(nella foto: l'atleta dell'Arabia Saudita, Kariman Abuljadayel.nella gara dei 100 metri alle Olimpiadi di Rio - Reuters)
Il 21 giugno il re saudita Salman ha sostituito l’erede al trono. Arrivederci a grazie al nipote Mohamed bin Nayef (57 anni), fin qui erede designato, e strada spianata per i figlio di Salman, Mohammed bin Salman. Il nuovo principe ereditario ha solo 31 anni ma già da tempo è l’uomo forte del regno wahabita. Ministro della difesa, sostenitore di una linea aggressiva in politica estera (soprattutto nei confronti dell’Iran), in grande sintonia con Donald Trump, il giovane principe (spesso citato con le iniziali Mbs) potrebbe accedere al trono fra non molto tempo (il padre ha 81 anni e soffre problemi di salute).
Commentiamo gli scenari che si aprono nel Golfo con la giornalista Liisa Liimatainen, a lungo corrispondente dall’Italia e inviata in Medio Oriente per la tv nazionale finlandese. Profonda conoscitrice dell’Arabia Saudita, Liimatainen è autrice del libro “L’Arabia Saudita. Uno stato islamico contro le donne e i diritti” (Castelvecchi), un saggio molto documentato sulla vita quotidiana in Arabia Saudita, soprattutto per quanto riguarda il mondo giovanile, le donne e la minoranza sciita del paese.
L’ha sorpresa la nomina di Mohamed bin Salman?
“Non molto. Il nuovo principe ereditario si trovava già in una posizione fortissima all’interno della dinastia wahabita. Mohamed bin Salman è il ministro della difesa e ha il ruolo di supervisore di ben 22 ministeri. Inoltre il principe ha un ruolo importante in “Vision 2030”, il grande progetto di ristrutturazione e moralizzazione dell’economia e della società saudita. Ricordo infine che a marzo era stato proprio il principe Mohamed bin Salman a incontrare il presidente Trump a Washington. L’uomo forte era già lui. La nomina a erede fotografa uno stato di fatto”.
Il principe ha 31 anni, è il segno di un ricambio generazionale?
“Non c’è dubbio. Non dimentichiamo che all’interno della corte stanno entrando molti altri giovani, pronipoti di Ibn Saud, il fondatore dell’attuale regno. La monarchia deve dare un segno di ricambio generazionale e di vicinanza ai giovani, soprattutto in questa fase di difficoltà economica, che sta provocando una disoccupazione massiccia fra i giovani sauditi”.
La caduta del prezzo del greggio si è fatta sentire?
“Sì, molto. Perciò oggi la principale sfida interna della dinastia è dare un lavoro ai giovani. C’è lo sforzo di ridurre la dipendenza dell’Arabia Saudita dalle entrate petrolifere. Inoltre, per favorire i giovani sauditi, il governo ha già espulso un milione, ma si dice anche due milioni di lavoratori stranieri, soprattutto filippini, pakistani e africani. Contro il malessere giovanile le autorità stanno anche puntando a sviluppare iniziative nel campo dei divertimenti e del tempo libero. È in programma la creazione di una città dei divertimenti, una specie di Las Vegas saudita”.
Dal punto di vista dei diritti, soprattutto quelli delle donne, c’è da attendersi qualche novità?
“Con la campagna per poter guidare le automobili le donne saudite hanno cominciato a chiedere la fine della sudditanza nei confronti dei maschi. Sappiamo che il nuovo principe ereditario vuole maggiormente coinvolgere le donne nel mondo del lavoro, ma il traguardo di una vera eguaglianza fra uomini e donne è ancora lontano. Per raggiungerlo servirebbero trasformazioni profonde nella società e nei principi religiosi. Non vedo ancora segni in questa direzione”.
Con l’ascesa del principe Mohamed ci saranno cambiamenti nella politica estera saudita?
“Mohamed è il campione dell’aggressività saudita nei confronti dell’Iran e Riad vede con preoccupazione l’espansione del ruolo di Teheran nella regione, soprattutto in Siria. Su questo la sintonia fra il principe e Trump è totale. Temo che nel prossimo futuro ci saranno nuove guerre invece di accordi di pace”.