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venerdì 24 gennaio 2025
 
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E la Luna bussò: Armstrong e il suo messaggio di pace

17/07/2019  Lo scrittore e giornalista scientifico Piero Bianucci ricorda lo storico evento e il suo impatto nelle relazioni internazionali dell'epoca. Una curiosità: il 20 luglio 1969, per i primi passi dell'uomo sulla Luna fu scelto l’unico non militare. Un tacito segnale...

Seicento milioni di persone davanti alla Tv. Il 20 luglio 1969 lo sbarco sulla Luna, diffuso in mondovisione, fu il primo evento globale. Immagini nebbiose, voci gracchianti tra gli astronauti nel Mare della Tranquillità e la sala di controllo a Houston, Texas. Tocca al comandante Neil Armstrong, 39 anni, scendere per primo. Deve farlo inginocchiandosi sull’orlo del portello e voltando le spalle all’ignoto. Sulla Luna si arriva genuflessi. Sei gradini lo separano dal suolo lunare. Saggia il terreno con il piede sinistro e lo ritrae. Poi lo appoggia. Non è sabbia mobile come temeva sua moglie Janet e Neil imprime la prima orma umana su un altro mondo. «Questo», dice, «è un piccolo passo per un uomo ma è un grande balzo per l’umanità». Un uomo o l’Uomo? Non si chiarirà mai. Una scarica disturbò la trasmissione. La Nasa scelse la versione “un uomo”, meno solenne. Armstrong dirà che forse per l’emozione non pronunciò l’articolo. Con sé portava il braccialetto della figlioletta Karen, morta a due anni per un tumore al cervello. Lo lascerà sulla Luna.

Dopo 19 minuti tocca a Buzz Aldrin. Pativa di essere il secondo. Ma Armstrong non è un militare: il messaggio deve essere di pace. C’è anche un motivo pratico: il suo posto è accanto al portello e negli angusti cinque metri cubi del modulo lunare (Lem) Aldrin non potrebbe scavalcarlo. Imprevedibile, stravagante, esibizionista, Buzz rivendicherà un altro record: si vanterà di essere stato il primo uomo a soddisfare sulla Luna una piccola necessità fisiologica. Tornato con i piedi per terra, ha avuto guai di alcol e psicofarmaci e nella sua vita si sono succedute tre mogli. «Buzz sa andare sulla Luna» diceva l’ultima, «ma non sa usare la macchina del caffè». Ora, a 89 anni, è in causa contro i figli che chiedono una dichiarazione di infermità mentale.

In orbita lunare, solitario, c’era Michael Collins. Vent’anni dopo mi dirà: «Non ho mai pensato a essere il primo, pensavo ai tanti astronauti scartati nelle selezioni. Mi sentivo un privilegiato». Che rapporti potevano avere tre uomini così diversi mentre viaggiavano a 400 mila chilometri dalla Terra? «Eravamo tre cordiali estranei» è la risposta di Collins.

Mentre l’Apollo 11 tagliava il traguardo, i russi si ritiravano dalla gara. Sergej Korolev aveva progettato il razzo N1, quasi identico al Saturno 5 disegnato da Wernher von Braun per le missioni Apollo, ma era morto in circostanze oscure nel 1966 dopo un intervento chirurgico e il capo del Cremlino Kruscev l’aveva sostituito con un suo fedelissimo di scarse capacità. Quattro tentativi di lancio dell’N1 fallirono. L’esplosione più catastrofica avvenne il 3 luglio 1969, tredici giorni prima della partenza dell’Apollo 11.

Aveva visto bene il presidente Kennedy nel 1961 spostando nello spazio la guerra fredda tra le due superpotenze che allora si spartivano il mondo. Mosca e Washington avevano accumulato negli arsenali 50 mila testate nucleari, i test atomici erano quasi quotidiani. La sfida per la Luna diventò una guerra simbolica, combattuta a colpi di coraggio e di tecnologia.

Paradossalmente, fu l’avvio di trent’anni di convivenza pacifica. Tra il 1969 e il dicembre 1972 dodici americani esplorarono la Luna in sei siti geologicamente diversi. Con l’Apollo 17 l’epopea lunare finì, nel 1975 una capsula Apollo si congiunse in orbita con una Sojuz sovietica, astronauti e cosmonauti si abbracciarono. Oggi sulla Stazione spaziale internazionale (Iss) collaborano americani, russi, europei, canadesi, giapponesi. A oggi 236 persone di 18 Paesi hanno visitato la Iss, che resterà in funzione fino al 2030.

Ma mezzo secolo dopo il primo sbarco la mappa geopolitica è cambiata. Allora il mondo era bipolare, oggi si confrontano Stati Uniti, Cina, Russia, Europa e India. Nel 1969 la popolazione globale era di 3,6 miliardi di persone, oggi è più del doppio. Internet offre un formidabi le mezzo di interscambio ma avvelena la comunicazione mettendo in difficoltà le democrazie liberali.

Tutti hanno piani per colonizzare la Luna. Sei mesi fa Pechino ha stabilito un primato assoluto: atterraggio morbido sulla faccia nascosta, un laboratorio dove sono germogliati dei semi, un rover per esplorare i dintorni. Il tredicesimo uomo a camminare sulla Luna potrebbe essere un cinese, 2026 la data prevista. Reazione di Trump: gli americani torneranno lassù nel 2024. Intanto con il contributo dell’Europa si progetta una stazione spaziale in orbita lunare e il capitale privato subentra alla Nasa: Elon Musk dispone di un razzo capace di tornare automaticamente su una piattaforma e parla di turismo spaziale. La Luna diventa sempre meno romantica.

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