«Nel Vangelo della Liturgia odierna», esordisce papa Francesco dopo il consueto buongiorno, nel consueto commento che precede la recita dell’Angelus, «Gesù dà ai discepoli alcune indicazioni fondamentali di vita: nelle «situazioni più difficili, quelle che costituiscono per noi il banco di prova, quelle che ci mettono di fronte a chi ci è nemico e ostile, a chi cerca sempre di farci del male. In questi casi il discepolo di Gesù è chiamato a non cedere all’istinto e all’odio, ma ad andare molto oltre. Gesù dice: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano”. E ancora più concreto: “A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra”».
«Quando noi sentiamo questo ci sembra che Il Signore», ammette Francesco, «sembra chiedere l’impossibile. E poi, perché amare i nemici? Se non si reagisce ai prepotenti, ogni sopruso ha via libera, e questo non è giusto. Ma è proprio così? Davvero il Signore ci chiede cose impossibili e ingiuste? Consideriamo anzitutto quel senso di ingiustizia che avvertiamo nel “porgi l’altra guancia”. E pensiamo a Gesù. Durante la passione, nel suo ingiusto processo davanti al sommo sacerdote, a un certo punto riceve uno schiaffo da una delle guardie. E Lui come si comporta? Non insulta. Dice alla guardia: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?”. Chiede conto del male ricevuto. Porgere l’altra guancia non significa subire in silenzio, cedere all’ingiustizia. Gesù con la sua domanda denuncia ciò che è ingiusto. Però lo fa senza ira né violenza, anzi con gentilezza. Non vuole innescare una discussione, ma disinnescare il rancore: spegnere insieme l’odio e l’ingiustizia, cercando di recuperare il fratello colpevole, non p facile ma Gesù lo ha fatto e chiede anche a noi di farlo. Questo è porgere l’altra guancia: la mitezza di Gesù è una risposta più forte della percossa che ha ricevuto».
«Porgere l’altra guancia», spiega il Papa, «non è il ripiego del perdente, ma l’azione di chi ha una forza interiore più grande, è vincere il male col bene, che apre una breccia nel cuore del nemico, smascherando l’assurdità del suo odio. Non è dettato dal calcolo, ma dall’amore. Cari fratelli e sorelle, è l’amore gratuito che riceviamo da Gesù a generare nel cuore un modo di fare simile al suo, che rifiuta ogni vendetta e noi siamo abituati alle vendette: mi hai fatto questo? Ti farò quello. Ma il rancore fa male, distrugge».
Il papa ci chiede: «è possibile che una persona giunga ad amare i propri nemici? Se dipendesse solo da noi, sarebbe impossibile. Ma ricordiamoci che, quando il Signore chiede qualcosa, vuole donarla. Quando mi dice di amare i nemici, vuole darmi la capacità di farlo, senza quella capacità non potrebbe. Sant’Agostino pregava così: Signore, “dammi ciò che chiedi e chiedimi ciò che vuoi». Bella preghiera. Che cosa chiedergli? Che cosa Dio è contento di donarci? La forza di amare, che non è una cosa, ma è lo Spirito Santo. Con lo Spirito di Gesù possiamo rispondere al male con il bene, possiamo amare chi ci fa del male. Così fanno i cristiani. Com’è triste, quando persone e popoli fieri di essere cristiani vedono gli altri come nemici e pensano a farsi guerra!è molto triste. E noi, proviamo a vivere gli inviti di Gesù? Pensiamo a una persona che ci ha fatto del male, è comune subire il male da qualcuno. Forse c’è del rancore dentro di noi. Allora, a questo rancore affianchiamo l’immagine di Gesù, mite, durante il suo processo. E poi chiediamo allo Spirito Santo di agire nel nostro cuore. Infine preghiamo per quella persona: pregare per chi ci ha trattato male. Noi invece andiamo a raccontare ad altri il male suibito ci sentimamo vittime e invece preghiamo per chi ci fa del male è un modo per uscire dal rancora. è la prima cosa per trasformare il male in bene. La Vergine Maria ci aiuti a essere operatori di pace verso tutti, soprattutto verso chi ci è ostile e non ci piace».
Come di consueto dopo la benedizione si rivolge alla piazza e al mondo: «Esprimo la mia vicinanza alle popolazioni colpite da calamità naturale, penso in particolare al sud est del Madagascar, flagellato da una serie di cicloni e alla zona di Betropolis in Brasile devastata da inondazioni e frane, il Singore accolga i defunti nella pace, sostenga i familiari e quanti prestano soccorso». Poi prima di salutare i pellegrini presenti in piazza, ricorda la giornata nazionale del personale sanitario: «Dobbiamo ricordare tanti medici, infermieri, volontari che stanno vicino agli ammalati li curano li fanno sentire meglio, “nessuno si salva da solo” diceva la scritta nel programma a sua immagine e nella malattia abbiamo bisogno di qualcuno che ci salvi e che ci aiuti. Mi diceva un medico questa mattina che in tempo di Covid una persona che stava morendo gli ha chiesto: “ mi prenda per mano ho bisogno della sua mano”». Il personale sanitario «ha fatto vedere questa l’eroicità al tempo del Covid ma è un’eroicità che rimane tutti i giorni. Ai nostri medici, infermieri volontari, un appaluso e un grazie grande. Un iinvito quello all’applauso che la piazza accoglie con entusiasmo.