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martedì 10 settembre 2024
 
 

Il Papa ad Assisi:
"Ricominciare dagli ultimi"

04/10/2013  La prima tappa di papa Francesco, ad Assisi dalle 7,30, è il Seraficum, l'istituto, un vero polo d'eccellenza, che ospita persone con gravi handicap fisici e mentali.

Assisi,
da uno dei nostri inviati 

E' arrivato in anticipo per stare più tempo con loro. Il Papa ha abbracciato uno per uno gli ospiti del Seraficum, l'istituto fondato nel 1871 dal frate francescano Ludovico da Casoria. Fondato il 17 settembre, giorno nel quale San Francesco ricevette le stimmate perché, nel pensiero del beato Ludovico, le piaghe di Cristo e del Santo sono come prolungate negli ospiti accolti nell'istituto. Persone con gravi handicap fisici e mentali che arrivano qui da tutta Italia per la riabilitazione.

"Qui, ogni giorno", ha detto la direttrice Francesca Di Maolo, associandoli all'abbraccio di San Francesco con i lebbrosi, "questi nostri fratelli prigionieri prigionieri del buio, del silenzio, dell'immobilità, affrontano con coraggio e forza le sfide della disabilità. In questo cammino sono sorretti dagli operatori. Decidere di lavorare al Seraficum è, prima di tutto, una scelta d'amore". "Qui viviamo tra le piaghe di Gesù. Qui caritas non è un dovere, ma un privilegio e un dono", ha insistito la Di Maolo.

E il Papa, accolto dal calore dei ragazzi e dalle campane a festa che hanno suonato a distesa per tutta Assisi dal momento dell'atterraggio dell'elicottero (avvenuto attorno alle 7,30 circa), ha consegnato il discorso che aveva scritto al vescovo di Assisi, ma ha voluto parlare a braccio. "Siamo qui tra le piaghe di Gesù ha detto lei, signora", ha esordito il Papa, "e queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate e riconosciute. Mi viene in mente quando il Signore Gesù andava con i due discepoli tristi e lui si è fatto riconoscere nell'ascolto e nello spezzare il pane. Il mio fratello Domenico", ha continuato il Papa guardando il vescovo monsignor Domenico Sorrentino, "mi diceva che qui si fa l'adorazione. Anche quel pane ha bisogno di essere ascoltato perché Gesù è nascosto dietro la semplicità e la mitezza di un pane ed è nascosto in questi ragazzi. Sull'altare adoriamo la carne di Gesù, nei ragazzi troviamo le sue piaghe". E poi ha ricordato che "quando è risorto Gesù era bellissimo, proprio bellissimo, ha soltanto voluto conservare le piaghe, le ha portate in cielo. Le piaghe sono qui e sono davanti al Padre, noi curiamo le piaghe qui e Gesù ci aspetta in cielo".

Nel discorso scritto, che si dà per letto, cioè si cita come se fosse stato pronunciato, il Papa aveva raccontato un breve aneddoto su una lettera che gli è arrivata dall'Argentina, da Nico, un ragazzo disabile di 16 anni. Il ragazzo, che ha chiesto ai suoi genitori di scrivere per lui che non può farlo, visto che il Papa ha chiesto di pregare per lui, si è rivolto al suo angelo custode, che si chiama Eusebio e lo ha pregato di avere cura anche di papa Francesco: "Sa farlo molto bene visto che si occupa di me da quando ero piccolo e quando non ho sonno viene a giocare con me", gli ha scritto il ragazzo. "In questa lettera", ha scritto il Papa, "nel cuore di questo ragazzo c’è la bellezza, l’amore, la poesia di Dio. Dio che si rivela a chi ha il cuore semplice, ai piccoli, agli umili, a chi noi spesso consideriamo ultimi, anche a voi, cari amici: quel ragazzo quando non riesce ad addormentarsi gioca con il suo Angelo Custode; è Dio che scende a giocare con lui".

Il Papa non ha perso occasione per tornare a soffermarsi anche sulla cultura dello scarto "che è opposta alla cultura dell’accoglienza. E le vittime della cultura dello scarto sono proprio le persone più deboli, più fragili. In questa Casa invece vedo in azione la cultura dell’accoglienza. Certo, anche qui non sarà tutto perfetto, ma si collabora insieme per la vita dignitosa di persone con gravi difficoltà. Grazie per questo segno di amore che ci offrite: questo è il segno della vera civiltà, umana e cristiana! Mettere al centro dell’attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate! A volte invece le famiglie si trovano sole nel farsi carico di loro. Che cosa fare? Da questo luogo in cui si vede l’amore concreto, dico a tutti: moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza, opere anzitutto animate da un profondo amore cristiano, amore a Cristo Crocifisso, alla carne di Cristo, opere in cui si uniscano la professionalità, il lavoro qualificato e giustamente retribuito, con il volontariato, un tesoro prezioso".  

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