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Benessere

Andrea De Chiara. «I miei sogni sono la vita»

25/10/2016  Affetto da tetraparesi per una mancanza respiratoria al momento del parto, discriminato a scuola, ha trovato la sua strada grazie all’arte e a un progetto speciale...

Andrea De Chiara è laureato in Comunicazione, media e pubblicità allo Iulm di Milano e ora ambisce alla laurea magistrale in Televisione, cinema e new media. Si muove con le stampelle e per lunghi tratti usa la carrozzina. A scuola gli insegnanti lo consideravano un ritardato ed è stato vittima di bullismo. Ama l’arte, partecipa a convegni e cerca un nuovo modo per parlare di disabilità.

Andrea, raccontaci un po’ di te.

«Sono nato nel 1987 a Milano. Diplomato in Ragioneria, nel 2008 mi sono iscritto all’università e ora sto aspirando alla laurea magistrale. Fin da bambino ero tutto pepe. Giocavo con i coetanei inventando piccole narrazioni che mettevamo in scena. Nell’adolescenza ho imparato ad amare la scrittura, scrivendo thriller. A sedici anni mi sono cimentato nel canto, anche attratto dai talent show di quegli anni. L’arte mi ha sempre affascinato. Se non fosse così oggi non farei quel che faccio: il videomaker».

E certi insegnanti ti consideravano ritardato, ti dicevano che non saresti mai riuscito a laurearti...

«Non solo, dicevano che non avrei mai potuto conseguire la maturità! Mi fa sorridere che pensassero che non fossi uno studente modello a causa del mio deficit fisico. In realtà all’epoca ero così demotivato nello studio che mi impegnavo solo per avere la sufficienza. Era così difficile capirlo»?

E i tuoi compagni di classe?

«Ho subìto atti di bullismo, anche se solo verbali. Mi affibbiavano epiteti indicibili riferiti alla mia disabilità. Nella mia ingenuità di adolescente invece di difendermi gli davo credito, perché in fondo dentro di me credevo fermamente di essere come loro mi dipingevano. D’altronde ero io a deambulare con tutori e stampelle. Questo meccanismo scatta in tutti gli adolescenti “bullizzati”, che col tempo entrano in un circolo vizioso, finendo per convincersi della ragione dei bulli. Si pensa di avere la situazione sotto controllo e non si parla con i propri genitori. Errore che per me è stato fatale».

Che cosa vuoi dire a chi subisce queste angherie?

«Di parlare subito con i genitori e non fare i supereroi. Successivamente occorre recarsi dal dirigente scolastico e se la situazione non muta far cambiare la sezione al proprio figlio o addirittura scuola».

E ai prepotenti?

«Dico di andare alla radice del loro male di vivere, concentrandosi sul fatto che il loro operato non è una burla, ma può arrecare danni irreparabili».

Di che cosa soffri?

«Sono affetto da tetraparesi per una mancanza respiratoria al momento del parto, ma alla nascita non sembravo avere grossi problemi. Avevo qualche ritardo motorio che la pediatra imputava alla nascita al settimo mese di gravidanza. All’asilo, su consiglio degli insegnanti, mi fecero una Tac ed emerse il danno. Iniziai a passare da uno specialista all’altro perché proprio non riuscivo a camminare, le istituzioni non ci aiutavano molto e nel 1992 la svolta. I miei appresero che negli Stati Uniti le persone con patologie come la mia potevano essere operate, quindi fecero una colletta, mi portarono lì e dopo un intervento iniziai a muovere qualche passo».

Oggi sei spesso relatore a convegni, quali sono le idee che proponi?

«Parlo di pregiudizi e d’amore. Questo argomento è stato oggetto della mia tesi di laurea. Gli addetti ai lavori prendono in considerazione a fatica e con occhio critico solo l’aspetto sessuale della tematica ed escludono a priori che una persona disabile desideri amare ed essere amata come tutti. Io credo che finché la diversità verrà considerata socialmente un limite, tutta l’umanità resterà vittima dei suoi stessi pregiudizi e stereotipi».

Stereotipi che vuoi contribuire a cambiare, vero?

«Io e l’amica Tatsiana Khamliuk stiamo cercando di creare un format televisivo più attinente alla realtà delle persone con disabilità. Intanto abbiamo creato il progetto “Un sogno… è vita”. Proponiamo su YouTube videotestimonianze di disabili che hanno realizzato i propri sogni. Tuttavia siamo ancora alla ricerca di un modello che possa essere proposto in Tv. Ma ce la faremo».

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