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martedì 03 ottobre 2023
 
 

Hassan: "La mia Siria senza Assad"

06/10/2014  Hassan, 38 anni, vive e lavora in Italia. Ma da qui cerca di aiutare chi si batte per una Siria più libera e democratica.

Hassan Degain (foto Zagnoli).
Hassan Degain (foto Zagnoli).

Da tre anni, in Siria è tutta una scia di sangue. E allora Hassan Degain, 38 anni, neanche piange per la morte del nipote Mamoud, 22enne, e in tutto per una trentina di parenti.Siamo una tribù di quasi 4mila persone - racconta -, tutte legate fra loro. Veniamo da Jarjaz, provincia di Edlib, nel nord.

Lavora a Reggio, al Rotani caffè, in circonvallazione. Alterna la gestione del locale al racconto emozionale del conflitto e quasi singhiozza. “Mamoud era figlio di Saha, mia sorella. Lavevano catturato una domenica pomeriggio, in provincia di Aleppo. E stato ucciso senza un processo, a sangue freddo, perchè semplice oppositore del regime.

- Quali sono le ragioni di questo conflitto?

E del popolo contro il presidente Bashar Al-Hassad. Anzi, non è più il nostro presidente, nè siamo più il suo popolo.

- Qual è il bilancio parziale?

In tre anni, sono state accertate oltre 200mila vittime, metà vicine al governo. Inoltre, ci sono 85mila scomparsi, arrestati dal 2011, e nessuno sa dove siano. Abbiamo sofferto tanto, anche a distanza, per la morte di tanti innocenti.

- Com’è iniziata?

Il 15 marzo del 2011, la popolazione uscì manifestando in maniera pacifica, per 7 mesi. Sino ad agosto, nessuno usava le armi, contro il regime. Finchè il tiranno replicò sparando, addosso alla gente, e allora per proteggersi le persone comuni hanno dovuto imbracciare i fucili.

- Chi è il leader dellopposizione?

Non esiste, perchè ogni città principale ne ha 1-2. Il conflitto proseguirà finchè il presidente farà la fine di Gheddafi. Quando verrà ucciso, tutto si calmerà, almeno parzialmente.

- Lei ha combattuto?

Avevo aiutato lesercito libero, facevo la guardia e portavo medicine, per lesercito della liberazione. Da Milano ad Aleppo. Nella mia famiglia, 4-5 sono consiglieri e contribuiscono a decidere le strategie, mentre 5 fratelli su 8 invece combattono: il più piccolo è a casa, ha 10 anni.

- Hassan, ma perchè non è in prima linea?

Tantissimi donano la loro vita per combattere. Mi hanno detto che sono più utile in Italia, nel raccogliere medicinali.

- Nel marzo 2012 avevo condotto il carico più significativo.

Mi colpirono le immagini della guerra su Al Jazeera e sulla Bbc World. Chi combatte soffre sempre la mancanza delle medicine, una parte della mia città era già stata liberata, a quel punto decisi di preparare il camion umanitario assieme a medici siriani, una macchina da Milano a Edlib. Anzi, ne riempii altre 2, pagando gli autisti.

- Un viaggio a inizio ottobre, due anni fa, il bis il mese successivo.

Cera pericolo a entrare in Siria, gli aiuti però erano attesissimi, con pasti artificiali per bambini, donati dagli italiani, e anche sostentamento per i militari. La spesa fu di 1500 euro, grazie ad amici e aziende ne ho  recuperati 1000. Ora gradiremmo che anche dal nord Italia partissero soldi per la Turchia, per acquistare due autoambulanze su cui si potrà anche operare.

 - Come finirà?

Non è immaginabile. Intanto si continua a combattere, a partire dalle altre città principali: Homs, Aleppo, Dara, Darayya e Al-Raqqa. Ci sono quasi 10mila stranieri che raggiungono la Siria e in particolare gli iraniani aiutano il regime. Si temono altri mesi di conflitti e lutti continui.

 
 
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