Antonio Conte durante la partita pareggiata dall'Italia con la Bulgaria (Reuters).
Ultime notizie dal pianeta Italia: la Digos (ovvero la Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali della Polizia) deve indagare su una serie di insulti e pesanti minacce che, dall'arrogante distanza di Internet, sono state rivolte ad Antonio Conte, ex allenatore della Juventus e attuale commissario tecnico della Nazionale. Gli autori di quest'ultima prodezza italica sono ovviamente anonimi. Ma si spera che tale privilegio sia provvisorio, e che la Digos riesca a identificarli.
Viene in mente la vecchia battuta: abbiamo toccato il fondo e ora cominciamo a scavare. Difficile pensare che si possa scendere più in basso quanto a civiltà sportiva e a civiltà in genere. non la pensiamo, ovviamente, come quelli che hanno subito scritto che i siti e i profili da cui queste minacce sono partite "non hanno nulla a che vedere con il mondo del calcio". E chi lo dice?
Ci pare piuttosto vero il contrario. Intanto, è il mondo del calcio che ha a vedere con tutto il resto: con l'economia, per esempio. Con il costume. Con la vita sociale. E poi, cari amici del "nulla a che vedere", avete dato un'occhiata ai giornali, ultimamente? Risse tra genitori o caccia all'arbitro nelle partite dei ragazzini. "Pessotto devi morire" nel derby Primavera tra Torino e Juventus, rivolto a un ex campione (che vestì sia la maglia granata sia quella juventina) poi messo a dura prova (per fortuna superata) dalla vita. Il caso Parma. I giocatori della Roma chiamati a pubblica gogna sotto la curva perché il campionato gira male. Chi lo dice che questo non è il calcio, che questo non è il brodo di coltura di queste ultime inciviltà?
Sullo sfondo, ovviamente, le polemiche tra Conte e la sua vecchia società, la Juventus, e in prospettiva la partita amichevole con l'Inghilterra, proprio a Torino, nello stadio che fu suo. Il che, altrettanto ovviamente, non vuol dire che le minacce a Conte arrivino necessariamente da tifosi della Juventus. Potrebbe essere chiunque. Il che complica forse le indagini e di sicuro peggiora le cose, almeno per chi ama tifare senza dover anche odiare.
Ancora una volta, comunque, viene fuori la vecchia regola. Non sono le passioni a qualificarci, ma il modo di viverle. La passione accomuna i tifosi ubriaconi e vandali arrivati qualche settimana fa dall'Olanda a questi figuri che minacciano Conte. Lo stile dell'uomo Conte, che a Torino se ne esce da solo per andare a prendere un caffè in centro, accomuna l'allenatore a quei tifosi che, memori dei suoi record juventini, lo hanno riconosciuto e applaudito. Non è che il primo mondo non c'entra col calcio e il secondo sì. E' che il primo non c'entra con la società civile, ecco tutto. Parola di vecchio cuore granata.