Si chiamerà
anche Legge
di stabilità, ma quella del Governo
Renzi appena varata dal Parlamento
è pochissimo bilanciata rispetto alle
fasce più deboli e soprattutto di chi
le assiste. Peccato, perché il giovane
premier ha sempre dimostrato
(a parole) molta attenzione
al volontariato, all’assistenza sociale
e al Terzo settore («dovrebbe essere
chiamato Primo settore», aveva detto
con lo “stile annuncio” a cui ormai
ci ha abituati, «per l’importanza che
riveste»).
In realtà non è così. La legge
di correzione dei conti pubblici
approvata dal Parlamento colpisce
molti settori che favoriscono non solo
l’assistenza, ma anche la “tenuta”
sociale di questo Paese ancora
in ginocchio, attanagliato dalla
disoccupazione e dalla crisi del ceto
medio.
Lo ha spiegato anche
don Gino Rigoldi, cappellano del
carcere minorile Beccaria: l’aumento
indiscriminato della tassazione sulle
fondazioni bancarie (non si è fatta
certo una selezione qualitativa),
toglierà risorse destinate al non profit
per oltre 260 milioni di euro.
Non si
colpiscono le banche, semmai la loro
anima più solidale, anche se privata,
erede di quei Monti di pietà inventati
dai Francescani che strappavano
fin dal Medioevo la povera gente
dall’usura.
Lo stesso vale per
i tagli al welfare, alle associazioni
e ai centri di beneficenza e solidarietà
(come le mense della Caritas)
e per quello che appare come
un vero e proprio prelievo forzoso
ai Patronati, che altro non sono
che centri di assistenza per chi non
può permettersi il commercialista
o l’avvocato.
Ci rimetteranno
i servizi alla persona. È proprio
su questi, su chi ha più bisogno,
che il Governo vuol fare cassa.