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sabato 26 aprile 2025
 
L'intervista
 

"Anche se siamo russi, lasciateci suonare nel mondo, l'arte deve essere libera"

16/09/2022  Intervista al giovane e talentuoso pianista russo Dmitri Masleev, in questo momento in Italia, che vive con molta sofferenza il difficile momento che ha portato anche a ritorsioni nei confronti degli artisti del suo paese

Lui non è Valery Gergiev, al quale Putin ha spalancato tutte le porte di casa, dopo che tutti gliele avevano serrate nel mondo. Né Anna Netrebko, alla quale tutti i teatri del mondo le hanno riaperte. Lui è un grande pianista, ma non ha ancora la fama dei due citati. E vive il dramma di una guerra da altra prospettiva, la stessa condivisa da giovani artisti che si trovano coinvolti nella follia di un conflitto che miete solo vittime, anche estranee. La radiosa carriera di Dmitri Masleev (32 anni) ha preso il volo con la vittoria nel 2015 del Concorso Tchaikovsky. 
Ma tutto si è complicato col Covid prima e la guerra da qualche mese.  
«Sì, la pandemia è iniziata cinque anni dopo il Concorso Tchaikovsky, e quelli sono stati anni molto attivi per me. Poi la vita musicale in Europa e in altre parti del mondo si è interrotta bruscamente. Ora è arrivata la guerra: l'11 marzo di quest'anno ho finalmente potuto debuttare in un recital a Parigi. C’era incertezza sullo svolgimento, ma alla fine la sala era completamente piena. Mi ero preparato a qualsiasi tipo di reazione... ma il pubblico è stato incredibilmente ricettivo!».
Ora però per molti artisti le porte sono chiuse, e c’è chi minaccia la sospensione dei visti. 
«A me hanno annullato una tournée molto importante. So di molti casi in cui i colleghi sono stati boicottati sulla base della loro nazionalità, il che è difficile da giustificare se si considera che si tratta di gente comune in fondo, di artisti, di persone la cui intera vita è dedicata a creare momenti di profonda connessione e unità attraverso la musica. Quanto hai visti sarebbe, solo una punizione inflitta a professionisti che nulla centrano e che nulla contano nella soluzione del dramma».
I musicisti russi sono sempre stati ambasciatori del loro Paese. Ne è consapevole?
«Sì, e in qualche modo tutti ne siamo orgogliosi, e continuiamo una tradizione straordinaria. Il Paese aiuta molto i giovani talentosi. Ma siamo solo artisti, lo ripeto. Durante un tour in Francia e negli Stati Uniti, lo sponsor ha affermato che ora più che mai è importante mantenere vivo il dialogo culturale tra la Russia e il resto del mondo. Io stesso ho tenuto un concerto a Parigi insieme ad Anna Fedorova, una meravigliosa pianista ucraina: abbiamo suonato Debussy sullo stesso pianoforte». 
Avete difficoltà per raggiungere le sedi dei concerti?
«È un vero incubo. Quando quest'estate sono tornato da San Francisco a Mosca, ho impiegato 37 ore. Tanti sacrifici, ma non sono pronto a rinunciare al mio pubblico!».
Lei è nato in una provincia lontana dal centro nevralgico della Russia, in qualche modo isolata.
«Sono nato a Ulan-Ude, una città relativamente piccola nel cuore della Siberia, che tuttavia ha un teatro d'opera e una società filarmonica. La cosa migliore di questo luogo è la sua natura unica: è molto vicino al lago Baikal. Per me, è la natura siberiana a formare il carattere speciale della gente locale: onesta, resistente e molto calorosa»
Masleev - che usa molto anche internet per diffondere le sue esecuzioni - ora è a Caltanissetta, ospite del Pietrarossa Academy and Music Festival, una rassegna che proseguirà fino a metà ottobre. Tiene concerti e una masterclass in un Conservatorio che vuole uscire dall’isolamento, dare un segnale in un territorio culturalmente e socialmente difficile. 
«E' una vera opportunità per capire il contesto locale e forse per dare un contributo positivo ad esso: la musica e l'educazione sono catalizzatori molto forti del cambiamento sociale». 
Lei da tempo ama il nostro Paese…
«Sì, da quando a Como ho partecipato all’Accedemia Musicale. Ho amato ogni minuto di permanenza in quel luogo estremamente bello».
Quale è un grande rischio di questa guerra dalla sua prospettiva? 
«Quello di spezzare il dialogo fra artisti, perché approfondirebbe soltanto le fratture della nostra umanità». 
 

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