Non sparlare, ma pregare per i fratelli che sbagliano anche quando non vogliono ascoltare. Papa Francesco parla della correzione fraterna e spiega la pedagogia del recupero che è quella che usa Dio. Il Vangelo di Matteo invita a riflettere sul modo di fare di Gesù che tutela la comunione e la coscienza individuale cercando sempre di salvare le persone. «Questa pedagogia del recupero», spiega il Pontefice, «è articolata in tre passaggi. In primo luogo dice ammonisci il fratello che ha sbagliato. “Ammoniscilo fra te e lui solo”, cioè non mettere in piazza il suo peccato. Si tratta di andare dal fratello con discrezione, non per giudicarlo, ma per aiutarlo a rendersi conto di quello che ha fatto». Francesco ricorda che tante volte anche noi siamo stati aiutati in questo modo: «Abbiamo avuto questa esperienza: che qualcuno viene e ci dice “senti ma tu in questo hai sbagliato, dovresti cambiare un po’ in questo”. Forse all’inizio ci arrabbiamo, ma poi ringraziamo perché è un gesto di fratellanza, di aiuto, di recupero». Certo non è un insegnamento facile da mettere in pratica perché «c’è il timore che il fratello o la sorella reagisca male; a volte manca la confidenza sufficiente con lui o con lei e altri motivi. Ma le volte che noi abbiamo fatto questo abbiamo sentito che era proprio la strada del Signore». Questo primo intervento, però, può fallire. E allora Gesù indica il secondo passaggio «perché è bene non desistere, non dire “si arrangi, me ne lavo le mani”». Invece meglio «ricorrere all’appoggio di qualche altro fratello o sorella. Gesù dice: “Se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni”. Questo è un precetto della legge mosaica. Sebbene possa sembrare contro l’accusato, in realtà serviva a tutelarlo da falsi accusatori. Ma Gesù va oltre: i due testimoni sono richiesti non per accusare e giudicare, ma per aiutare». Gesù mette in conto che possa fallire anche questo tentativo, «anche l’amore di due o tre fratelli può essere insufficiente perché quello o quella sono testardi». E allora il terzo passaggio è coinvolgere la comunità, «dillo alla comunità, cioè alla Chiesa. In alcune situazioni tutta la comunità viene coinvolta. Ci sono cose che non possono lasciare indifferenti gli altri fratelli: occorre un amore più grande per recuperare il fratello. Ma a volte anche questo può non bastare». Gesù, allora, usa una espressione in apparenza sprezzante: «E se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano». Il Papa spiega, però, che questa frase, in realtà è un invito «a rimettere il fratello nelle mani di Dio: solo il Padre potrà mostrare un amore più grande di quello di tutti i fratelli messi insieme. Questo insegnamento di Gesù ci aiuta tanto». Francesco chiede di pensare a quando «noi vediamo uno sbaglio, un difetto, una scivolata in tal fratello o tale sorella» e sottolinea che, «di solito, la prima cosa che facciamo è andare a raccontare agli altri, a chiacchierare e le chiacchiere chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della Chiesa. Il grande chiacchierone è il diavolo che sempre va dicendo le cose brutte dell’altro perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare il fratello e non fare comunità. Per favore, fratelli e sorelle, facciamo uno sforzo per non chiacchierare, il chiacchiericcio è una peste più brutta del covid. Facciamo uno sforzo, niente chiacchiere».
Sappiamo che «l’amore di Gesù, che ha accolto pubblicani e pagani» ha scandalizzato i benpensanti e ha reso chiaro che la sua «non è una condanna senza appello, ma il riconoscimento che a volte i nostri tentativi umani possono fallire, e che solo il trovarsi da solo davanti a Dio può mettere il fratello di fronte alla propria coscienza e alla responsabilità dei suoi atti.
Se la cosa non va silenzio e preghiera per il fratello e la sorella che sbagliano, ma mai chiacchiericcio».