«Lo sappiamo ormai che la valenza educativa non passa attraverso la paura, ma attraverso l’amore». Esordisce così Elisa Veronesi, psicoterapeuta, provocata dalle parole di Francesco. «È l’affetto che i bambini provano per le creature incredibili che sono i genitori a cui vogliono dare soddisfazione. Più inteso è il legame, più profonda è la collaborazione, la complicità, l’ascolto dei loro bisogni tanto più un bambino sarà portato a voler soddisfare quella fonte grandissima di sicurezza che è il genitore».
E quando ci provocano?
«Bisogna rispondere con fermezza e autorevolezza. Il bambino ubbidisce perché sei il papà e/o la mamma. E poi bisogna restare fermi nelle regole perché loro non sanno cos’è la felicità, ma tu genitore che sei la sua fonte di protezione sai cosa è bene per lui. A quel punto i genitori possono fare scelte anche estreme come, per esempio, non dare il cellulare fino ai 14 anni che in questa stagione è quasi clamoroso. Sulla base della consapevolezza che “io ti devo proteggere”, ti posso dire dei no e tu ti devi fidare delle cose che ti dico. Perché senti che la nostra relazione è importante, che io ci sono quando tu sei solo, stanco e hai bisogno di una coccola in più. Io rispondo ai tuoi bisogni di affetto. Sicurezza e protezione sono le parole chiave. Poi, è chiaro, faremo comunque degli errori, ma di certo impostare il rapporto sulla paura non vince».
E se non cedono?
«Li accompagniamo. Oggi i genitori usano troppo le parole, li trattiamo da adulti. E allora alziamoci e portiamoli per mano a fare quello che devono. Così sarà come se l’avesse fatta lui. Questa è una piccola strategia vitale perché prevede contatto, vicinanza e relazione. Il modo primario della relazione è il contatto fisico. Nel contatto passa la relazione».
No allo schiaffo, sì allo sculaccione?
«Meglio di no in generale, perché ci sono comportamenti alternativi altrettanto efficaci. A chi mi dice: “non lo faccio per fargli male, ma lo faccio come gesto simbolico” rispondo di provare a fare una faccia brutta o a usare parole di dispiacere».
Il Papa parla di dignità della persona
«L’attacco al corpo è un attacco profondo. Noi siamo il nostro corpo, non lo abitiamo. Ll’attacco al corpo è un attacco alla vita. Chi viene colpito si sente colpito in sé, ecco perché il tema delle dignità. Poi si sa che essere genitori è faticosissimo e gli errori li abbiamo fatti tutti. Ma già ragionare su perché facciamo le cose e su come le facciamo è tanto. Ed ecco che allora il Papa ci ha regalato un’occasione, uno spunto prezioso per riflettere sul nostro essere genitori».