«Nel Vangelo di oggi Gesù», esordisce Papa Francesco dopo il consueto buongiorno, «prevedendo la sua passione e morte, racconta la parabola dei vignaioli omicidi, per ammonire i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo che stanno per prendere una strada sbagliata. Questi, infatti, nutrono intenzioni cattive nei suoi confronti e cercano il modo di eliminarlo. Il racconto allegorico descrive un padrone che, dopo aver molto curato la sua vigna, dovendo partire la affida a dei contadini. Poi, al tempo del raccolto, manda dei servi a ritirare i frutti; ma quei vignaioli accolgono i servi a bastonate e alcuni addirittura li uccidono. Il padrone invia altri servi, più numerosi, che però ricevono lo stesso trattamento. Il colmo si raggiunge quando il padrone decide di mandare il suo figlio: i vignaioli non ne hanno alcun rispetto, anzi, pensano che eliminandolo potranno impadronirsi della vigna, e così uccidono anche lui».
L’immagine della vigna è chiara, spiega il Papa «rappresenta il popolo che il Signore si è scelto e ha formato con tanta cura e amore; i servi mandati dal padrone sono i profeti, inviati da Dio, mentre il figlio è figura di Gesù. E come furono rifiutati i profeti, così anche il Cristo è stato respinto e ucciso. Al termine del racconto, Gesù domanda ai capi del popolo: "Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a questi contadini?". Ed essi, presi dalla logica della narrazione, pronunciano da sé stessi la propria condanna: il padrone – dicono – punirà severamente quei malvagi e affiderà la vigna "ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo" ».
ll Papa definisce la parabola «molto dura: Gesù mette i suoi interlocutori di fronte alla loro responsabilità, e lo fa con estrema chiarezza. Ma non pensiamo che questo ammonimento valga solo per quelli che rifiutarono Gesù in quel tempo. Vale per ogni tempo, anche per il nostro. Anche oggi Dio aspetta i frutti della sua vigna da coloro che ha inviato a lavorare in essa, tutti noi. In ogni epoca, coloro che hanno un’autorità, qualsiasi autorità anche nella Chiesa, nel popolo di Dio possono essere tentati di fare i propri interessi, invece di quelli di Dio stesso. Ma Gesù dice che la vea autorità è nel servire non sfruttare gli altri, a vigna è del Signore, non nostra. L’autorità è un servizio, e come tale va esercitata, per il bene di tutti e per la diffusione del Vangelo. È brutto vedere quando nella Chiesa le persone che hanno autorità cercano il proprio interesse. San Paolo, nella seconda Lettura della liturgia odierna, ci dice come essere buoni operai della vigna del Signore: quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; ciò che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto quotidiano del nostro impegno. Ciò che è virtù e merita lode sia oggetto quotidiano del nostro impegno, ognuno di noi nel suo piccolo piccolo ha autorità, così diventeremo così una Chiesa sempre più ricca di frutti di santità, daremo gloria al Padre che ci ama con infinita tenerezza, al Figlio che continua a donarci la salvezza, allo Spirito che ci apre il cuore e ci spinge verso la pienezza del bene. Ci rivolgiamo ora a Maria Santissima, spiritualmente uniti ai fedeli radunati nel Santuario di Pompei per la Supplica, e nel mese di ottobre rinnoviamo l’impegno di pregare il santo Rosario».
Dopo l'Angelus, si è rivolto alla piazza, citando il viaggio ad Assisi: «Ieri sono stato ad Assisi per firmare la nuova enciclica sulla fraternità, l'ho offerta a Dio sulla tomba di Francesco d'Assisi, dalla quale ho tratto l'ispirazione come per la precedente, i segni dei tempi mostrano che la fraternità e la cura del creano mostrano l'unica via per la pace, già indicata dai Santi papi e Giovanni XIII Giovanni Paolo Secondo . Che San Francesco accompagni il cammino di fraternità nella Chiesa e tra le religioni e popoli. Il 4 ottobre di 100 anni fa nasceva l'opera stella maris, invito a testimoniare la presenza della Chiesa nei porti. Oggi viene beatificato don Olindo Marella, padre dei poveri difensore dei deboli, la sua testimonianza siamo modelli per i sacerdoti perché siano umili». Infine cita le Guardie Svizzere, che oggi giurano: «Sono bravi ragazzi, vi chiedo un applauso per loro»