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domenica 01 dicembre 2024
 
 
Benessere

Artrosi, prevenzione e cura: cosa fare in 13 punti

23/06/2016  Oltre ai codroprotettori, molto utili per proteggere e nutrire la cartilagine, e agli integratori, come quelli a base di curcuma, c’è la viscosupplementazione sotto guida ecografica, una nuova tecnica con grandi bene ci sul dolore, che utilizza l’acido ialuronico.

Sono cinque milioni gli italiani che soffrono di artrosi, una patologia degenerativa che ha un’evoluzione lenta e che consiste nel consumo della cartilagine. Una delle articolazioni più colpite è la spalla. Oltre i 65 anni di età, o in persone con una certa predisposizione, la cartilagine della spalla può, infatti, andare incontro a usura, provocando dolore, rigidità e limitazione delle normali attività quotidiane. Oggi, fortunatamente, ci sono nuove terapie e nuove protesi, come spiega il dottor Andrea Lisai, specialista in Chirurgia della spalla del Centro nazionale artrosi, ospite della trasmissione Il mio medico di Tv2000.

Che cosa succede quando la spalla viene colpita da una grave artrosi?

«La spalla è senza dubbio l’articolazione più complessa del corpo umano ed è anche la più mobile: quando è sana, ci consente di dedicarci ai nostri sport e hobby preferiti, così come di provvedere alle basilari attività della vita quotidiana (infilarsi una giacca, pettinarsi, stirare...). Quando questa articolazione viene colpita dall’artrosi, il paziente lamenta un dolore invalidante e una progressiva rigidità: tutti quei movimenti che prima erano semplici e naturali, diventano limitati e dolorosi».

In che cosa consiste l’artrosi?

«Possiamo immaginare che il movimento della spalla sia consentito da due “ingranaggi” (capi articolari, in linguaggio medico): la testa dell’omero e la glena della scapola. Essi sono rivestiti da un sottile “cuscinetto”, la cartilagine, che consente loro di articolarsi senza attrito e senza dolore. L’artrosi consiste nell’usura di questo “cuscinetto”, con conseguente creazione di “attrito”, e quindi di dolore».

Quali sono le cause dell’artrosi?

«Nella maggior parte dei casi, la patologia artrosica è genetica, cioè “scritta nei nostri geni”; in altri casi, invece, è la conseguenza di una frattura complessa della spalla, di una rottura importante e trascurata della cuffia dei rotatori o di una malattia reumatologica».

Quali sono i sintomi?

«Il dolore acuto, anche notturno, e la progressiva perdita dell’articolarità, ossia del movimento. Inoltre, il paziente può udire degli scrosci articolari, veri e propri rumori generati dal movimento della spalla».

Ci sono dei fattori di rischio?

«Quelli non modificabili sono l’età, il sesso femminile e la familiarità. Quelli, invece, sui quali si può agire sono sovrappeso e obesità, esposizione a stress meccanici (lavori usuranti), stile di vita non corretto, sedentarietà, cattive posture».

Quali sono gli accertamenti da fare?

«La semplice radiografia della spalla da sola è sufficiente per definire diagnosi e grado di danno articolare. Nell’ipotesi di una soluzione chirurgica, è consigliabile eseguire una Risonanza magnetica e una Tac. È comunque opportuno rivolgersi a uno specialista per valutare una terapia efficace per il proprio caso».

Quali sono le terapie conservative?

«Le terapie conservative possono prolungare, in alcuni casi anche di anni, il ricorso all’intervento di protesi. Tra queste sono utili, se assunti sotto controllo medico, i cosiddetti “codroprotettori”, cioè sostanze come la glucosamina e il condroitinsolfato che proteggono e nutrono la cartilagine; oppure, gli integratori a base di altre sostanze naturali (come la boswellia serrata, la curcuma...). L’attività di un bravo fisioterapista è fondamentale per rallentare la progressione della patologia. Infine, una terapia con enormi benefici è la cosiddetta “viscosupplementazione” sotto guida ecografica, consigliabile soprattutto negli stadi iniziali».

In che cosa consiste nello specifico?

«Da alcuni anni, abbiamo a disposizione una sostanza viscosa, inerte, atossica che è l’acido ialuronico, che è possibile “introdurre” nelle articolazioni attraverso le infiltrazioni intrarticolari: grazie alla sua azione lubrificante, i due “ingranaggi” della nostra spalla, seppur consumati, possono scorrere tra di loro in maniera più fluida e, quindi, provocando meno dolore. Esistono diversi tipi di acidi ialuronici, più o meno viscosi e con meccanismi d’azione differenti: il compito dell’ortopedico specialista della spalla è proprio quello di identificare la soluzione più efficace per il singolo paziente, sulla base delle immagini radiografiche e di una visita accurata. Oltre alla scelta della sostanza utilizzata, è poi fondamentale anche la tecnica con la quale si esegue l’infiltrazione intrarticolare: non si tratta, infatti, di un gesto banale, soprattutto perché lo spazio nel quale il liquido deve essere iniettato è piuttosto ridotto (pochi millimetri),
proprio a causa dell’artrosi. Pertanto, consiglio, e personalmente eseguo, questo tipo di infiltrazione sotto guida ecografica, in modo da essere assolutamente certo di iniettare l’acido ialuronico laddove deve svolgere la sua azione lubrificante».

In alcuni casi, però, può rendersi necessario l’intervento chirurgico. Quali sono le novità più importanti?

«Quando le terapie conservative non producono effetti benefici per il paziente, si rende necessario l’intervento chirurgico protesico: in parole semplici, si sostituiscono i due “ingranaggi” della spalla ormai consumati con due nuovi, che costituiscono, appunto, la protesi. Oggi, abbiamo a disposizione protesi sempre più affidabili, costituite da materiali innovativi, resistenti e di dimensioni sempre minori. La grossa novità degli ultimi anni, in particolare, è la cosiddetta tecnica Psi (Patient specific instruments)».

In che cosa consiste la Psi

«Si tratta di una tecnica innovativa che sfrutta software e stampanti tridimensionali grazie ai quali è possibile personalizzare, per così dire “cucire su misura” sul singolo paziente, gli strumenti utilizzati per impiantare la sua protesi. Il procedimento è molto semplice: il paziente esegue una Tac che il chirurgo della spalla, attraverso un software, utilizzerà per simulare l’impianto della protesi: un po’ come succede con i piloti di Formula 1, che studiano e perfezionano la propria gara attraverso specifici simulatori computerizzati. Sulla base delle informazioni raccolte da questo software, una stampante tridimensionale produrrà delle mascherine che il medico utilizzerà nel corso dell’intervento chirurgico per impiantare la protesi. Studi scientifici dimostrano che, grazie a questa tecnica, si riducono i rischi di mal posizionamento e i tempi chirurgici dell’operazione».

Come si svolge l’intervento e in che modo si inserisce la protesi?

«Si esegue una incisione di pochi centimetri nella regione anteriore della spalla e si procede con l’asportazione della parte colpita da artrosi nella testa omerale e nella glena, sostituendole con delle componenti di metallo e polietilene in grado di articolarsi tra di loro senza più attrito».

Quali sono i tempi di ripresa?

«Quelli per una protesi inversa, ovvero la tecnica utilizzata più frequentemente, sono molto rapidi: dal giorno successivo all’intervento si iniziano a eseguire semplici esercizi di mobilizzazione attiva e passiva e, già dopo 30-40 giorni, alcuni pazienti, che prima non potevano nemmeno alzare il braccio, sono già in grado di pettinarsi».

La prevenzione è possibile?

«Non solo è possibile, ma deve essere, secondo me, uno degli obbiettivi principali dell’attività quotidiana di noi medici: personalmente, nel corso delle mie visite, mi piace dedicare qualche minuto all’analisi dello stile di vita, dell’attività fisica e dell’alimentazione del paziente che ho di fronte. Altra cosa importante: non trascuriamo la salute della spalla. Se, ad esempio, compaiono dolori o limitazioni funzionali, rivolgiamoci subito a un esperto di questa articolazione, non eseguiamo terapie “a caso” soltanto perché consigliate dal nostro vicino di casa. Un caso tra tutti: una rottura della cuffia dei rotatori, come quella del tendine sovraspinato o del sottoscapolare, se trascurata, o se trattata in maniera inefficace, può determinare, nel lungo periodo, la comparsa di una degenerazione importante della cartilagine e, quindi, la necessità di un intervento protesico. Se, al contrario, quel tendine rotto fosse tempestivamente riconosciuto e “ricucito” con le moderne tecniche artroscopiche, la spalla riacquisirebbe la sua funzionalità e si interromperebbe il processo degenerativo: quindi, il paziente non sarebbe più condannato a una protesi a distanza di anni. Il messaggio che cerco di dare ai miei pazienti è il seguente: non è vero che non si può fare nulla per  l’artrosi. Invece, dobbiamo riconoscere per tempo questa malattia e, così facendo, possiamo “dominarla”, cioè renderla meno invalidante o, nei casi ormai avanzati, possiamo comunque “vincerla”, almeno localmente, con l’impianto di una protesi ben posizionata grazie all’accuratezza che la tecnologia moderna ci offre. La spalla è l’articolazione più vicina al nostro orecchio: quindi, “ascoltiamola”»!

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