Parlare del "silenzio" (dei media, delle organizzazioni internazionali, dei musulmani moderati, ecc. ecc.) di fronte alla persecuzione dei cristiani nel mondo, e in particolare in Iraq e in Siria, è diventato una moda. E come tutte le cose di moda, anche questo discorso sul silenzio alcuni lo possono portare, altri proprio no.
Comprendiamo il discorso quando lo fa papa Francesco, il Papa del dialogo senza preclusioni, i cui toni accorati fanno trapelare persino un pizzico di incredulità alla vista di tanta ferocia motivata solo da un'idea distorta della fede. O quando lo fa Enzo Bianchi, il priore della Comunità di Bose, che ha passato una vita di studio e di approfondimento spirituale per esplorare le possibilità della pacificazione tra l'uomo e se stesso, l'uomo e il Creato e, ovviamente, l'uomo e gli altri uomini.
Ma c'è una casta di commentatori, dalle grandi firme del Corriere della Sera al direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, che di questo "silenzio" non dovrebbero proprio parlare. Se non altro per pudore. Perché loro sono sempre stati dall'altra parte: dalla parte delle politiche che hanno causato la grande disgrazia dei cristiani dell'Iraq e della Siria.
In Iraq, fino al 2003, i cristiani erano oppressi (come tutti gli iracheni) dalla dittatura di Saddam Hussein. Non avevano libertà di parola né di religione, solo libertà di culto. Ma non rischiavano l'estinzione, non erano perseguitati per la loro fede, non erano costretti all'abiura o alla morte o a diventare profughi senza domani. Non subivano, cioè, ciò che subiscono ora. Ciò che ha cambiato tutto è stato l'intervento militare americano, quello giustificato dalle menzogne all'Onu sulle armi di distruzione di massa di quel pagliaccio del generale Colin Powell, mandato avanti da George Bush.
Ora chi appoggiò quelle azioni e le giustificò in ogni modo lamenta il "silenzio" sui cristiani. Però nel 2003 il silenzio non c'era. Chi non ricorda con quanta passione il santo papa Giovanni Paolo II cercò di fermare la guerra americana? Chi non ricorda il movimento pacifista? Perché chi oggi lamenta il silenzio allora non stava, come facemmo noi, dalla parte di chi parlava?
E la stessa cosa si può dire per la Siria. Chi ha condotto le campagne di stampa a favore dell'intervento armato Usa anche lì? Chi si è schierato, senza mai un attimo di dubbio, dalla parte dei ribelli anti-Assad, sempre più islamizzati e fanatici col passare del tempo? Anche i cristiani della Siria, che con Assad almeno campavano, ringraziano sentitamente.
Curiosamente, nessuno si domanda come facciano i miliziani qaedisti dell'Isil, che si sono presi finora un pezzo si Siria e un pezzo di Iraq, a essere così bene armati e così ben addestrati. Forse sono i marziani ad aiutarli?
No, si sa benissimo chi li arma e li prepara: sono i più fedeli alleati degli Usa. Arabia Saudita, Qatar, Kuwait. Attraverso fondazioni islamiche, donatori privati e i rispettivi servizi segreti. La Brookings Foundation, un più che autorevole centro studi di Washington, lo ha spiegato assai bene in un corposo rapporto del dicembre scorso. A loro vanno aggiunti gli stessi Usa, che hanno riversato armi in Siria senza troppo badare, all'inizio, a chi andassero a finire.
Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. Quindi, per favore, lo sdegno per il "silenzio" sulla sorte dei cristiani lasciatelo a noi. A noi e a quelli che si sono preoccupati prima, non dopo, delle conseguenze.