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domenica 15 settembre 2024
 
 

Angola, diamanti rosso sangue

21/10/2012  Un rapporto del Cisp denuncia: «Espulsioni, torture, traffico di esseri umani, stupri a danno di congolesi. Centomila nel solo 2011. La causa? Il commercio illegale di pietre preziose.

Le violenze inaudite continuano. Anche nel 2012. Nel silenzio generale. Il governo angolano continua a espellere migliaia di cittadini della Repubblica Democratica del Congo (RdC) che attraversano la frontiera principalmente per lavorare nelle miniere di diamanti di cui è ricchissima l’Angola.

     Espulsioni che avvengono con torture, detenzioni illegali e violenze sessuali a danno di uomini, donne, e anche bambini. Lo denuncia nel suo ultimo rapporto l’Organizzazione non governativa italiana Cisp-Sviluppo dei popoli, da tempo presente nella RdC, e impegnato in un progetto di monitoraggio delle espulsioni per conto dell'Onu, insieme a Fao, Oms, Unfpa e Caritas.

      È una storia che va avanti da diversi anni: dal 2004 al 2009 sono stati oltre 400 mila i congolesi espulsi dall'Angola verso la Repubblica Democratica del Congo, con una media di 80 mila l'anno e un picco nel 2009 di 160 mila. Le espulsioni vengono messe in atto perché l’Angola si ritiene danneggiata dal traffico illegale di diamanti, che avrebbe generato 600 milioni di dollari di perdite per il Paese africano.

     A partire dall’anno scorso, l'Onu ha finanziato un intervento umanitario con 2,7 milioni di dollari per monitorare la situazione, fornire assistenza umanitaria agli espulsi e alle comunità d'accoglienza, un intervento umanitario realizzato dal Cisp e dalle altre agenzie e organizzazioni umanitarie.

     «Dopo la messa a punto del sistema di monitoraggio, tra il 29 marzo 2011 e il 31 maggio 2012, abbiamo contato 92.833 espulsioni, identificate alla frontiera in collaborazione con la Direzione generale migrazione congolese», spiega il Cisp nel Rapporto. «Se però si considerano anche i dati validati da Ocha (agenzia dell’Unione Europea che si occupa di emergenza, ndr) a partire da gennaio 2011, la cifra sale a ben oltre i 100 mila espulsi».

     «Non si contesta il diritto del governo angolano a far rispettare la propria legge sulla migrazione», aggiunge il Cisp, «ma ciò che preoccupa sono le violenze che accompagnano il procedimento di espulsione».

     L’Ong fornisce dati ed esempi specifici: «Si sono potute quantificare, nello stesso periodo, 3.948 donne e ragazze che hanno riferito di aver subito atti di violenza (stupri, violenza di gruppo, perquisizioni intime, rapporti sessuali sotto minaccia, sfruttamento sessuale)», riferisce il documento. «In Angola, nei territori dove i congolesi vengono espulsi, sono sottomessi a leggi speciali, fortemente criticate per il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini».

Ancora una volta, al centro di questo “girone infernale” di violenze ci sono le pietre preziose. Lo sfruttamento artigianale dei diamanti in Angola genera entrate per circa 270 milioni di dollari l'anno, mentre lo sfruttamento illegale produce forti perdite economiche.

     «Per questo motivo», spiega il Rapporto del Cisp, «il governo angolano ha stipulato contratti con delle compagnie di sicurezza private (dove la più importante ha tra i suoi proprietari 7 ex-generali dell'esercito angolano) per il controllo delle frontiere, e possono agire all'interno di un quadro legale che gli permette di violare i diritti fondamentali di tutte le persone presenti in quelle zone. Queste compagnie private sono in parte di proprietà di membri del governo. Cosa che gli consente di ricevere finanziamenti pubblici. E lavorano con il supporto di una campagna mediatica fatta contro 'gli alieni': così infatti sono chiamati i congolesi».

     Ma c’è di più. Intorno al fenomeno delle espulsioni di massa è sorta una rete di traffico di esseri umani, dedita anche allo sfruttamento sessuale e della manodopera. Le dinamiche non sono ancora del tutto chiare, ma secondo il rapporto “Trafficking in Persons - Report 2011 - Angola”, del Dipartimento di Stato Usa, vengono prese e portate via bambine congolesi anche di 12 anni dal Kasai occidentale nella Rdc fino in Angola per varie forme di sfruttamento.

     «L'organizzazione delle espulsioni è molto redditizia economicamente», sottolinea la ricerca del Cisp, «visto che tutti i beni dei congolesi vengono rubati, diamanti compresi, senza contare poi i finanziamenti di cui i membri del governo beneficiano tramite le loro compagnie di sicurezza private. Sempre più indizi portano a credere che anche l’entrata illegale dei congolesi in Angola sia incoraggiata dai proprietari delle miniere di diamanti, per il bisogno di manodopera a buon prezzo. Le compagnie private infine potrebbero trarre molti più benefici dallo sfruttamento illegale che da quello legale, e per fare questo lo sfruttamento della manodopera congolese sembrerebbe ideale».

     La legge angolana sui diamanti identifica la regione del Nord Lunda Norte (quella da cui arriva la gran parte degli espulsi) come “riserva” delle pietre preziose. Si tratta di un'area di oltre 200 mila chilometri quadrati (quasi due terzi del territorio italiano).

     Nel territorio della riserva è legalizzata la limitazione di vari diritti fondamentali, come quello di movimento, di proprietà, ad avere giustizia e diritti economici, in aperto conflitto con la Costituzione congolese. All’interno di quest’area, la circolazione delle persone è regolata dalle compagnie minerarie, ogni tipo di attività economica è interdetta, e tutti gli abitanti hanno perso la proprietà della loro abitazione. La legge è gestita dalle compagnie minerarie, che possono arrestare le persone identificate come autori di crimini.

     La politica delle espulsioni colpisce soprattutto due aree del Congo: il 75% degli espulsi proviene da Kasai occidentale e  Bandundu, regioni caratterizzate da forte insicurezza alimentare (che colpisce il 40% della popolazione) e da una forte diffusione dell’Aids. Una missione di Medici senza Frontiere a Kamako, una delle zone più colpite dalle espulsioni, ha accertato un tasso di prevalenza dell’Hiv nelle donne del 24%.

     Nel Kasai occidentale, secondo i dati raccolti dal Cisp, c’è una media di 103 episodi d’espulsione al mese. Si calcola che ad ogni espulsione vengano mandate via 67 persone, per un totale di 1260 a settimana. Ma ci sono state anche espulsioni di 200, 1.000, 3.500 persone e, in un caso, persino di 5.000.

«Ogni gruppo di espulsi ha bisogno di un rifugio temporaneo, cibo, medicamenti e cure urgenti», insiste il Cisp. Centinaia di loro hanno bisogno di un ricovero ospedaliero. Le malattie sono principalmente malaria, infezioni intestinali e cutanee, malattie sessuali, oltre a fratture, lesioni da armi bianche o da fuoco e molto frequentemente ustioni (un metodo molto usato per “punire” i congolesi).

     Ed è proprio l’intervento specifico del Cisp: offre beni di prima necessità, vestiario, assistenza medica.  Il fenomeno coinvolge anche molti minori non accompagnati: Cisp e Caritas ne hanno contati 2.033.

     «Inoltre», scrive il Rapporto, «sono stati rilevati numerosi casi di abusi fisici, torture, condizioni di detenzione degradante e privazione del cibo, carcerazioni prolungate fino almeno a tre settimane, violenze sessuali, ispezioni vaginali e anali a danno di donne e uomini e umiliazioni sessuali. Solo nello scorso mese di luglio almeno tre persone sono morte in seguito ai maltrattamenti particolarmente crudeli dei soldati angolani».

     Le violenze, secondo le testimonianze raccolte, sono commesse principalmente nelle prigioni o nei centri di detenzione per i migranti, oltre che in alcuni posti di frontiera. E, ancora, fuori dal carcere, subito dopo l'arresto o durante la strada per la frontiera.

     Gli autori di queste violenze sono la Polizia frontaliera angolana, la polizia penitenziaria, le forze d'elite dedicate alla lotta contro l'immigrazione illegale, ma anche le compagnie di sicurezza private.

     Il Rapporto cita quattro episodi particolarmente gravi:
– nel settembre 2009 membri delle Forze armate angolane hanno sepolto vive 45 persone in un tunnel nel Nord Lunda, dopo aver stabilito che si trattava di minatori illegali di diamanti
– il 4 ottobre gli abitanti del villaggio di Tshiamba (Dundu, Angola), che secondo le testimonianze avevano rifiutato di dividere i guadagni dei diamanti con non meglio identificati uomini “in tenuta militare”, hanno subito un attacco da soldati angolani. Il villaggio è stato saccheggiato e bruciato, più di 400 donne hanno denunciato di essere state stuprate e gli abitanti sono fuggiti nella Rdc con i segni di violenze e bruciature d'armi. L'attacco ha causato lo spostamento di oltre tremila persone verso la frontiera con il Congo in un solo giorno
– un uomo, un trafficante, è stato evirato nel 2011 a Dundu, Lunda norte, ed è stato aiutato a fuggire in Congo, dove è stato curato
– a Kamako sono stati presi in carico 51 casi di persone su cui sono stati usati machete o coltelli, le cui ferite erano gravi, e a volte mortali.

     Questi dati ed episodi «non sono che la punta dell'iceberg», conclude il Cisp. «C'è una situazione inaccettabile di violazioni istituzionalizzate dei diritti umani provata e descritta da più rapporti e ricerche, che hanno messo in evidenza le conseguenze di violenze, omicidi, privazioni di libertà fondamentali. È necessario continuare l'azione umanitaria per offrire assistenza e supporto a queste persone. I fondi a disposizione per l’assistenza medica sono assolutamente insufficienti per garantire il minimo indispensabile, e l’azione della comunità umanitaria in questo campo è ancora insufficiente».

 
 
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