«Per i giovani che sono arrivati a Londra e che qui contano di costruirsi un futuro la possibilità di un distacco è ragione di angoscia», spiega Antonio Caprarica, giornalista e scrittore, per lungo tempo corrispondente da Londra per la Rai, gran conoscitore di usi e costumi dei sudditi di Sua Maestà (tra i suoi ultimi libri: Il romanzo di Londra, Il romanzo dei Windsor, Ci vorrebbe una Thatcher, Sperling&Kupfer editore). «Anche se gli italiani devono sapere che anche in caso di esito positivo per la Brexit non ci sarà nessuna misura immediata e le misure limitative sugli stranieri riguarderanno il futuro e non il passato».
E qual è il loro atteggiamento?
«Anche coloro che non hanno diritto al voto si sono impegnati nella campagna a favore del remain cercando di convincere gli amici inglesi. Tante associazioni di italiani si sono date da fare sulla rete, nella chiacchiera quotidiana. C’è stata una forte pressione da parte di tanti ragazzi, non solo italiani, per orientare il voto».
Gli italiani tra loro sono molto uniti, fanno comunità?
«Londra è un vero universo di 12 milioni di persone e non favorisce tantissimo l’aggregazione. Ma è pur vero che tante comunità nazionali tendono a conservare la loro identità; una di quelle più attive tra gli italiani è la comunità dei parmigiani emigrati in Inghilterra. La nostra immigrazione londinese agli inizi del 1900 era molto legata al settore gastronomico, tanto che si può dire che l’Inghilterra ci è debitrice per aver imparato a mangiare. I ristoranti di Soho dopo la prima guerra mondiale erano quasi tutti italiani e hanno fatto la fortuna di tante famiglie».
Ci sono anche italiani favorevoli alla Brexit?
«Ce ne sono, è vero. È capitato un po’ come quando nacque la Lega Nord in Italia ed alcuni dei leghisti più arrabbiati erano i miei conterranei pugliesi. Uno degli italiani che si è pronunciato per il distacco dall’Europa è sir Rocco, erede della famiglia Forte, che grazie all’immigrazione in Inghilterra è diventata miliardaria, a capo di una catena di hotel di lusso».
Gli inglesi come considerano gli italiani?
«Gli inglesi hanno per l’Italia un’ammirazione sconfinata. Gli italiani hanno rivestito ruoli da dirigenti nelle principali università inglesi. Sono presenti nella élite sia culturale e che finanziaria di questo Paese. Non siamo certo più quelli della valigia di cartone di inizi 900. La nostra è stata un’emigrazione intellettuale che è riuscita a farsi rispettare e valere. Anche se non sempre ci meritiamo questa ammirazione. L’unica cosa che gli inglesi non capiscono è perché fatichiamo così tanto a farci governare. Ma con questo referendum anche gli inglesi rischiano di fare la nostra stessa fine».
Come sarà l’Inghilterra del dopo referendum?
«Qualunque sarà l’esito nulla rimarrà come prima. Comunque vada a finire si è squadernato davanti ai nostri occhi un paese lacerato e diviso che nemmeno io, che penso di conoscere abbastanza la Gran Bretagna, riuscivo a immaginare qualche mese fa. Si è generata una situazione di diffidenza e di odio. Questa è una responsabilità storica di David Cameron, che ha sacrificato ai calcoli del partito conservatore uno dei tratti fondamentali della Gran Bretagna, ovvero il multiculturalismo e l’apertura. Ora tutti sanno che metà della Gran Bretagna non è più quel paese delle opportunità che tutti noi sogniamo. Il partito conservatore ne esce frantumato, con una lotta di potere che darà i suoi frutti negativi nel corso del prossimo anno. Ci sarà un faticoso lavoro di ricostruzione dei rapporti tra le persone».