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martedì 08 ottobre 2024
 
L'attentato a GPII
 

“Anche la vita se necessario”

13/05/2018  La prima domenica di maggio, dalla finestra del suo appartamento, il Papa aveva detto: «In mezzo alle ombre che talora sembrano addensarsi sull'umanità, sulla convivenza sociale, sulla civiltà stessa dell'uomo, chiediamo anche noi, spinti dall'impulso dello spirito: "Resta con noi, Signore, perché si fa sera"».

La prima domenica di maggio, dalla finestra del suo appartamento, il Papa aveva detto: «In mezzo alle ombre che talora sembrano addensarsi sull'umanità, sulla convivenza sociale, sulla civiltà stessa dell'uomo, chiediamo anche noi, spinti dall'impulso dello spirito: "Resta con noi, Signore, perché si fa sera"».
« Sono venuta da Bogotà per vedere il Papa; e ho assistito al più grande sacrilegio... ».
È corsa subito da noi, alla redazione romana: piange, vuole raccontarci tutto subito. Si chiama Ena Berta De Vergara, l'avevamo conosciuta in Colombia, a Bogotà, dove è assistente sociale. È arrivata in Italia domenica, ci aveva chiesto di procurarle i biglietti per l'udienza di mercoledì 13 maggio. E una dei quindicimila che erano nella piazza. « Ho voluto fin dai primi momenti registrare tutto, che rimanesse fermo nella memoria, da conservarmi per la vita. Così so con precisione quando il Papa è apparso sulla Campagnola bianca uscendo dalle colonne: erano le 17.03. Avevo notato, accanto a me, il gruppo dei polacchi: portavano uno striscione bianco con la scritta in blu; e agitavano un quadro della Madonna di Czestochowa. Il Papa li ha salutati; poi la Campagnola è tornata indietro, a retromarcia. Ero in piedi sulla sedia: ho sentito tre colpi, mi sono rimbombati dentro come tonfi al cuore... ».
Un attentato? Il terrorismo in Vaticano? No, impossibile, ha pensato Ena Berta De Vergara. La maggior parte dei fedeli raccolti nella piazza ha pensato come lei: molti, vedendo le colombe alzarsi, hanno avuto un sussulto «ma non di spavento, anzi quasi di festa».
In passato, l'idea che il terrorismo, questo mostro dei nostri tempi, potesse lambire il Vaticano e sfiorare con il suo fiato di morte la persona del Papa, era stata espressa da Giovanni Paolo II almeno due volte, se ricordiamo bene. Sull'aereo che lo portava in Messico, nel gennaio '79 un giornalista gli aveva posto una domanda, e il Santo Padre aveva risposto: « I fatti terroristici depredano la nostra civiltà europea, nessuno è sicuro della propria vita. Io stesso, per entrare in Roma, in una parrocchia....». La frase gli era rimasta sospesa. E mercoledì 6 maggio scorso, celebrando alle 7 di mattina la Messa per le guardie svizzere nei Giardini vaticani, aveva detto loro: « Preghiamo il Signore perché tenga lontani dalle mure vaticane la violenza e il fanatismo. Ma la disponibilità a dare la vita, qualora fosse necessario, può diventare reale anche nel vostro servizio ... ».
«Per pochi secondi tutti intorno a me erano tranquilli», continua la signora De Vergara. «Poi un urto di sgomento ci ha preso: la Campagnola bianca si è lanciata di corsa, ho visto tre quattro persone in piedi intorno al Papa, qualcuno vicino a me ha esclamato: sì, hanno sparato, ma lui non è colpito, gli sono addosso per proteggerlo e per sostenerlo dai sobbalzi della camionetta, gli fanno da scudo ... ». Sono i momenti dell'incredulità della folla; ma li fa svanire la corsa dell'autoambulanza che, a sirene spiegate, esce dall'Arco delle Campane.
«È salito un sacerdote sul palco e ha dato l'annuncio: il Santo Padre è rimasto ferito, preghiamo per lui, diciamo insieme il rosario. Il mio rosario io l'avevo in mano, mi sono aggrappata ai grani, con disperazione; ed è arrivata una suora ai piedi del palco, teneva alta tra le mani quella Madonna di Czestochowa, l'ha posata ai piedi della sedia, e subito altre mani hanno messo intorno mazzi di fiori bianchi e rossi, erano i fiori che i polacchi avevano portato per il Papa... ».

Nel discorso che Giovanni Paolo II avrebbe pronunciato se la mano sacrilega non l'avesse colpito, c'era una appassionata invocazione alla Vergine: «Ci dia la Vergine Santissima, che è fiore delle convalli e Madre addolorata, di saper trasformare in motivo di merito quella sorte che spesso ci trae, con lei, sotto la croce». A leggerle adesso, assieme alla signora De Vergara, queste parole non dette assumono un significato più grande, quasi profetico.
«Il quadro della Madonna era lì, appoggiato alla sedia; s'è alzato il vento, una nuvola ha oscurato il sole, e sotto la ventata il quadro è oscillato, è caduto. Allora ho sentito alzarsi dalla folla un sospiro forte, come di pianto, quasi una esclamazione, ma molto più forte di quando c'erano stati i colpi; quasi un grido perché la Madonna non cadesse. È stato un brivido collettivo, il momento più spasmodico di queste ore che non dimenticherò. Un sacerdote ha sollevato il quadro, lo ha posato ben saldo sulla sedia pontificia. E tutti abbiamo ricominciato a pregare».
«Da quel momento», continua Ena, «lo scompiglio nella piazza è finito. lo non ho visto gesti di rabbia, non ho mai avuto occasione di stare in mezzo ad una folla così composta nel dolore: Solo quando il sacerdote che parlava al microfono recitando il rosario si è interrotto per dare l'annuncio di sollievo: "Comunico che il Santo Padre non è stato colpito in parti vitali", solo allora abbiamo battuto le mani, siamo usciti dal nostro raccoglimento; e qualcuno ha gridato: "La Madonna lo ha salvato"». Ena si è allontanata dalla piazza, il suo primo pensiero è stato di venirci a trovare, per sfogarsi con noi, per comunicarci non solo quello che ha visto, ma soprattutto i sentimenti collettivi del dramma di quel pomeriggio di festa trasformatosi in un pomeriggio di orrore; e il suo racconto diventa la commovente testimonianza di come la speranza cristiana può vincere l'orrore. Ha un'ultima osservazione da fare: «Mentre mi allontanavo dalla piazza ho visto sfilare le carrozzelle dei malati che si erano raccolte in gruppo, prima, proprio sotto il palco; e quella gente sulle carrozzelle mi ha fatto venire le prime lacrime agli occhi; ho pensato che si portavano via la speranza ...».
Ai malati, nel suo discorso non pronunciato, il Papa avrebbe detto: « Cari fratelli e figli ammalati, nel salutarvi con tanto affetto vi addito alla Vergine Maria, Madre di Cristo, a cui, nella pietà e nell'anima dei fedeli, è sacro questo mese di maggio. Nella sua esistenza, Ella conobbe la gioia più intima e profonda congiunta alla tristezza e alla prova più terribile. Così succede ad ognuno di noi; e la gioia si alterna al dolore .... "· Ora Giovanni Paolo II è al "Gemelli", malato assieme agli altri malati. Resta con noi, Signore, perché si fa sera.

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13 maggio 1981: l'attentato a papa Giovanni Paolo II
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