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domenica 09 febbraio 2025
 
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Animazione giapponese, operazione nostalgia: non solo Goldrake, in arrivo remake dei classici anni Ottanta

31/01/2025  Si è cominciato con "Goldrake," poche settimane fa, ora in Giappone "Lady Oscar" torna in film animato, "Occhi di gatto" si fa serie in carne e ossa e "Kiss me Licia" va a teatro. Che cosa c'è dietro questa scommessa non facile? Solo mercato o anche altro?

Forse non è del tutto un caso che il saggio più noto sulla storia dello sbarco dell’animazione giapponese in Italia, ormai quasi mezzo secolo fa, si intitoli Mazinga nostalgia, la nostalgia canaglia è infatti un fattore significativo nei tanti remake, rivisitazioni, suggestioni che si accumulano in queste settimane, strizzando l’occhio al pubblico, ormai abbondantemente adulto, di quelli che allora si chiamavano cartoni animati giapponesi e che oggi sono per tutti “anime”, parola giapponese che allude all’inglese animation.

Come allora, in parte, e in parte in modo diverso da allora, si tratta un po’ di celebrare ricorrenze un po’ di cavalcare l’onda di un evidente trend. Se a fine anni Settanta nell’avvento dell’animazione giapponese in Italia ebbe un ruolo l’apertura dei palinsesti da riempire della Tv privata: una prateria da occupare, possibilmente senza svenarsi economicamente, oggi nel revival probabilmente incide il peso specifico recente e innegabile che fumetto e animazione nipponica (manga e anime si chiamano tecnicamente) nel panorama editoria attuale.

Lo si vede in ogni grande libreria, ma pure nell’offerta di Netflix: quella che fino a pochi anni fa non era che una nicchia per eletti appassionati (nerd, nel gergo degli addeti ai lavori) oggi riempie scaffali interi di libreria, piani addirittura. Segno che lì c’è un target, un pubblico potenziale su cui indirizzare la freccia e fare centro. La scommessa non è facile: Goldrake Grendizer U, un milione di telespettatori la prima sera in prima serata su Raidue poche settimane fa, li aveva già dimezzati alla seconda. Segno che è piuttosto complicato fare centro accontentando tutti: i giovani, più esperti, ma abituati a un gusto diverso potrebbero anche non riconoscersi nei ritmi e nei temi di storie, diventate ormai classici. Gli adulti nostalgici potrebbero non riconoscere nelle modifiche dei remake i loro eroi di allora, un po’ perché sono cambiati gli eroi, un po’ perché sono cambiati i gusti del pubblico attuale, un po’ perché con lo sguardo adulto la magia forse non è la stessa.

Resta il fatto che in una manciata di settimane si stanno incrociando nel mondo cinque scommesse non da poco, dopo l’esperimento di Goldrake Grendizer U, una riguarda la serie live-action Cat’s Eye, ispirata alla serie animata Occhi di Gatto, arrivata in Italia tra gli anni Ottanta e Novanta: la nuova versione con personaggi in carne e ossa è diretta da Alexandre Laurent, sceneggiata da una squadra di autori, tra cui Michel Catz, Justine Kim-Gautier e Antonin Martin-Hilbert. La produzione nasce da una collaborazione tra TF1, Amazon Prime Video e Big Band Story, con Newen Connect responsabile della distribuzione internazionale.

Dopo il debutto su TF1 e TF1+ in Francia Cat’s Eyes sarà disponibile su Amazon Prime Video, garantendo una distribuzione globale per raggiungere sia i fan storici che una nuova generazione di spettatori, e trapela in questi giorni la notizia che in Italia nei prossimi mesi ci vorrebbe scommettere di nuovo Raidue.

A differenza dell’originale ambientato in Giappone, la nuova serie colloca l’azione delle tre sorelle, celebri ladre d’arte, a Parigi nel 2023 dove dopo molto tempo si ritrovano.

Se il musical teatrale, ispirato a Kiss me Licia, annunciato in Italia (venerdì 21 e sabato 22 marzo 2025 all’EcoTeatro di Milano (Via Fezzan, 11 | ore 20.30) firmato da Thomas Centaro, a 40 anni dall’uscita dell’anime in Italia, fa in parte storia a sé, perché come il live action rende difficili i paragoni con l’animazione vera e propria perché troppo diverso nel genere (in agguato l’effetto parodia, si pensi al pessimo Lady Oscar di Demi, che sbagliò tutto a cominciare dall’improponibile fisicità della protagonista), molto più si prestano ai confronti e ai raffronti, agli entusiasmi e alle delusioni annessi e connessi, le versioni in film d’animazione Hallo Spank, nelle sale in Italia dal 13 al 16 febbraio e Le rose di Versailles, in uscita nelle sale giapponesi in questi giorni, per celebrare il cinquantesimo del manga di un vero e proprio oggetto di culto mondiale, arrivato in Europa e in Italia nel 1982 con il titolo di Lady Oscar. (A questi due, diversissimi classici, entrambi molto amati in Italia e ora rivisitati, sono dedicati i due focus del dossier collegati, uno già online l'altro in arrivo nei prossimi giorni).

«C’è sicuramente» osserva Mara Famularo autrice per Il Mulino del saggio, Dimensione manga, «il tentativo di cogliere insieme il pubblico degli ex bambini degli anni Ottanta e insieme quello degli adolescenti di oggi molto incuriositi dal mondo manga e anime, ma c’è sicuramente anche un altro aspetto, culturale, di costume, l’idea di proporre anche al pubblico dei ragazzi personaggi, ormai classici che hanno segnato l’immaginario dei loro genitori: il tempo trascorso permette infatti di valutare quali siano i personaggi che più hanno lasciato il segno e che, a dispetto del tempo in cui sono stati realizzati, hanno conservato una modernità: penso a Ranma proposto in una nuova serie su Netflix che si presta, attraverso una storia romantica, a riflettere sul tema degli stereotipi di genere, lo stesso vale per Lady Oscar», una donna in un lavoro percepito dal suo tempo come solo maschile con tutti tentativi di delegittimazione del caso. 

«L’ammodernamento in alcuni casi», spiega Famularo, «si presta anche togliere gli elementi che segnano il passo, perché troppo figli del tempo in cui sono stati scritti, per lasciar emergere la storia universale».

Ci si domanda se non si rischi però così, di tradire i classici riscrivendoli o ridisegnandoli: «Il pericolo è non tanto di snaturare quanto di compiere male questa operazione tentando una riattualizzazione malfatta per strizzare l’occhio al target commerciale dei fan service dei 40-50enni, ossia di perdere l’occasione di una rielaborazione davvero all’altezza. Anche se i nuovi prodotti godono spesso del vantaggio di budget che non c’erano all’epoca degli originali, quando spesso si doveva operare in economia. Mentre oggi, nel pieno di un boom del genere, la certezza di avere un pubblico nutrito consente di spendere di più».

Anche se questo come vedremo, nei contenuti collegati, non sempre collima con la garanzia di migliore fattura, o comunque sul tema le opinioni, anche tra esperti, divergono. 

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