Dopo il nubifragio di Genova c'è chi è sceso per le strade per spalare fango e chi si è messo a twittare. Uno di questi è il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. Il suo tweet dice: «Renzi aiuterà popolazione colpita o le risorse si trovano solo per gli immigrati?». La Rete si è divisa tra chi inneggia al condottiero padano, chi con ironia propone di mettere all’asta le mutande verdi di Cota per raccogliere fondi pro alluvione e chi, più seriamente, gli fa notare che in queste ore gli immigrati sono in prima fila, accanto ai coetanei italiani, tra gli “angeli del fango” che aiutano gli alluvionati.
Wahid, 19 anni, è in Corso Torino, tra la Stazione Brignole e la foce del Bisagno, il torrente che è straripato. Lui è arrivato a Genova tre anni fa dopo un viaggio di sei mesi fatto a piedi, in macchina e nascosto sotto un camion: sa bene cosa vuol dire perdere la casa, in Afghanistan la guerra ha distrutto la sua. «È stato normale venire ad aiutare, sono afghano ma anche genovese!». Accanto a lui, con un secchio in mano, annuisce Hassan, 18 anni anche lui arrivato minorenne dal Bangladesh. Wahid e Hassan sono in Corso Torino, ma tutte le strade di Genova sono piene di giovani che spalano, spazzano, trascinano secchi con guanti, scope e vanghe portate da casa. In molti casi, si sono dati appuntamento la sera prima con Facebook o WhatsApp.
Come successe tre anni fa, la tragedia sta facendo emergere la solidarietà, che, nella città più vecchia d’Italia, vede in primo piano proprio i giovani. Aiutando gli altri, vengono meno le differenze. Famosi calciatori della Serie A come Luca Antonini sono accanto a venditori ambulanti senegalesi, tutti con i piedi nel fango. Rugbysti del Cus Genova spalano insieme ai tradizionali rivali del Recco. Nel centro storico, sono attivi anche i musulmani della città: «Dobbiamo aiutare i nostri concittadini», spiega Tarik Chibi della sala di preghiera di piazza Durazzo. La solidarietà aiuta commercianti e abitanti a ricominciare a sperare. Carlo, 52 anni, non finisce più di ringraziare. La sua cantina è quella che stanno svuotando Hassan, Wahid e tanti altri studenti della Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio. Racconta Carlo: «Ho comprato questa casa un mese fa, scoprirla sommersa dal fango è stata una ferita. Vedere tutti questi giovani, quest’apoteosi di pale, è però immaginare come può essere il futuro bello e possibile del nostro Paese. Rimane una tragedia, ma umanamente è forse un’esperienza di cui avevo bisogno».
Brunilda, venticinquenne figlia di immigrati albanesi, anche lei del gruppo di Sant’Egidio, spiega che «la solidarietà è contagiosa». Accanto a lei, c’è Klara, universitaria austriaca in Erasmus arrivata appena 4 settimane fa. Dice con semplicità: «Ho visto che c’era bisogno e mi sono messa a disposizione». Infatti, conclude Brunilda, «aiutare gli altri è stato naturale: sono le strade che percorriamo ogni giorno, i commercianti da cui facciamo acquisti. Insomma, Genova è la nostra città!”.