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Aquarius, le paure di un'Europa divisa ed egoista

14/06/2018  La riflessione di Andrea Riccardi a fronte dell'odissea della nave con 629 persone, tra cui bambini e donne incinte, che non ha potuto attraccare nei porti italiani. L'editoriale del fondatore della Comunità di Sant'Egidio apre un ampio dossier dedicato all'emergenza rifugiati sul numero 24 di Famiglia Cristiana, in edicola da giovedì 14 giugno.

La nave Aquarius, foto: Ansa. In alto: un'immagine simbolica dell'Europa, foto: Reuters.
La nave Aquarius, foto: Ansa. In alto: un'immagine simbolica dell'Europa, foto: Reuters.

L’ immigrazione è al centro di un dissidio europeo che dura da anni, come si vede anche dalla drammatica vicenda della nave Aquarius di Medici senza frontiere e Sos Mediterranée a cui è stato negato l’approdo in Italia, invocando la competenza di Malta.  Ogni Governo guarda al proprio interesse nazionale e, soprattutto, agli umori dell’elettorato, sempre più spaventato da una “invasione” di stranieri dal Sud del mondo. Ma i problemi reali della gente comune non sono tanto gli immigrati quanto la difficoltà di vivere nelle periferie, la mancanza di lavoro, la precarietà quotidiana, la crisi economica. E sono seri.

Eppure si parla tanto di migranti. Si deve dire, però, che l’Italia non è stata aiutata dagli altri Paesi europei, anche se Bruxelles ha sostenuto finanziariamente l’accoglienza italiana. Ed è stato un errore europeo. Tuttavia, una questione grave come i migranti non si può affrontare in modo emotivo, anche se le forze politiche europee hanno appreso che alimentare le paure può portare consenso. Invece è un problema da gestire nella solidarietà tra europei.

Ma la scorsa settimana, in Lussemburgo, l’Unione si è di nuovo divisa sui cambiamenti da apportare al regolamento di Dublino. Il quale prevede che il Paese europeo dove il migrante entra debba compiere le procedure di asilo. Così le frontiere esterne dell’Europa sono viste non in modo unitario, ma in una prospettiva nazionale. L’Italia, la Spagna e la Grecia sono più esposte all’arrivo dei migranti via mare. E sono quindi contrarie alla riforma perché considerano scarsa la ripartizione dei migranti con gli altri Stati.  Per ragioni antitetiche, i Paesi del Centro-Est europeo si oppongono alla riforma: non intendono farsi carico (neanche solo economicamente) dei migranti arrivati in altri Stati. La Germania è stata contro la riforma e l’Italia non ha insistito sul negoziato. Il sottosegretario belga Francken ha concluso sui migranti: «Dobbiamo rimandarli indietro». Il commissario europeo Avramopoulos ha risposto: «Non saremo la fortezza Europa».

Non ci sono soluzioni semplici per un problema così complesso. Né soluzioni semplificate sono applicabili. Prima di tutto bisogna calmare le opinioni pubbliche e governare i flussi migratori con una politica efficace di accoglienza e integrazione. Va condotta una lotta senza quartiere ai mercanti dei viaggi della morte. Poi c’è da lavorare in Africa, spiegando alla gente il dramma dei viaggi verso il Nord ed esigendo dai Governi africani più responsabilità verso i loro giovani. Bisogna lavorare con gli Stati africani, perché i giovani trovino futuro nei loro Paesi. Inoltre, vanno aperti corridoi perché, in piena legalità e sicurezza, i migranti possano giungere nei nostri Paesi. Non è solo un fatto umanitario ma anche, per l’Italia, una necessità, proprio per la crisi demografica. Il problema delle migrazioni è tanto complesso. Abbiamo bisogno di governarlo con intelligenza, ragionevolezza, umanità e preveggenza. È una sfida seria, ma è possibile.

 

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