Perché ancora oggi assumere donne, soprattutto tra i 25 e i 40 anni, è complesso per le aziende? Cosa porta gli imprenditori a compiere determinate scelte? Risponde a questi quesiti un’indagine di Reverse, azienda specializzata nel settore della ricerca e selezione del personale ha intervistato 50 cacciatori di tese attivi tra Italia e Germania e 10 responsabili delle risorse umane italiani per fotografare le dinamiche reali che regolano il mondo del lavoro femminile oggi, e comprendere quali soluzioni porterebbero risultati reali.
Le risposte evidenziano che al 40% dei cacciatori di teste intervistati è stato chiesto esplicitamente da parte dell'azienda cliente, almeno una volta nella loro esperienza, di non presentare candidate donne. Al 75% dei cacciatori di teste è successo di percepire una netta preferenza per candidati uomini da parte delle aziende, anche se non apertamente dichiarata.
5 su 10 dei responsabili del personale dichiarano che nel management della propria azienda esistono pregiudizi di genere. Le motivazioni sono molteplici:
il periodo di maternità,
il diverso approccio al lavoro,
la gestione della famiglia.
L’azienda risponde che non può permettersi in alcun modo di perdere una risorsa per maternità o per la cura della famiglia. Un maggior supporto dello Stato limiterebbe i permessi delle donne e attenuerebbe questa situazione. Un aspetto quest’ultimo che riguarda soprattutto le aziende meno strutturate.
Tra gli aspetti prevalenti sulle preferenze, emerge la forte percezione dei datori di lavoro che la donna è il genitore a cui viene affidata maggiormente la cura dei figli, non solo durante la gravidanza e nei primi mesi dopo la nascita, ma in tutte le fasi della loro vita.
Durante il colloquio il 57% dei cacciatori di teste dichiara che le donne si dimostrano più caute verso un cambio lavorativo rispetto agli uomini. Il 51% afferma che le candidate donne mostrano una minore predisposizione verso un cambio di città e il 52% che le candidate donne sono meno aggressive durante il colloquio (per esempio: fanno meno domande, contrattano meno sullo stipendio).
Il Gender Pay Gap (la differenza di retribuzione tra uomini e donne), inoltre, risulta una situazione diffusa in tutti gli ambiti. Si conferma il divario salariale: solo 2 su 10 responsabili delle risorse umane intervistati dichiarano che nella propria azienda non esiste differenza salariale tra uomini e donne. E, soprattutto se si considerano le posizioni apicali, le aziende prediligono un controllo maschile.
Una buona notizia c’è, sembra che le cose stiano cambiando. Il 67% dei cacciatori di teste, infatti, ritiene che ci sia più sensibilità da parte delle aziende verso il tema donne/lavoro rispetto al passato. Secondo le opinioni degli intervistati, oggi l'apertura e la consapevolezza nei riguardi della tematica sono maggiori rispetto a qualche anno fa, ma la situazione sta cambiando lentamente.
In conclusione, l'assunzione in azienda di una donna è considerato un investimento più a rischio perché anche se all'inizio del periodo di maternità gli aiuti alle madri sono maggiori, con il passare degli anni diminuiscono sempre di più i sostegni a loro disposizione, inoltre, nelle scelte di ogni famiglia è sempre la madre a sacrificare gli impegni professionali quando è necessario occuparsi dei figli anche nel lungo periodo.
Le aziende più strutturate riescono ad assorbire questo e a presentarsi quindi come più virtuose.
Eccetto alcuni casi di piccole e medie imprese guidate da imprenditori sensibili a questa tematica, molti altri si trovano soli e optano per l'investimento più sicuro rinunciando ai benefici della diversità. Questo anche se sono numerose ormai le ricerche che certificano i vantaggi portati dall'avere in azienda il giusto mix tra collaboratori uomini e donne: un diverso approccio al lavoro e un diverso stile di leadership sono un'arma in più a disposizione del business.