Assisi,
da uno dei nostri inviati
E'
arrivato in anticipo per stare più tempo con loro. Il Papa ha abbracciato uno
per uno gli ospiti del Seraficum,
l'istituto fondato nel 1871 dal frate francescano Ludovico da Casoria. Fondato
il 17 settembre, giorno nel quale San Francesco ricevette le stimmate perché,
nel pensiero del beato Ludovico, le piaghe di Cristo e del
Santo sono come prolungate negli ospiti accolti nell'istituto. Persone con gravi handicap fisici e mentali che arrivano qui da
tutta Italia per la riabilitazione.
"Qui, ogni giorno",
ha detto la direttrice Francesca Di Maolo, associandoli all'abbraccio di San
Francesco con i lebbrosi, "questi nostri fratelli prigionieri prigionieri
del buio, del silenzio, dell'immobilità,
affrontano con coraggio e forza le sfide della disabilità. In questo cammino
sono sorretti dagli operatori. Decidere di lavorare al Seraficum è, prima di
tutto, una scelta d'amore".
"Qui viviamo tra
le piaghe di Gesù. Qui caritas non è un dovere, ma un privilegio e un
dono", ha insistito la Di Maolo.
E il Papa, accolto dal calore dei ragazzi e dalle campane a
festa che hanno suonato a distesa per tutta Assisi dal momento dell'atterraggio
dell'elicottero (avvenuto attorno alle 7,30 circa), ha consegnato il discorso che aveva scritto al vescovo di
Assisi, ma ha voluto parlare a braccio.
"Siamo qui tra le piaghe di Gesù
ha detto lei, signora", ha esordito il Papa, "e queste piaghe hanno
bisogno di essere ascoltate e riconosciute. Mi viene in mente quando il Signore
Gesù andava con i due discepoli tristi e lui si è fatto riconoscere nell'ascolto
e nello spezzare il pane. Il mio fratello Domenico", ha continuato il Papa
guardando il vescovo monsignor Domenico Sorrentino, "mi diceva che qui si
fa l'adorazione. Anche quel pane ha bisogno di essere ascoltato perché Gesù è
nascosto dietro la semplicità e la mitezza di un pane ed è nascosto in
questi ragazzi. Sull'altare adoriamo la carne di Gesù, nei ragazzi troviamo
le sue piaghe".
E poi ha ricordato che "quando è risorto Gesù era bellissimo,
proprio bellissimo, ha soltanto voluto conservare le piaghe, le ha portate in
cielo. Le piaghe sono qui e sono davanti al Padre, noi curiamo le piaghe qui e
Gesù ci aspetta in cielo".
Nel discorso scritto, che si dà per letto, cioè si cita come se
fosse stato pronunciato, il Papa aveva raccontato un breve aneddoto su una lettera
che gli è arrivata dall'Argentina, da Nico, un
ragazzo disabile di 16 anni. Il ragazzo, che
ha chiesto ai suoi genitori di scrivere per lui che non può farlo, visto che il
Papa ha chiesto di pregare per lui, si è
rivolto al suo angelo custode, che si chiama Eusebio e lo ha pregato di avere
cura anche di papa Francesco:
"Sa farlo molto bene visto che si occupa di me da quando ero piccolo e quando
non ho sonno viene a giocare con me",
gli ha scritto il ragazzo.
"In questa lettera", ha scritto il Papa, "nel
cuore di questo ragazzo c’è la bellezza, l’amore, la poesia di Dio. Dio che si rivela a chi ha il cuore
semplice, ai piccoli, agli umili, a chi noi spesso consideriamo ultimi, anche a voi, cari amici: quel ragazzo quando non riesce ad
addormentarsi gioca con il suo Angelo Custode; è Dio che scende a giocare con lui".
Il Papa non ha perso occasione per tornare a soffermarsi
anche sulla cultura
dello scarto "che è opposta alla cultura dell’accoglienza. E le vittime
della cultura dello scarto sono proprio le persone più deboli, più fragili. In
questa Casa invece vedo in azione la cultura dell’accoglienza. Certo, anche qui non sarà tutto perfetto, ma si collabora
insieme per la vita dignitosa di persone con gravi difficoltà. Grazie per
questo segno di amore che ci offrite: questo è il segno della vera civiltà,
umana e cristiana! Mettere al centro dell’attenzione sociale e politica le
persone più svantaggiate! A volte invece le famiglie si trovano sole nel farsi
carico di loro. C
he cosa fare? Da questo luogo in cui si vede l’amore concreto,
dico a tutti: moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza, opere
anzitutto animate da un profondo amore cristiano, amore a Cristo Crocifisso,
alla carne di Cristo, opere in cui si uniscano la professionalità, il lavoro
qualificato e giustamente retribuito, con il volontariato, un tesoro
prezioso".