La società cambia e le relazioni familiari e la vita delle persone si adeguano a questi mutamenti. Il Centro Studi sulla famiglia dell'Università cattolica di Milano da sempre attento interprete dei fenomeni sociali e dopo aver individuato fenomeni come "la famiglia lunga del giovane adulto", come nuova forma familiare, e appunto il "giovane adulto" come nuova fase del ciclo di vita delle persone, sta compendo degli interessanti approfondimenti su una nuova età della vita, quella dei "giovani anziani" profilo di cui fanno parte sempre più persone che mostrano forte attenzione agli altri, dai nonni ai caregiver, cioè coloro che si prendono cura di persone più anziane di loro (spesso gli stessi genitori ancora in vita), o di malati o di soggetto comunque bisognosi di aiuto, sino ai volontari, sempre più numerosi in queste fasce d'età.
Giovanna Rossi e Donatella Bramanti, hanno svolto un’interessante sviluppo di riflessione con un'ampia ricerca di Ateneo realizzata in Università Cattolica tra il 2013 e il 2014 e intitolata "Non mi ritiro: l’allungamento della vita, una sfida per le generazioni, un’opportunità per la società" (che ha consentito la raccolta di informazioni su 900 anziani tra i 65 e i 74 anni), L’ approfondimento sugli scambi tra generazioni ha mostrato risultati interessanti sul tema della solidarietà intergenerazionale.
Dalle risposte degli anziani intervistati emergono infatti elementi che ci spingono a ripensare il concetto di benessere nelle fasi avanzate della vita, evitando di limitarsi agli aspetti fisici della salute e alla concretezza della situazione economica e tenendo conto di anche dell'aspetto relazionale.
Dai dati sui tre profili secondo le attività di cui i giovani anziani sono protagonisti, delineati da Giovanna Rossi e Donatella Bramanti (l’accudimento e la cura dei nipoti; la funzione di caregiver nei confronti di grandi anziani over 75 anni; la partecipazione attiva ad azioni di volontariato in ambito associativi), emerge che i nonni rappresentano un sottogruppo prevalentemente presente al Sud, i care-giver nel Nord-Est e i volontari nel Nord-Ovest. Mentre la funzione di nonno è in prevalenza al femminile, per i caregiver e i volontari è stata evidenziata una leggera prevalenza di uomini, una trasformazione in atto, registrata anche a livello europeo.
Ma la cosa più interessante è che tutti gli anziani dei tre gruppi segnalano che il loro impegno è ciò che li fa sentire meno vecchi dei coetanei. Emerge anche come particolarmente significativo l’indice di gratuità, particolarmente elevato nel gruppo dei nonni, che sperimentano un forte senso di gratitudine nei confronti della vita e della presenza di figli e nipoti: «Per essi la famiglia appare la risorsa centrale nella propria esistenza di vita anziana in cui vivono da protagonisti. Una risorsa che facilita la disponibilità all’impegno verso i più piccoli e verso gli altri in generale», spiegano la Rossi e la Bramanti.
Per quanto riguarda lo scambio tra generazioni il rapporto può variare a ritmo alternato nel corso della vita, ma tutti gli anziani considerati hanno dichiarato di aver dato “un pochino di più” di quanto hanno ricevuto dai figli anche se il riscontro dei dati dimostra che sono vicini a considerare il rapporto bilanciato.
Le ricercatrici hanno sondato, infine, anche il tema delle paure di queste persone che riguardano soprattutto il decadimento fisico, un timore che tuttavia tocca soprattutto il gruppo di coloro che si occupano a loro volta di grandi anziani, rispetto ai nonni, che si dimostrano anche meno preoccupati della solitudine. «E’ come se i caregiver», spiegano, «vedessero prefigurato lo scenario che li attende dalla vicinanza quotidiana con persone molto malate o molto anziane e comunque non autosufficienti».
I nonni da parte loro sottolineano l’importanza della famiglia e della relazione di coppia per vivere bene la vecchiaia e la malattia viene considerata per l’aspetto che spinge a preoccuparsi di pesare in quel caso sugli altri membri della famiglia perché, confessano, non vorrebbero sentirsi soggetti dipendenti e da aiutare.
I volontari, invece, non inaspettatamente, risultano meno preoccupati per il futuro rispetto ai coetanei. Ma per tutti indistintamente la sicurezza di sentirsi parte di una rete e l’investimento sulle relazioni appare come portatore di benessere e soddisfazione.