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martedì 15 ottobre 2024
 
VATICANO
 

Francesco e la parabola della zizzania: il male non va estirpato richiede pazienza e misercordia

19/07/2020  All'Angelus di oggi 19 luglio il Pontefice si è soffermato sul Vangelo di Matteo, ricordando che chi ha a cuore il bene deve aiutare chi vive nel peccato a salvarsi. Come il padrone che cura il suo campo e non sradica l'erba cattiva, per non rischiare di strappare quella buona. Accompagnerà anche la zizzania fino alla mietitura. "Se Gesù è venuto a cercare i peccatori più che i giusti, a curare i malati prima ancora che i sani (cfr Mt 9,12-13), anche l’azione di noi suoi discepoli dev’essere rivolta non a sopprimere i malvagi, ma a salvarli". Bergoglio ha poi ricordato la necessità della pace, mentre la pandemia non accenna a rallentare, e in particolare la sua preoccupazione, insieme a quella di tutta la comunità internazionale, per l'acuirsi degli scontri armati nella regione del Caucaso, tra Armenia e Azerbaijan, invocando una pronta risoluzione dalle due parti.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nel Vangelo di oggi (cfr Mt 13,24-43) incontriamo ancora Gesù intento a parlare alla folla in parabole del Regno dei cieli. Mi soffermo sulla prima, quella della zizzania, attraverso la quale Gesù ci fa conoscere la pazienza di Dio, aprendo il nostro cuore alla speranza.

Gesù racconta che, nel campo in cui è stato seminato il buon grano, spunta anche la zizzania, un termine che riassume tutte le erbe nocive, che infestano il terreno. I servi allora vanno dal padrone per sapere da dove viene la zizzania, e lui risponde: «Un nemico ha fatto questo!» (v. 28). Loro vorrebbero andare subito a strapparla via; in effetti, l’agricoltore deve ripulire il campo dalle erbacce più vistose per lasciar crescere meglio le piante buone. Invece il padrone dice di no, perché si rischierebbe di strappare insieme le erbacce e il grano. Bisogna aspettare il momento della mietitura: solo allora si separeranno e la zizzania sarà bruciata.

Si può leggere in questa parabola una visione della storia. Accanto a Dio – il padrone del campo – che sparge sempre e solo semente buona, c’è un avversario, che sparge la zizzania per ostacolare la crescita del grano. Il padrone agisce apertamente, alla luce del sole, e il suo scopo è un buon raccolto; l’altro, invece, approfitta dell’oscurità della notte e opera per invidia, per ostilità, per rovinare tutto. L’avversario ha un nome: è il diavolo, l’oppositore per antonomasia di Dio. Il suo intento è quello di intralciare l’opera della salvezza, far sì che il Regno di Dio sia ostacolato da operatori iniqui, seminatori di scandali. Infatti, il buon seme e la zizzania rappresentano non il bene e il male in astratto, ma noi esseri umani, che possiamo seguire Dio oppure il diavolo.

L’intenzione dei servi è quella di eliminare subito il male, cioè le persone malvagie, ma il padrone è più saggio, vede più lontano: essi devono sapere attendere, perché la sopportazione delle persecuzioni e delle ostilità fa parte della vocazione cristiana. Il male, certo, va rigettato, ma i malvagi sono persone con cui bisogna usare pazienza. Non si tratta di quella tolleranza ipocrita che nasconde ambiguità, ma della giustizia mitigata dalla misericordia. Se Gesù è venuto a cercare i peccatori più che i giusti, a curare i malati prima ancora che i sani (cfr Mt 9,12-13), anche l’azione di noi suoi discepoli dev’essere rivolta non a sopprimere i malvagi, ma a salvarli.

Il Vangelo di oggi presenta due modi di agire e di abitare la storia: da una parte, lo sguardo del padrone; dall’altra, lo sguardo dei servi. Ai servi sta a cuore un campo senza erbacce, al padrone il buon grano. Il Signore ci invita ad assumere il suo stesso sguardo, quello che si fissa sul buon grano, che sa custodirlo anche tra le erbacce. Non collabora bene con Dio chi si mette a caccia dei limiti e dei difetti degli altri, ma piuttosto chi sa riconoscere il bene che cresce silenziosamente nel campo della Chiesa e della storia, coltivandolo fino alla maturazione. E allora sarà Dio, e solo Lui, a premiare i buoni e punire i malvagi. La Vergine Maria ci aiuti a comprendere e imitare la pazienza di Dio, il quale vuole che nessuno si perda dei suoi figli, che Egli ama con amore di Padre.

 

Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,
in questo tempo in cui la pandemia non accenna ad arrestarsi desidero assicurare la mia vicinanza a quanti stanno affrontando la malattia e le sue conseguenze economiche e sociali. Il mio pensiero va specialmente a quelle popolazioni le cui sofferenze sono aggravate da situazioni di conflitto. Sulla scorta di una recente risoluzione el Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite rinnovo l'appello a un cesate il fuoco globale e immediato, che permetta la pace e la sicurezza indispensabili per fornire l'assistenza umanitaria necessaria. In particolare, seguo con preoccupazione il riacuirsi, nei giorni scorsi, delle tensioni armate nella regione del Caucaso, tra Armenia e Azerbaijan. Mentre assicuro la mia preghiera per le famiglie di coloro che hanno perso la vita durante gli scontri, auspico che con l'impegno della comunità internazionale e attraverso il dialogo e la buona volontà delle parti si possa giungere a una soluzione pacifica duratura, che abbia a cuore il bene di quelle amate popolazioni. Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, fedeli di Roma e pellegrini provenienti dall’Italia e da altri Paesi.
A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

 
 
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