L’oggetto più importante per un migrante o un rifugiato è il telefono. Lì dentro, ormai, può esserci tutta una vita ed è l’unico strumento per restare collegati con il mondo, soprattutto con quelli che sono stati lasciati a casa, o magari con coloro che si desidera raggiungere.
Ma il telefono a volte si perde, a volta non funziona. E serve una scheda. Così, per facilitare le comunicazioni dei rifugiati, richiedenti asilo e migranti, per un mese ha girato l’Italia il “Tracing bus” con le insegne della Croce Rossa Italiana. Con il supporto di operatori e volontari della CRI sono state realizzate 1.929 telefonate di tre minuti ciascuna per raggiungere familiari e parenti. Il 60 per cento delle telefonate ha avuto successo, così decine di persone hanno potuto raccontare ai loro cari le loro peripezie. Come Aisha, una ragazza della Costa d’Avorio, che ha pregato al madre di fermare le ragazze che vogliono intraprendere il suo stesso viaggio, “perché in Libia è un inferno”.
“Le persone sono arrivate da noi con i numeri scritti su pezzetti di carta, magari ricoperti con il cellophane per proteggerli dall’acqua. Per loro quei numeri erano preziosissimi”, racconta Francesco Montrone, responsabile del progetto. Il progetto “Tracing Bus” è stato ideato dalla Croce Rossa olandese e reso possibile grazie a una collaborazione con Vodafone Olanda. Il camper con targa olandese è stato messo a disposizione della CRI dalla fine di gennaio e da allora il camper ha cominciato il suo viaggio. Sono stati toccati luoghi di confine come Ventimiglia, Como e Lampedusa. Il tragitto si è concluso a Roma il 6 marzo, nella sede della Croce Rossa Italiana di via Ramazzini, dove sono ospitati diversi migranti. Nell’ultimo giorno di attività del camper sono state realizzate telefonate 169 telefonate (di cui 68 andate a buon fine). Ora si spera di poter rinnovare e ampliare il progetto.