schiavitù
attraverso procedimenti penali tra il 2004 e il 2011 (fonte:
Direzione Nazionale Antimafia). Provengono principalmente dall’Europa
orientale e balcanica, in misura minore quelli di origine straniera
nati in Italia e quelli provenienti da Africa e Asia. Sono più di
100 i minori vittime di tratta che hanno beneficiato nel 2011 di
programmi di assistenza specifici. Si stima tra i 1.600 e i 2.000 il
numero di quelli che si prostituiscono in strada (fonte: Associazione
On the Road).
A
partire dall’esperienza diretta di Save the Children, desta
particolare preoccupazione l’elevata esposizione al rischio di
tratta e sfruttamento delle migliaia di minori non accompagnati
sbarcati sulle coste italiane. È questo il caso delle giovani
nigeriane giunte fra il 2011 e l’agosto 2012 via mare, alcune delle
quali si sono ritrovate vittime di uno sfruttamento sessuale su
strada che nel nostro Paese non solo si dimostra come un fenomeno
cronico, ma si segnala in crescita. I gravi rischi di sfruttamento
riguardano anche i circa 1.300 afgani che per loro volontà sono solo
“in transito” nel nostro Paese e quindi “invisibili”, o i
circa 900 minori egiziani giunti in Italia tra il 2011 e il 2012 con
un oneroso debito di viaggio, da saldare in fretta, e il desiderio di
aiutare le famiglie di origine: tutti entrati in contatto con Save
the Children al momento dello sbarco o successivamente.
La
tratta a scopo sessuale
Secondo
le evidenze e informazioni raccolte dagli operatori che lavorano in
tale ambito, lo sfruttamento sessuale di minori su strada è un
fenomeno non solo stabile ma addirittura in crescita (fonte: On the
Road), soprattutto per le minori rumene e nigeriane. Nel caso di
queste ultime, le associazioni che operano in alcune aree della
penisola come Marche, Abruzzo, Molise e nel napoletano, segnalano un
aumento delle giovani coinvolte, collegato all’ingresso in Italia
durante lo scorso anno di 3.857 migranti di origine nigeriana di cui
179 identificati come minori non accompagnati. Un flusso che nel
periodo 1 gennaio-5 agosto 2012 si è invece consistentemente ridotto
con l’ingresso di 4 minori non accompagnati su un totale di 159
migranti provenienti dalla Nigeria (fonte: Ministero dell’Interno).
Al
contrario, l’ingresso delle minori rumene in Italia è facilitato
dalla cittadinanza comunitaria e del possesso di documenti di viaggio
regolari, e la loro resa in schiavitù avviene sia tramite violenza
che attraverso un forte legame affettivo. È l’ingresso in un
tunnel di «dolore, sofferenza e di sopruso subito quotidianamente»,
secondo le parole stesse delle ragazze entrate in contatto con gli
operatori che cercano di guadagnare la loro fiducia e
informarle sui sistemi di protezione disponibili per incoraggiarle ad
uscire dal circuito dello sfruttamento.
«Si
tratta di ragazze con famiglie molto difficili alle spalle, con un
padre violento e alcolista, qualche volta giocatore d’azzardo, e in
situazioni di povertà e marginalità, che una volta fuoriuscite dal
circuito dello sfruttamento, come dicono con le loro stesse parole
sperano in un futuro il più normale possibile, di prendere la
patente di guida, imparare un mestiere, lavorare onestamente,
risparmiare per avere qualche sicurezza economica per il futuro,
trovarsi una casa dove abitare dignitosamente, fare il
ricongiungimento familiare, migliorare i rapporti con la propria
famiglia d’origine, crearsi una propria famiglia,» precisa
Carlotta Bellini, Responsabile Protezione dei Minori di Save the
Children Italia.
Lavoro
nero: gli egiziani
Un
debito di viaggio dai 4.000 ai 10.000 euro da restituire in fretta ai
trafficanti che tengono sotto scacco la famiglia di origine, è
questa una delle prime trappole che rende i minori egiziani giunti da
soli in Italia via mare, disposti a tutto, anche ad essere sfruttati.
Nel 2011 sono giunti sulle coste italiane in 560, ma con gli sbarchi
che continuano altri 286 sono arrivati tra il gennaio e il 5 agosto
di quest’anno. Nel 2011 ne risultavano presenti sul nostro
territorio 1.172 (il secondo gruppo più numeroso dopo gli afgani),
di cui più di 1 su 4 era già dichiarato irreperibile e dunque
fortemente esposto anche al rischio di tratta e sfruttamento (fonte:
Ministero dell’Interno).
Nella
quasi totalità maschi con un’età tra i 15 e i 17 anni, i minori
egiziani provengono principalmente da alcune tra le regioni più
povere del paese come Al Fayum, Al Gharbia, Assiut, Monufeia, El
Sharkeia e Kalioubia, e sono diretti verso Roma, Milano e Torino. In
queste città trovano spesso chi è pronto ad approfittare della loro
disponibilità a mettere in pericolo la loro vita o la
loro salute pur di ottenere un minimo guadagno anche a condizioni
difficili o qualche volta insopportabili, con lavori nel
settore edilizio, commerciale, in piccoli negozi, bar e pizzerie, ai
mercati e nell’agricoltura.
Lavoro
nero: gli afghani
Il
rischio di sfruttamento per i minori migranti afgani si annida invece
nella loro “invisibilità”, condizione indispensabile durante il
loro transito temporaneo in Italia, dove cercano in ogni modo di
evitare l’identificazione (fonte: Ministero dell’Interno). Sono
stati 948 i minori non accompagnati afgani registrati dagli operatori
di Save the Children a Roma nel centro diurno CivicoZero nel 2011 e
310 tra il gennaio e il giugno del 2012. Per quanto riguarda i nuovi
arrivi sono 262 minori non accompagnati afgani sbarcati in
Italia tra gennaio ed agosto 2012. Esposti a insidie e rischi,
partono da soli dall’Afghanistan o dall’Iran, per fuggire a
situazioni di guerra e violenza, in cerca di un futuro meno incerto.
Dopo un viaggio estenuante che dura mesi, talvolta anni, transitano
perlopiù per la Grecia e poi per l’Italia, diretti verso paesi del
nord Europa come la Svezia, la Norvegia o il Regno Unito, dai quali
si aspettano maggiori opportunità di integrazione e supporto.
Durante tutto il viaggio la necessità di trovare i soldi per
proseguire gli spostamenti li pone in balia della rete di trafficanti
e li vede coinvolti in sfruttamento lavorativo o in attività
illegali. In Grecia, ad esempio, si tratta di lavori forzati nel
settore dell’agricoltura, delle costruzioni e del lavoro domestico,
ma sono anche in alcuni casi i minori costretti dai trafficanti a
pagare il viaggio attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti.
«Come
confermano le evidenze dirette che raccogliamo qui a Roma, che è il
principale punto di transito, i minori afgani si fermano in
Italia solo il tempo necessario per proseguire il viaggio, in media
una decina di giorni. Questo avviene sulla base del mandato familiare
e delle pressioni dei connazionali, dei loro pari e dei trafficanti
interessati al guadagno, complice però la carenza di supporto
all’integrazione del nostro Paese, dove è particolarmente lenta la
procedura di apertura della tutela e di concessione del permesso di
soggiorno e sono scarse le possibilità di studio e di impiego dopo i
18 anni,» continua Bellini. «Nel 2012, l’apertura a Roma di un
centro notturno per minori in transito, frequentato
principalmente proprio dei minori afgani, le attività di supporto e
di informazione svolte nel centro diurno Civico Zero di Save the
Children e la creazione di una forte rete associativa di assistenza e
supporto, hanno allontanato questi minori, seppur
temporaneamente, da situazioni di grave rischio di
sfruttamento.»
I
rom e l’accattonaggio
Sono
soprattutto rom di origine rumena, tra i 10 e 15 anni se maschi e
15-17 se femmine (spesso sposate con i figli piccoli al seguito), i
minori coinvolti in attività di accattonaggio in strada e sui mezzi
di trasporto a Roma, Milano, Napoli e Torino, come risulta da una
ricerca di Save the Children del 2011 svolta nelle quattro città. I
minori coinvolti nell’accattonaggio, che li tiene lontani da scuola
in media almeno 2 giorni a settimana e viene praticato normalmente in
compagnia di adulti o giovani che li accompagnano, pur mostrando un
vissuto di vergogna praticano questa attività a fronte delle
condizioni di estrema povertà delle proprie famiglie, e, in alcuni
casi, sono a tutti gli effetti vittime di sfruttamento o sono
costretti ad effettuare dei furti.
Adescamento
via Internet
Potenziale
canale di adescamento e sfruttamento, la rete rappresenta sempre di
più un territorio a rischio per i minori, soprattutto per quelli in
situazione di marginalità sociale o di origine straniera arrivati in
Italia non accompagnati. Da un lato la scarsa conoscenza delle
modalità di utilizzo e dei rischi connessi alla rete insieme alla
mancata assistenza da parte di adulti, e dall’altro l’urgenza di
trovare un lavoro per guadagnare un po’ di autonomia sono, secondo
le evidenze del progetto partecipato Interact realizzato da Save the
Children nel 2011 con alcuni minori stranieri presenti in Italia, tra
le cause più frequenti che possono spingere i minori stessi verso
offerte di lavoro poco chiare o circuiti di vero e proprio
sfruttamento.
A
partire dall’esperienza diretta di Save the Children, desta
particolare preoccupazione l’elevata esposizione al rischio di
tratta e sfruttamento delle migliaia di minori non accompagnati
sbarcati sulle coste italiane. È questo il caso delle giovani
nigeriane giunte fra il 2011 e l’agosto 2012 via mare, alcune delle
quali si sono ritrovate vittime di uno sfruttamento sessuale su
strada che nel nostro Paese non solo si dimostra come un fenomeno
cronico, ma si segnala in crescita. I gravi rischi di sfruttamento
riguardano anche i circa 1.300 afgani che per loro volontà sono solo
“in transito” nel nostro Paese e quindi “invisibili”, o i
circa 900 minori egiziani giunti in Italia tra il 2011 e il 2012 con
un oneroso debito di viaggio, da saldare in fretta, e il desiderio di
aiutare le famiglie di origine: tutti entrati in contatto con Save
the Children al momento dello sbarco o successivamente.
La
tratta a scopo sessuale
Secondo
le evidenze e informazioni raccolte dagli operatori che lavorano in
tale ambito, lo sfruttamento sessuale di minori su strada è un
fenomeno non solo stabile ma addirittura in crescita (fonte: On the
Road), soprattutto per le minori rumene e nigeriane. Nel caso di
queste ultime, le associazioni che operano in alcune aree della
penisola come Marche, Abruzzo, Molise e nel napoletano, segnalano un
aumento delle giovani coinvolte, collegato all’ingresso in Italia
durante lo scorso anno di 3.857 migranti di origine nigeriana di cui
179 identificati come minori non accompagnati. Un flusso che nel
periodo 1 gennaio-5 agosto 2012 si è invece consistentemente ridotto
con l’ingresso di 4 minori non accompagnati su un totale di 159
migranti provenienti dalla Nigeria (fonte: Ministero dell’Interno).
Al
contrario, l’ingresso delle minori rumene in Italia è facilitato
dalla cittadinanza comunitaria e del possesso di documenti di viaggio
regolari, e la loro resa in schiavitù avviene sia tramite violenza
che attraverso un forte legame affettivo. È l’ingresso in un
tunnel di «dolore, sofferenza e di sopruso subito quotidianamente»,
secondo le parole stesse delle ragazze entrate in contatto con gli
operatori che cercano di guadagnare la loro fiducia e
informarle sui sistemi di protezione disponibili per incoraggiarle ad
uscire dal circuito dello sfruttamento.
Lavoro
nero: gli egiziani
Un
debito di viaggio dai 4.000 ai 10.000 euro da restituire in fretta ai
trafficanti che tengono sotto scacco la famiglia di origine, è
questa una delle prime trappole che rende i minori egiziani giunti da
soli in Italia via mare, disposti a tutto, anche ad essere sfruttati.
Nel 2011 sono giunti sulle coste italiane in 560, ma con gli sbarchi
che continuano altri 286 sono arrivati tra il gennaio e il 5 agosto
di quest’anno. Nel 2011 ne risultavano presenti sul nostro
territorio 1.172 (il secondo gruppo più numeroso dopo gli afgani),
di cui più di 1 su 4 era già dichiarato irreperibile e dunque
fortemente esposto anche al rischio di tratta e sfruttamento (fonte:
Ministero dell’Interno).
Nella
quasi totalità maschi con un’età tra i 15 e i 17 anni, i minori
egiziani provengono principalmente da alcune tra le regioni più
povere del paese come Al Fayum, Al Gharbia, Assiut, Monufeia, El
Sharkeia e Kalioubia, e sono diretti verso Roma, Milano e Torino. In
queste città trovano spesso chi è pronto ad approfittare della loro
disponibilità a mettere in pericolo la loro vita o la
loro salute pur di ottenere un minimo guadagno anche a condizioni
difficili o qualche volta insopportabili, con lavori nel
settore edilizio, commerciale, in piccoli negozi, bar e pizzerie, ai
mercati e nell’agricoltura.
Lavoro
nero: gli afghani
Il
rischio di sfruttamento per i minori migranti afgani si annida invece
nella loro “invisibilità”, condizione indispensabile durante il
loro transito temporaneo in Italia, dove cercano in ogni modo di
evitare l’identificazione (fonte: Ministero dell’Interno). Sono
stati 948 i minori non accompagnati afgani registrati dagli operatori
di Save the Children a Roma nel centro diurno CivicoZero nel 2011 e
310 tra il gennaio e il giugno del 2012. Per quanto riguarda i nuovi
arrivi sono 262 minori non accompagnati afgani sbarcati in
Italia tra gennaio ed agosto 2012. Esposti a insidie e rischi,
partono da soli dall’Afghanistan o dall’Iran, per fuggire a
situazioni di guerra e violenza, in cerca di un futuro meno incerto.
Dopo un viaggio estenuante che dura mesi, talvolta anni, transitano
perlopiù per la Grecia e poi per l’Italia, diretti verso paesi del
nord Europa come la Svezia, la Norvegia o il Regno Unito, dai quali
si aspettano maggiori opportunità di integrazione e supporto.
Durante tutto il viaggio la necessità di trovare i soldi per
proseguire gli spostamenti li pone in balia della rete di trafficanti
e li vede coinvolti in sfruttamento lavorativo o in attività
illegali. In Grecia, ad esempio, si tratta di lavori forzati nel
settore dell’agricoltura, delle costruzioni e del lavoro domestico,
ma sono anche in alcuni casi i minori costretti dai trafficanti a
pagare il viaggio attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti.
«Come
confermano le evidenze dirette che raccogliamo qui a Roma, che è il
principale punto di transito, i minori afgani si fermano in
Italia solo il tempo necessario per proseguire il viaggio, in media
una decina di giorni. Questo avviene sulla base del mandato familiare
e delle pressioni dei connazionali, dei loro pari e dei trafficanti
interessati al guadagno, complice però la carenza di supporto
all’integrazione del nostro Paese, dove è particolarmente lenta la
procedura di apertura della tutela e di concessione del permesso di
soggiorno e sono scarse le possibilità di studio e di impiego dopo i
18 anni,» continua Bellini. «Nel 2012, l’apertura a Roma di un
centro notturno per minori in transito, frequentato
principalmente proprio dei minori afgani, le attività di supporto e
di informazione svolte nel centro diurno Civico Zero di Save the
Children e la creazione di una forte rete associativa di assistenza e
supporto, hanno allontanato questi minori, seppur
temporaneamente, da situazioni di grave rischio di
sfruttamento.»
I
rom e l’accattonaggio
Sono
soprattutto rom di origine rumena, tra i 10 e 15 anni se maschi e
15-17 se femmine (spesso sposate con i figli piccoli al seguito), i
minori coinvolti in attività di accattonaggio in strada e sui mezzi
di trasporto a Roma, Milano, Napoli e Torino, come risulta da una
ricerca di Save the Children del 2011 svolta nelle quattro città. I
minori coinvolti nell’accattonaggio, che li tiene lontani da scuola
in media almeno 2 giorni a settimana e viene praticato normalmente in
compagnia di adulti o giovani che li accompagnano, pur mostrando un
vissuto di vergogna praticano questa attività a fronte delle
condizioni di estrema povertà delle proprie famiglie, e, in alcuni
casi, sono a tutti gli effetti vittime di sfruttamento o sono
costretti ad effettuare dei furti.
Adescamento
via Internet
Potenziale
canale di adescamento e sfruttamento, la rete rappresenta sempre di
più un territorio a rischio per i minori, soprattutto per quelli in
situazione di marginalità sociale o di origine straniera arrivati in
Italia non accompagnati. Da un lato la scarsa conoscenza delle
modalità di utilizzo e dei rischi connessi alla rete insieme alla
mancata assistenza da parte di adulti, e dall’altro l’urgenza di
trovare un lavoro per guadagnare un po’ di autonomia sono, secondo
le evidenze del progetto partecipato Interact realizzato da Save the
Children nel 2011 con alcuni minori stranieri presenti in Italia, tra
le cause più frequenti che possono spingere i minori stessi verso
offerte di lavoro poco chiare o circuiti di vero e proprio
sfruttamento.
«Sono
stati fatti negli ultimi tre anni alcuni passi in avanti in Europa
sulle misure e gli strumenti di contrasto alla tratta e allo
sfruttamento, e la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
del febbraio scorso che ha condannato l’Italia per aver respinto in
mare migranti provenienti dalla Libia nel 2009 senza identificazione
e accertamento dei loro diritti di asilo e protezione, molti dei
quali potenziali vittime di tratta e sfruttamento quindi nuovamente
esposti a tale rischio, va sicuramente nella giusta direzione,»
continua Bellini.
«In
Italia è stata finalmente messa a punto nel gennaio scorso da parte
del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali la prima bozza di
un Piano Nazionale Anti-Tratta. È assolutamente necessario che il
piano venga attivato entro il 2012, come annunciato, e che si avii
l’osservatorio nazionale, come è importante che l’identificazione
dei minori vittime di tratta comprenda non solo lo sfruttamento
sessuale ma tutte le forme possibili di sfruttamento. È inoltre
indispensabile prevedere un sistema nazionale e transnazionale per la
presa in carico e l’assistenza di tutte le vittime di tratta e
sfruttamento, ma si dovrebbe anche, a livello preventivo, far fronte
al costante flusso in entrata di minori migranti non accompagnati con
un sistema di accoglienza nazionale strutturato e diffuso sul
territorio, in grado di garantire accoglienza e protezione adeguate
che possano evitare l’esposizione dei minori al loro adescamento.».
La
versione integrale di “I piccoli schiavi invisibili 2012” è
scaricabile dalla pagina:
www.savethechildren.it/informati/pubblicazioni