La speranza è viva e la preghiera l'alimenta: dopo la conferma
della condanna a morte per Asia Bibi, la donna cristiana vittima di
false accuse di blasfemia, la Chiesa in Pakistan esprime tutta la sua
vicinanza e solidarietà.
Domenica 19 ottobre, Giornata missionaria mondiale, durante le Messe celebrate in Pakistan si prega per Asia e per la sua famiglia, segnata da una
sofferenza che dura ormai da cinque anni.
Tra l'altro, il calvario di Asia Bibi si preannuncia ancora lungo,
dato che per un ricorso alla Corte Suprema - che gli avvocati
depositeranno entro trenta giorni dal verdetto di appello - i tempi
previsti sono piuttosto dilatati: si parla di un minimo di
tre anni, nei quali Asia continuerà a soggiornare nel braccio della
morte nella prigione femminile di Multan.
Tuttavia "bisogna continuare a pregare e sperare, non è detta l’ultima parola”, ha rimarcato all’agenzia
Fides Yousaf Emmanuel, direttore della Commissione nazionale
"Giustizia e pace" dei vescovi pakistani e parroco a Lahore. Il
sacerdote, riferendo la delusione della comunità cristiana, tiene
ricordare i casi in cui la Corte Suprema ha ribaltato le
sentenze emesse nei gradi precedenti di giudizio.
Nota è, ad esempio, la vicenda di Ayub Masih, un cristiano
anch’egli condannato a morte per blasfemia e salvato proprio grazie al
verdetto assolutorio della Corte suprema.
Le vittime dell'ingiustizia sono molte in Pakistan e "gli
innocenti in carcere sono immagine del Cristo sofferente”, ricorda
Yousaf, riaffermando una prospettiva di fede, la stessa che Asia vive
nel suo isolamento.
Alla preghiera che il 19 ottobre vivono le comunità pakistane, "si
uniscano i fedeli di tutto il mondo": è l'auspicio espresso dal vescovo
di Islamabad-Rawalpindi, monsignor Rufin Anthony, addolorato per la decisione
dell'Alta Corte di Lahore, definita "straziante". La
mobilitazione e il sostegno internazionale potrebbero
rivelarsi importanti in questa vicenda.
Anche il vescovo indiano Thomas Dabre, guardando la vicenda con
l'occhio di un osservatore esterno, si dice "profondamente scioccato e
rattristato per la confermare della condanna a morte di Asia Bibi".
In un intervento pubblicato su Asianews, Dabre afferma:
"Tutti devono poter seguire la propria religione. Condanno nel modo più
assoluto la sentenza, perché va contro la dignità umana e contro tutte
le leggi, non solo internazionali. È una violazione
dei diritti umani".
La legge di blasfemia , secondo il vescovo indiano, "è contraria
allo spirito umano, perché rivela una mentalità medievale e obsoleta".
Per questo, aggiunge "è un abuso di potere comminare simili
sentenze". Quella legge, dunque, andrebbe subito modificata.
Ma il governo di Islamabad, in questo periodo impegnato a gestire
turbolenze politiche e proteste di piazza, non sembra proprio volersene
curare.