Bisogna spezzare il circolo vizioso della corsa agli armamenti tecnologicamente sempre più evoluti, come i droni, i soldati robot o i carri armati che si muovono (e sparano) da soli, comandati a distanza. Traducendo in un atto politico-diplomatico i ripetuti appelli di papa Francesco lo ha chiesto monsignor Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, incontrando sulle armi letali autonome, tenutosi ieri alle Nazioni Unite.
La Santa Sede ha auspicato «un’azione collettiva per fermare lo sviluppo e l’utilizzo» di questi sistemi d'arma, avvertendo che «quando una reazione arriva tardi», come nel caso delle armi chimiche o nucleari, «il costo in vite umane diventa enorme». L’osservatore vaticano presso l’Onu di Ginevra ha inoltre sottolineato un concetto: l’uso di queste armi ipertecnologiche, non guidate dall’uomo, «non protegge dagli attacchi e dal terrorismo di ogni genere, perpetrato da persone che usano metodi rudimentali, ma sono pronte a sacrificare la propria vita». L’equilibro del terrore nucleare, ha soggiunto, ha mostrato i suoi i limiti e «con la ricerca e lo sviluppo delle armi letali autonome, siamo ancora in una logica che non porta frutti».
Monsignor Jurkovič ha inoltre ammonito che investire in queste armi «non contribuisce alla difesa della pace», ma rappresenta un «progressivo incitamento alla guerra». «Se vogliamo la pace – ha detto il diplomatico vaticano – dobbiamo non solo evitare di accumulare armi, ma dobbiamo anche convertire le menti». La pace, ha ripreso, deve nascere dalla mutua fiducia tra i popoli e le nazioni, non dal terrore delle armi. La vera guerra da vincere, ha concluso, è quella per la giustizia, i diritti umani, il rispetto delle minoranze e lo sviluppo integrale.
Ai «pericoli di sistemi di armi letali autonome», nel novembre scorso era già stato dedicato - a Bruxelles - un dibattito organizzato dal segretariato della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece). Si trattava già allora delle “armi robotiche” che, con i rapidi passi avanti della tecnologia, sono destinate sempre più a decidere della vita e della morte nei conflitti, armi che «rappresentano una delle più grandi sfide della coesistenza pacifica dei popoli» e pongono problemi sia «dal punto di vista del diritto internazionale, sia sulla politica di sicurezza degli Stati, ma soprattutto sul piano etico». Nel 2013 è stata avviata la campagna internazionale “Stop Killer Robots” per la messa al bando preventiva di questi armamenti, sostenuta da una serie di Ong tra cui Pax Christi.