La voce straordinaria di Antonella
Ruggiero si diffonderà ancora
una volta dal palco del Teatro
Ariston di Sanremo: per una tra
le cantanti più apprezzate della
nostra musica leggera, si tratta
dell’undicesima partecipazione
al Festival della canzone italiana.
Dove vinse nel ’78 quando era ancora
con i Matia Bazar e dove, ormai solista,
ha collezionato negli anni due secondi
posti e un terzo.
Parlare di “musica leggera” è quasi riduttivo
per una musicista che si cimenta
un po’ con tutti i generi, dalla classica al
jazz, al folklore, dalla musica sacra al musical
americano, alla tradizione italiana
di decenni fa. «Per me è una pura necessità
», spiega. «Non riuscirei proprio a far
diventare la musica una specie di infinito
repertorio sempre uguale».
Lei presenta al Festival le canzoni
Quando balliamo e Da lontano...
«Sono due bei brani, che includono
musica elettronica, strumenti classici e
altri che provengono dalla tradizione popolare:
questo mix fa sì che contengano
sonorità affascinanti. Quando balliamo è
vagamente riferita al tango, una danza
molto rigorosa e geometrica, ma altrettanto
piena di calore e creatività. Ciò che
dovrebbe essere anche la vita a due, una
collaborazione meravigliosa, e nel testo
è descritta l’attinenza tra i due mondi. In
Da lontano, invece, ho voluto esprimere
una mia considerazione sul fatto che, nella
maturità, si veda tutto in maniera più
distaccata. Specialmente da giovani, ciò
che viviamo ci prende a livello viscerale; dopo ti rendi conto che inizi davvero a
guardare le cose un po’ da lontano».
Dopo tanti anni e tantissimi concerti
in Italia e nel mondo, Sanremo contiene
ancora un’emozione speciale?
«Naturalmente, rappresenta una platea
enorme di 15 milioni di persone, e
non è cosa da poco. Quindi vado sempre
con un po’ di emozione. Però è anche vero
che conosco molto bene tutto ciò che
è il Festival e ogni volta ritrovo le persone
che ne fanno parte, i tecnici, i musicisti,
scenografi, e perciò è come andare in
un luogo assolutamente familiare. Questo
è tranquillizzante. Per quanto mi riguarda,
stavolta è anche l’occasione per
proporre, dopo dieci anni, un album di
15 canzoni inedite, incluse le due di Sanremo.
Il titolo è L’impossibile è certo».
Cosa significa L’impossibile è certo?
«Vuol dire che, malgrado il periodo
scuro e pesante che stiamo vivendo, ci sarà
sicuramente una via d’uscita, come è
stato nel dopoguerra che noi conosciamo
attraverso i racconti di nonni e genitori.
Ci sono sempre stati nei secoli momenti
bui, durante i quali però qualcosa
si muove. Magari questo qualcosa esiste
già ed è un po’ una cenere che poi prenderà
fuoco e farà sì che la situazione si
sblocchi. Di sicuro questo lo faranno i
giovani. È giusto che ascoltino le persone
anziane veramente onorevoli che esistono
anche nella politica, quelle che
hanno dimostrato di avere valori e saperli
trasformare in qualcosa di importante.
Però poi i giovani devono fare in prima
persona, con le loro menti fresche e infinitamente
più preparate che nelle generazioni
passate, perché tutti studiano, girano
il mondo, vedono ciò che di buono
accade in giro e lo riportano qua. Sì,
nell’album c’è un’ispirazione sociale, perché
sono una cittadina italiana e come
tutti ho visto l’Italia cambiare. Ho visto
le enormi assurdità di questo Paese, ma
anche le meravigliose menti e mani che
fanno cose straordinarie. Lo osservo in tutta Italia, dal Friuli fino alla Sicilia,
in occasione degli spostamenti per i
concerti, e incontro persone davvero notevoli.
Questa visione è contenuta nelle
canzoni, anche se è filtrata dalla poesia,
dall’arte e da tutto ciò che rappresenta
fare musica».