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Andrea Tornielli: Ci salva una persona non un'idea

22/12/2022  Per il giornalista che guida i media vaticani la fede è una relazione concreta: «La sfida è immedesimarsi nel Vangelo lasciandosi colpire dallo sguardo e dalle parole del Nazareno»

«Con l'augurio che possa incontrare la Protagonista di questo libro e che gli sia doata la grazia di lasciarsi attrarre da Lui». È dedicata al piccolo Joseph, figlio della primogenita Sara Teresa, l'ultima fatica di Andrea Tornielli, vaticanista di lungo corso, oggi direttore editoriale dei media vaticani. Non un libro qualsiasi, ma una Vita di Gesù del tutto nuova, in cui la narrazione, frutto dell'immaginazione dell'autore, si interseca con versetti tratti dai quattro Vangeli ed è punteggiata da brevi citazioni e testi di papa Francesco. Un'impresa non certo facile, nemmeno per uno che da decenni lavora su tematiche religiose.

Andrea Tornielli: Com'è nata l'idea del libro?

«Nel pieno del primo lockdown, un amico prete di Torino, don Primo Soldi, mi chiamò un giorno per propormi di scrivere una vita di Gesù con i commenti di papa Francesco. Risposi che ci avrei pensato, ma l'impegno mi sembrava troppo arduo. Però la suggestione di un “viaggio” sulle orme di Gesù accompagnato dalle parole di papa Francesco mi affascinava… Così ho iniziato a mettere da parte, un po' alla volta, testi del Pontefice, brani di omelie, appunti, e alla fine mi sono cimentato nell'impresa».

In passato aveva già scritto due “libri-inchiesta” rispettivamente su Gesù bambino e sulla risurrezione… «Sì, ma stavolta − come spiego nel libro − bisognava misurarsi, per come si è, con il fatto cristiano raccontato nei Vangeli. In altre parole, la sfida diventava quella di immedesimarsi, di entrare in quelle scene fissate quasi due millenni fa dai testimoni di Gesù, cerca di essere lì e di lasciarsi suonare dallo sguardo e dalle parole del Nazareno».

È l'atteggiamento che il cardinale Martini suggeriva ai giovani che seguivano la sua “Scuola della Parola”… «Le omelie più belle, che ricordi a distanza di tempo, sono quelle in cui la Parola ti tocca nell'intimo. Prima ancora che tu tragga le conseguenze morali per te e la tua vita o che pensi al significato delle parole dal punto di vista dottrinale. Il Vangelo è, innanzitutto, una storia di incontri, per lo più per strada. Non è fatto solo di parole di Gesù, ma di sguardi, di parole non dette, di gesti. Nel libro provo a trasmettere tutto questo al lettore».

Come?

  

«Mentre scrivevo, prima di prendere in esame un brano del Vangelo cercavo innanzitutto di chiedermi che anno fosse, che stagione, che percorso concreto aveva fatto Gesù... Quello che ho immaginato mi è venuto mentre scrivevo, senza voli mistici e trovate teatrali, cercando di essere fedele il più possibile al testo del Vangelo».

Nel racconto fa molta attenzione ai sentimenti di quanti incontrano Gesù . «Sì, mi interessava far emergere come, per tante persone, l'essersi sentite sorprendentemente amate da Gesù, raggiunte nelle situazioni più strane, le abbia toccate e cambiate in profondità».

Mi ha colpito il dibattito interiore di Giuseppe così come lo descrive nel libro. «In tutto il Vangelo non troviamo una sua parola. Eppure Giuseppe è un uomo che si trova ad affrontare una situazione enorme. E, beninteso, la rivelazione in sogno del suo destino avviene dopo, non prima, l'aver saputo che la sua promessa sposa è incinta. Giuseppe è un uomo profondamente innamorato e di una straordinaria umanità: di qui la sua decisione di ripudiare Maria in segreto».

ANDREA TORNIELLI: UN ALTRO PERSONAGGIO CHE L'HA AFFASCINATO?

«Senz’altro il centurione romano. Aveva fatto costruire la sinagoga di Cafarnao, la stessa che frequenta Gesù. Quest’uomo, uno straniero invasore, è un grande nella fede, tant’è che ancora oggi usiamo le sue parole − di un pagano! − prima della Comunione («Signore non son degno…»). Mi sono immaginato che, in borghese, un giorno sia andato di nascosto a sentire il Maestro durante il discorso delle Beatitudini».

Tante volte capita di leggere un passo del Vangelo senza che accada nulla, poi un giorno, come scrive il Papa nell'introduzione, «ci tocca il cuore». È accaduto anche a lei?

«C'è un momento della mia vita in cui ho cominciato a fare il salto da una fede ricevuta per tradizione a un impegno personale: è stato quando ho sentito risuonare un passo del Vangelo in maniera nuova, come se fosse rivolto proprio a me. Il brano era quello successivo alla guarigione dei lebbrosi, quando Gesù fa notare che uno solo era tornato a ringraziare. Ricordo che, preadolescente, ero in chiesa e mi sono detto: “Anch'io ho attorno a me tante persone che mi vogliono bene, ho ricevuto un dono grande, la fede: cosa sto facendo per corrispondere a tutto questo?”».

Ha da poco presentato il suo volume a Gerusalemme. Quali emozioni ha provato tornando in Terra Santa?

«È la nona volta che visito la Terra Santa. E di questi nove viaggi, tre sono avvenuti insieme ai Papi. Ho avuto la grazia di poter accompagnare come giornalista san Giovanni Paolo II nel 2000, Benedetto XVI nel 2009 e Francesco nel 2014. Ritornare in Terra Santa rappresenta un'esperienza spirituale bellissima e sempre nuova. Le pietre ci testimoniano che la nostra fede si fonda su ciò che è avvenuto in un luogo preciso e in un momento determinato della storia: i luoghi santi lo documentano e le nuove scoperte archeologiche, grazie al lavoro straordinario della Custodia di Terra Santa, continuano a confermare i testi evangelici. Ma anche questa volta, anche questo ritorno nella terra di Gesù, è stato denso di incontri con le “pietre vive”, con i cristiani che vivono in quei luoghi. E con straordinarie testimonianze di carità e di amore incondizionato al prossimo, come abbiamo visto visitando l'Istituto Effatà di Betlemme, voluto da Paolo VI, che assiste centinaia di bambini sordomuti, nella quasi totalità provenienti da famiglie musulmane; o la scuola di Gerico, gestita dalla Custodia di Terra Santa, frequentata da più di novecento tra bambini e ragazzi, soltanto 42 dei quali sono cristiani».

Siamo abituati a una visione “romantica” dei pastori, ci fanno tenerezza, mentre nel libro sottolinea il fatto che all'epoca di Gesù, si trattasse di persone emarginate e malviste.

Perché? E che significato ha il fatto che i primi a incontrare il Messia siano proprio loro?

«A Betlemme ho visitato il campo dei pastori, dove − secondo un'antica tradizione documentata dall'archeologia − si trovavano coloro che ricevettero l'annuncio della nascita di Gesù da parte degli angeli. Soprattutto i pastori nomadi tutto l'anno rappresentavano una categoria disprezzata: vivevano per strada, non potevano lavarsi spesso, venivano guardati con sospetto e accusati di rubare... Ecco, la prima rivelazione del neonato Figlio di Dio è per loro...

Scrive papa Francesco nell'introduzione del libro

«Se non abbiamo esperienza del Cristo vivo, quello con il quale il Vangelo ci mette a contatto, rischiamo di afferrare solo idee o, peggio, ideologie sul Vangelo. Ma non siamo stati salvati da delle idee ma da una persona, Gesù Cristo».

Perché un richiamo così forte del Papa?

«È la grande sfida di ogni tempo: abbiamo bisogno di un contatto quotidiano con il Vangelo e con la testimonianza di chi oggi rende vivo il Vangelo. Altrimenti corriamo il rischio − e nella mia vita lo vedo accadere spesso − di trasformare la fede in uno schema, in una serie di parole o di slogan da ripetere, in una strategia di marketing».

Cosa si augura per la sua Vita di Gesù?

«Che finisca in mano a persone che non hanno mai provato ad aprire il Vangelo. Non solo. Per me scrivere questo testo è stata un'esperienza spirituale bellissima. Avendo contratto il Covid in forma leggera, nel febbraio 2022 ho potuto stendere i capitoli su passione, morte e risurrezione di Gesù senza soluzione di continuità, totalmente immerso nel racconto dei momenti culminanti della vita del Signore. Mi piacerebbe restituire al lettore un poco di quell'esperienza, per me straordinaria».

 

Un estratto dal libro: l'Annunciazione vista da Tornielli

  

Ecco l'incipit di Vita di Gesù (Piemme, pp. 368, 17,90 euro), con la scena dell'Annunciazione: «La tenda di stoffa color sabbia che separava la piccola stanza dal resto della casa prese a muoversi ondeggiando. Lei era seduta su uno sgabello basso, accanto al giaciglio formato da stuoie, e all'inizio non si accorse di quell'ignoto vento leggero. Una lama di luce, ultimo scampolo del sole al tramonto, entrava dalla minuscola finestra disegnando uno strano ghirigoro sul pavimento di terra battuta. Nàzaret altro non era che un pugno di casupole di mattoni incastonati nella roccia su una collina, di fronte alla pianura di Esdrelon, in Galilea, estrema periferia di una provincia periferica dell'Impero romano. Nulla che fosse degno di essere annotato, neanche al margine di una pagina delle cronache del tempo.

La carriera da vaticanista

Classe 1964, Andrea Tornielli, originario di Chioggia (Venezia), si è laureato in Lettere classiche all'Università di Padova. Ha iniziato la carriera di vaticanista al mensile internazionale 30Giorni, dove ha lavorato dal 1992 al 1996. È passato poi al Giornale, per 15 anni, e successivamente, nel 2011, alla Stampa, dove ha coordinato anche il sito web Vatican Insider. Sposato dal 1991 con Arianna, ha tre figli dell'età di 30, 27 e 19 anni. Vive tra Roma e Milano. Dal 2018 è direttore editoriale dei media vaticani presso il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. È autore di vari libri, alcuni dei quali tradotti all'estero.

CHI É

Età 58 anni

Professione Giornalista

Famiglia Sposato, ha tre figli

 
 
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