Cari amici lettori, ancora una volta ci tocca assistere a un disastro naturale come l’alluvione che ha colpito in questi giorni diverse zone dell’Emilia: 14 morti, oltre 36.000 persone sfollate, danni enormi di cui fare la conta. Come in altre occasioni, si è messa in moto anche la macchina della solidarietà, compresa quella di matrice ecclesiale.
È un evento che ha cause remote (il cambiamento climatico provocato dall’aumento delle emissioni di CO2) e cause più prossime (la scarsa cura del territorio). Ma, al di là delle responsabilità dirette, è una vicenda che interpella la coscienza di tutti, perché cominciamo a renderci conto sempre meglio delle connessioni tra azioni umane ed eventi meteo estremi, aumentati vertiginosamente in pochi anni nelle nostre zone. E interpella anche noi credenti, perché se «del Signore è la terra», agli uomini spetta il compito di coltivarla e custodirla (Genesi 2,15), non di sfruttarla indiscriminatamente. Il tema ecologico, con tutte le sue connessioni (ambientali, umane, scientifiche, morali) è stato sollevato con forza da papa Francesco con l’enciclica Laudato si’.
Le parole iniziali dell’enciclica sono sempre valide: «Questa sorella [la madre terra, ndr] protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla» (n. 2). E aggiunge: «La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi». È importante la connessione qui accennata, e poi sviluppata in tutto il documento, tra fattore umano (dunque la libertà dell’uomo e il suo uso, buono o cattivo) e il “grido della terra”.
Non a caso la parola “responsabilità” (con i suoi corollari di amore, cura ecc.) è una delle più ricorrenti in Laudato si’. Responsabilità per l’ambiente vuol dire anche responsabilità nei confronti dei nostri simili oggi e nelle generazioni a venire. Una responsabilità che ha una dimensione non solo personale ma anche comunitaria e che si deve tradurre in atteggiamenti e scelte concrete (sobrietà, umiltà…).
Per questo motivo, possiamo fare forse qualcosa di più come parrocchie. Contando il numero di comunità cristiane sul territorio e il potenziale che esse racchiudono, avremmo a disposizione un potenziale di cambiamento non piccolo. Come cristiani, abbiamo risorse di pensiero e di motivazioni per contribuire a far cambiare rotta alla società. Penso, ad esempio, alle parrocchie che si stanno attrezzando per essere carbon free e per adeguare le proprie strutture in modo che siano ecosostenibili.
Non sono poche le iniziative sparse sul territorio (ad esempio https://azionecattolica.it/parrocchie-ecologiche-contest-di-progettazione-sociale/). La Focsiv ha redatto già nel 2018 una Guida per comunità e parrocchie ecologiche (https://www.focsiv. it/guida-per-comunita-e-parrocchie-ecologiche/), che offre molti spunti di pensiero e di azione. Ormai è troppo tardi per piangere sul latte versato della tragedia di questa nuova alluvione. Ma può essere finalmente l’occasione per riappropriarci di uno sguardo di fede sul problema ambientale, mettendo mano in modo più deciso a iniziative in cui anche noi possiamo fare la nostra piccola, grande parte.