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giovedì 19 settembre 2024
 
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Nel Belpaese bambini e adolescenti sempre più poveri: la denuncia di Save the children

15/11/2021  I dati dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia "Il futuro è già qui", diffuso dall'organizzazione umanitaria a pochi giorni dalla Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che ricorre il 20 novembre

(Foto di Francesco Alesi. Foto in alto di Giuseppe Gerbasi)
(Foto di Francesco Alesi. Foto in alto di Giuseppe Gerbasi)

L’Italia è un Paese sempre più vecchio, in cui l’infanzia è “a rischio di estinzione”. In 15 anni la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila unità e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. Infanzia negletta, trascurata, poco valorizzata: in 15 anni è aumentata la povertà assoluta, con un milione di minori in più privi del necessario per vivere in modo sereno e dignitoso. A denunciarlo è la XII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia dal titolo “Il futuro è già qui” diffuso dalla Ong Save the children che, a pochi giorni dalla Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza indetta dall’Onu il 20 novembre, fotografa la condizione delle nuove generazioni nel nostro Paese.

L’Atlante analizza in modo dettagliato quattro grandi sfide: le disuguaglianze, la natalità, l’ambiente, la cittadinanza scientifica. Il ritratto che viene delineato è sconfortante: emerge l’immagine di un Paese che non investe abbastanza sulle nuove generazioni, il capitale più prezioso per il futuro del Paese. Una situazione di crisi che è stata fortemente aggravata dalla pandemia del Covid-19, a partire dall’istruzione. La didattica a distanza alla quale si è ricorso per lungo tempo - l’Italia ha il record in Europa per numero di giorni di scuola in presenza persi - ha fatto venire meno «l’effetto perequativo della scuola», si legge nell’Atlante, «lasciando indietro gli studenti che per mancanza di strumenti e di aiuto in casa, non sono riusciti a stare al passo col programma», con un forte divario tra regioni. La dispersione implicita, ovvero il mancato raggiungimento di livelli sufficienti nelle prove Invalsi, si rivela molto marcata. «In base ai dati delle prove Invalsi 2021 e dei trend analizzati negli ultimi anni, si teme soprattutto che per molti adolescenti la pandemia e le scuole chiuse abbiano causato un aumento di abbandono, dispersione, fallimenti formativi che pongono una forte ipoteca anche sulla loro possibilità di inserirsi nel mercato del lavoro e di partecipare alla vita attiva del Paese». 

I dati Invalsi hanno dimostrato che la didattica a distanza ha influito in modo negativo soprattutto su bambini e adolescenti che erano già in una condizione di svantaggio. Quando è scoppiata la pandemia, i ragazzi che avevano abbandonato la scuola prima del diploma erano già il 13,1%, con punte del 16,3 % nelle regioni meridionali. Il numero dei Neet, cioè chi non studia, non lavora e neppure cerca un’occupazione, non segue percorsi di formazione, era già elevato prima del Covid - 23,3% nel 2020, 32,6% nel Mezzogiorno - con la pandemia rischia di fare un pesante balzo in avanti. 

Le disuguaglianze si confermano in primo luogo territoriali, con un forte divario tra il Centro-Nord e il Sud Italia. Disparità e povertà educativa si manifestano fin dalla primissima infanzia. In Italia solo un bambino su 7 (14,7%) usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dai Comuni. Le differenze sono molto profonde tra Nord e Sud: in Calabria solo il 3,1% dei bambini ha accesso al nido, nella provincia di Trento il 30,4%. Le disuguaglianze proseguono nella crescita: in Italia solo il 36,3% delle classi della scuola primaria usufruisce del tempo pieno, con la provincia di Milano in testa (95,8% delle classi), e quella di Ragusa fanalino di coda, con appena il 4,5% di copertura.

Interessante l’indagine esclusiva commissionata da Save the children a Ipsos su “Cittadinanza scientifica – opinioni e attitudini dei giovani relative alla scienza ai tempi del Coronavirus”: dalla ricerca emerge una grande consapevolezza dei giovani sul ruolo della scienza. Ecco alcuni dati: l’87% degli intervistati dichiara di apprezzare abbastanza o molto le materie scientifiche, con un maggior gradimento dei ragazzi (92%) rispetto alle ragazze (81%). A cosa serve studiare la scienza? Per affrontare la pandemia (secondo il 54% degli intervistati), per la lotta al cancro (38%), per lo smaltimento dei rifiuti (32%), per la produzione di energia sostenibile (31%) e per la lotta alla fame nel mondo (29%). Da chi si sentono rappresentati i ragazzi di oggi? Soprattutto da Ong e organizzazioni di volontariato (35%), poi dai movimenti come Friday for Future o Black Lives Matter (27%), meno dagli influencer (19%),  mentre solo il 10% dà fiducia ai partiti politici.

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