La storia si ripete: lo scandalo Expo esplode in cronaca e improvvisamente la corruzione, un problema annoso e colpevolmente rimosso dal dibattito fin qui, diventa materia urgentissima e incandescente. Ripetevamo da mesi che il ddl Grasso, giacente inerte da oltre un anno, andava disseppellito, ragionato, valutato, se del caso migliorato.
Pochi giorni fa, il ddl, con un testo base però diverso dall’originale, ha preso l’abbrivio, sull’onda emotiva o, se preferiamo, scandalosa della corruzione milanese (come sempre la magistratura, litigiosa finché vogliamo, è comunque arrivata prima del Parlamento) e ora si annuncia un’accelerazione brusca, in Commissione giustizia, magari un’approvazione a tempo di record.
L’urgenza c’è, ovvio. C’è da vent’anni, almeno. Ma proprio perché c’è da vent’anni, occorre fermarsi un attimo e ragionare. Come dicono i migliori giocatori di biliardo: calma e gesso.
Senza la pacatezza necessaria a misurare le parole di leggi fondamentali la montagna partorisce il topolino: la giustizia soffre, oltre che di leggi scritte in cattiva fede per favorire gli amici, anche di leggi raffazzonate in buona fede perché approvate di gran carriera sotto la pressione della pubblica emotività, ma dopo sono grane non solo di chi le leggi deve applicare, ma anche nostre perché l’inefficacia pesa su tutti. La corruzione è un problema che ci attanaglia da sempre, che ha sofferto più di altri l’effetto nefasto di leggi ad personam: ha bisogno di testi ponderati, tecnicamente blindati, scritti con il cesello, non di fare qualcosa in fretta con la scure per metterci sopra un segno di espunzione, giusto per dire: l’abbiamo fatto non importa come.
Quali provvedimenti servano è chiaro a tutti: riforma del falso in bilancio, riforma della prescrizione, autoriciclaggio, riassestamento della concussione improvvidamente “spacchettata”, ma il come è sostanziale, fa la differenza tra il cambiamento e l’operazione di cosmetica.
Qualcuno dirà: ma una buona volta si dovrà pur cominciare. Certo: si cominci, ma avendo cura di ricordare che la fretta elettorale è cattiva consigliera: si rischia di scrivere una legge più per mostrarla, agli elettori, all’Europa, ai mercati, per dare un segnale, che per raddrizzare davvero il piano inclinato che ci sta portando alla deriva.
Ciò che dobbiamo chiedere ora a chi ci governa è che la legge anticorruzione sia una buona legge, scritta con estrema cura, efficace ai fini del contrasto. Meglio la gallina di una buona legge, a costo di metterci qualche settimana in più, ma curando con attenzione maniacale la sostanza, che avere subito scodellato l’uovo di una legge comunque sia, anche a rischio che si riveli una frittata alla prova dei fatti.
Il problema è grave e serio, altre frittate non ci possiamo permettere.