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Anna Frank e la potente memoria del suo piccolo nascondiglio

27/01/2020  Aumentano di anno in anno i visitatori della casa di Amsterdam in cui la quindicenne ebrea tedesca, autrice del famoso diario, si nascose per quasi due anni. Cosa "dice" a chi vi entra quell'appartamento disadorno dietro la libreria in Prinsengracht 263?

Nella “Giornata della Memoria” non ho potuto non tornare col pensiero alla mia recente visita alla casa-nascondiglio di Anna Frank ad Amsterdam. L’edificio guarda sul canale, in Prinsengracht 263, e fu salvato dalla demolizione nel 1957 grazie all’iniziativa di alcuni abitanti di Amsterdam. Divenne museo nel 1960 per opera del padre di Anne, Otto Frank, unico sopravvissuto della famiglia al lager e artefice della pubblicazione del diario della giovane, morta nel 1945 nel campo di sterminio di Bergen-Belsen a soli 15 anni, diventando il simbolo stesso della Shoah e una dell testimonianze più toccanti.  

Ebbene, mi sono messo in coda. Ad attendere con me davanti all’ingresso tantissimi visitatori assiepati in paziente attesa del proprio turno di visita. Giovani e meno giovani, olandesi e tanti turisti stranieri, tedeschi, inglesi, americani, cinesi, italiani.   

All’interno dell’alloggio segreto il serpente umano si smembra e nel silenzio, come si fosse entrati in chiesa, inizia la visita all’appartamento. Al piano superiore,  oltrepassata la libreria girevole che celava l’accesso al nascondiglio dei Frank, nonostante l’angustia dell’alloggio e i tanti, forse troppi visitatori, la macchina del tempo  mi ferma al 1942: divento un clandestino  ebreo e i miei occhi  “vedono” gli altri otto clandestini muoversi accanto a me. Ne immagino le conversazioni a mezza voce, le angosce, gli incubi notturni.  

“È strano come una casa di fatto vuota possa raccontare più di un palazzo completamente restaurato”, ha scritto Laura Traldi, giornalista, curatrice di pubblicazioni e mostre. “Una frase scritta su un muro, un video, qualche foto ingiallita appiccicata alla parete da una ragazzina come tante altre ma cresciuta nel momento e nel posto sbagliato: nella casa di Anne Frank non c’è niente altro (…). Nessuno guarda il telefonino, nessuno twitta o instagramma, tutti si guardano in giro anche se non c’è niente da vedere. Perché la casa di Anna Frank è dominata dal potere della sottrazione, dalla forza del vuoto, progettato e pensato per essere punteggiato di piccoli suggerimenti che, galleggiando in un ambiente rarefatto, assumono un significato universale”. E’ proprio così. Perché la memoria trova sentieri apparentemente poco sicuri ed evidenti, come l’assenza di segni, piuttosto che la loro ridondanza, per funzionare. E in quell’appartamento segreto, così disadorno, funziona alla perfezione, da sempre.    

Ogni anno, dal 2009, il museo aumenta il numero d’ingressi. Nel 2016 i visitatori sono stati oltre un milione. Per adeguarsi alle esigenze del crescente afflusso di persone i volumi del museo, nel tempo, sono stati per due volte aumentati. 

Da soli raccontano di più sull’orrore dell’Olocausto queste povere pareti e la lettura  del diario di Anne che tanti corsi di storia moderna. Ecco perché i gruppi neonazisti hanno provato più volte a negare l’autenticità del nascondiglio e degli scritti della Frank.

Data infausta sarà il giorno in cui la coda in Prinsengracht 263 scomparirà: la violenza  di una nuova dittatura potrebbe aver già fatto irruzione nelle nostre vite, come la fecero in questa casa gli agenti nazisti il 4 agosto del 1944. “Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”, sta inciso nel lager di Dachau.

Diario

vota, segnala o condividi Il "Diario" della ragazzina ebrea che a tredici anni racconta gli orrori del Nazismo torna in una nuova edizione integrale, curata da Otto Frank e Mirjam Pressler, e nella versione italiana da Frediano Sessi, con la traduzione di Laura Pignatti e la prefazione dell'edizione del 1964 di Natalia Ginzburg.

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