Un Angelus recitato dalla biblioteca del Palazzo apostolico per evitare, come spiega lo stesso papa Francesco, che la gente si raduni in piazza facendo assembramenti. Occorre invece osservare le disposizioni delle autorità, raccomanda il Pontefice, per sfuggire a questo virus. E così anche la festa di Santo Stefano, primo martire della Chiesa, si svolge in lockdown con Bergoglio che ricorda il valore forte della sua testimonianza. Una testimonianza che brilla come una luce nelle tenebre. Una luce che il Santo riceve da Dio. «Anche la Chiesa», ricorda Francesco, «non ha luce propria, ma la riceve dal Signore. Per questo i primi padri la chiamavano “il riflesso della luna”». Satnto Stefano brilla, nonostante sia accusato ingiustamente e lapidato. «Ma nel buio dell’odio fa splendere la luce di Gesù: prega per i suoi uccisori e li perdona. Come Gesù sulla croce».
Santo Stefano è il primo di una schiera «di fratelli e sorelle che continuano a portare luce nelle tenebre: persone che rispondono al male con il bene, che non cedono alla violenza e alla menzogna, ma rompono la spirale dell’odio con la mitezza dell’amore. Questi testimoni accendono l’alba di Dio nelle notti del mondo». E si diventa testimoni imitando Gesù. A chi chiede se c’è bisogno di queste figure, il Pontefice ricorda la conversione di Saulo. Lui che aveva assistito e approvato la lapidazione di Stefano diventa il più grande annunciatore del Vangelo. A lui, come a noi oggi «Santo Stefano ci dà l’esempio: Gesù era venuto per servire e non per essere servito, e lui vive per servire: Stefano diventa diacono, cioè servitore, e assiste i poveri alle mense. Cerca di imitare il Signore ogni giorno e lo fa anche alla fine: come Gesù viene catturato, condannato e ucciso fuori della città e, come Gesù, prega e perdona. Mentre viene lapidato dice: “Signore, non imputare loro questo peccato”. Stefano è testimone perché imita Gesù». E dal suo esempio nascono altri santi. «Poco dopo, per grazia di Dio, Saulo si converte, riceve la luce di Gesù la accetta, si converte e diventa Paolo, il più grande missionario della storia. Paolo nasce dalla grazia di Dio, ma attraverso il perdono di Stefano, attraverso la testimonianza di Stefano. Ecco il seme della sua conversione. È la prova che i gesti d’amore cambiano la storia: anche quelli piccoli, nascosti, quotidiani. Perché Dio guida la storia attraverso il coraggio umile di chi prega, ama e perdona. Tanti santi nascosti, i santi della porta accanto, testimoni nascosti, tanti gesti piccoli che cambiano la storia».
Un esempio che continua a valere anche per noi. «Il Signore desidera che facciamo della vita un’opera straordinaria attraverso i gesti ordinari, gesti di ogni giorno. Lì dove viviamo, in famiglia, al lavoro, ovunque, siamo chiamati a essere testimoni di Gesù, anche solo donando la luce di un sorriso, luce che non è nostra, è di Gesù e fuggendo le ombre delle chiacchiere e dei pettegolezzi. E poi, quando vediamo qualcosa che non va, al posto di criticare, sparlare e lamentarci, preghiamo per chi ha sbagliato e per quella situazione difficile. E quando a casa nasce una discussione, anziché cercare di prevalere, proviamo a disinnescare; e a ricominciare ogni volta, perdonando chi ci ha offeso. Piccole cose, ma cambiano la storia perché aprono la porta aprono la finestra alla luce di Gesù. Santo Stefano, mentre riceveva le pietre dell’odio, restituiva parole di perdono. Così ha cambiato la storia». E anceh noi, conclude Francesco, «noi possiamo cambiare ogni giorno il male in bene, come suggerisce un bel proverbio, che dice: “Fai come la palma: le tirano sassi e lei lascia cadere datteri”». Ci sono d’aiuto le testimonianze anche dei martiri di oggi, che «soffrono persecuzioni per il nome di Gesù. Sono tanti, purtroppo. Sono più che nei primi tempi della Chiesa. Affidiamo alla Vergine Maria questi nostri fratelli e sorelle, che rispondono all’oppressione con la mitezza e, da veri testimoni di Gesù, vincono il male con il bene».