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Arcore 0 - Resto d'Italia 3

02/10/2013  Per la prima volta Berlusconi perde il controllo assoluto del PdL. Il frutto avvelenato di una scelta, aprire la crisi, che gli italiani non hanno capito né approvato.

Ci sono un sacco di "prime volte" nella retromarcia clamoroso che Silvio Berlusconi ha dovuto innestare, votando la fiducia al Governo Letta dopo aver aperto le porte alla caduta del Governo. Dal 1994 a oggi, nelle sue energiche e molteplici mutazioni politiche, Silvio Berlusconi, novello Cronos, aveva sempre divorato i figli (e anche i fratellastri) inquieti. Di fatto, dal centro alla destra estrema ha fatto il deserto.

Ma questa volta, appunto per la prima volta, ha toppato e ha corso il rischio opposto:
esser lui divorato dai familiari ribelli, in quel partito che aveva sempre dominato al punto da apprestarsi a scioglierlo per tornare all'amata Forza Italia. E' una novità enorme per la politica italiana. anche perché il fin qui granitico PdL ha mostrato di soffrire delle stesse piaghe del Pd: correnti, fronti opposti, insulti, coltellate. Di più: aperte minacce di scissione che, a voto di fiducia ancora fresco, sono tutt'altro che rientrate.

Una brutta sconfitta. Un ceffone sul volto di un leader (capitano d'azienda, presidente del Milan...) più abituato a darle che a prenderle. Conseguenza di una decisione improvvida, quella di aprire la crisi di Governo, che a gran parte degli italiani (oltre che a parte significativa del PdL) è parsa solo il gesto disperato di un uomo che non sa accettare la condanna inflittagli dalla magistratura.

Non c'è stato giornale, a parte quelli "di famiglia", che abbia approvato l'iniziativa. Non c'è stata categoria professionale, associazione o gruppo che non l'abbia criticata e non abbia manifestato timori per il futuro del Paese. E questa è la seconda delle "prima volte" di Berlusconi: nell'ira per la sorte personale, il Cavaliere ha perso la leggendaria capacità di mettersi in sintonia con gli umori del Paese, di intercettarne le pulsioni segrete, di cavalcare l'onda. E' questa la prima ragione dell'odierna sconfitta, assai più delle contromosse del cosiddetto "partito della stabilità" che molti considerano capitanato dal presidente Napolitano.

E poi la terza delle "prima volte": il club di Arcore, il cerchio magico dei fedelissimi, il "metodo Boffo", i falchi del "meno male che Silvio c'è" non riescono più a intimidare gli altri, a trascinarli sulle posizioni del Capo. Non è poco, anzi è moltissimo, per quello che fu il "partito azienda" e che in ogni caso è un partito fortemente plasmato sulla personalità del leader-proprietario, non a caso impegnato nei giorni scorsi a battersi in Commissione contro l'idea di un tetto al finaziamento privato dei partiti.

Da qui a dare per spenta la stella di Berlusconi corre ancora molta strada. Il Cavaliere è abile, astuto, sa essere spietato, dispone di molti mezzi e di un seguito ancora corposo. Anche lui, però, farà fatica ad assorbire la lezione di questi giorni.



 

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