Asia Bibi resta in carcere e la condanna alla pena capitale continua a pendere sulla sua testa. Giovedì 16 ottobre, l’Alta Corte di Lahore, tribunale di secondo grado, ha confermato la sentenza di morte per la donna cristiana pakistana accusata di blasfemia e condannata in primo grado nel 2010. Gli avvocati del pool difensivo della donna hanno riferito all’agenzia vaticana Fides che il ricorso presentato dalla difesa è stato respinto.
Nell’udienza tenutasi a Lahore, davanti al collegio presieduto dal giudice Anwar ul Haq, la difesa ha presentato le sue argomentazioni scritte che smascheravano testimoni poco credibili e la palese costruzione di false accuse. “Ma il giudice - hanno riferito i legali - ha ritenuto valide e credibili le accuse delle due donne musulmane (due sorelle) che hanno testimoniato sulla presunta blasfemia commessa da Asia. Sono le due donne con cui Asia aveva avuto l’alterco e da cui è nato l'intero caso”. La delusione è tanta, ma la difesa non si fermerà: Asia, hanno annunciato gli avvocati, d'accordo con i familiari, ricorrerà alla Corte Suprema, terzo e ultimo grado di giudizio in Pakistan.
Resta la frustrazione perchè - ha notato Naeem Shakir, un degli avvocati in aula giovedì 16 ottobre - quella del complotto era ben più di una ipotesi. Evidente per un fatto ben preciso: la denuncia a carico della donna è avvenuta il 19 giugno 2010, cinque giorni dopo il verificarsi del presunto atto di blasfemia (accaduto il 14 giugno). E la dichiarazione del denunciante (l'imam della moschea locale) si basa sul "sentito dire", dato che l’uomo non era presente all’alterco in cui Asia avrebbe insultato il Profeta. Insomma, gli avvocati erano piuttosto fiduciosi di aver demolito il fragile impianto accusatorio. Fino alla brutta sorpresa del verdetto. Asia è stata condannata a morte il 18 novembre 2010.
Fermiamo la condanna di Asia Bibi
Il suo caso ha generato nel Paese e nella comunità internazionale un ampio dibattito e due uomini politici che hanno cercato di difenderla, dichiarando la sua innocenza, sono stati uccisi in Pakistan:
il musulmano Salman Taseer, governatore della provincia del Punjab, ucciso il 4 gennaio 2011 e il cattolico Shabaz Bhatti, allora Ministro federale delle minoranze, assassinato il 2 marzo 2011. I due stavano sollecitando un riesame della legge sulla blasfemia, divenuta "mezzo di oppressione” a causa dell'uso strumentale che ne fanno gli estremisti islamici.
Continua la mobilitazione a livello mondiale.
Ricordiamo che il 17 novembre 2009, al termine dell'udienza generale del mercoledì, papa Benedetto XVI espresse “vicinanza ad
Asia Bibi e i suoi familiari”, chiedendo che “al più presto” le venisse
“restituita la libertà”. Associazioni, enti ed organismi che si battono per la difesa della libertà religiosa, uno dei diritti fondamentali ed inalienabili dell'uomo, moltiplicano le loro prese di posizioni. Tra le campagne di protesta anche quella di
Famiglia Cristiana.