Il professor Aldo Ferrari.
«Per fortuna - diciamo così - è arrivata subito la rivendicazione dell'attentato da parte dell'Isis, lo Stato islamico, altrimenti le accuse di responsabilità sarebbero ricadute inevitabilmente sull'Ucraina, provocando un ulteriore inasprimento del conflitto, in una situazione militare e politica già molto delicata». All'indomani dell'atroce attentato terroristico al Crocus City Hall di Mosca che ha causato oltre 140 vittime, a commentare è il professor Aldo Ferrari, storico, politologo, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'Ispi-Istituto per gli studi di politica internazionale.
Negli ultimi venticinque anni la Russia ha subìto numerosi attentati, la maggior parte dei quali riconducibili alla matrice cecena. Il più sanguinoso, quello nell'asilo di Beslan, Osseezia del Nord, a settembre del 2004 costò la vita a 335 persone, di cui 186 bambini. Ora la Russia è ripiombata di nuovo nell'incubo del terrorismo.
Professor Ferrari, cos'è lo Stato islamico del Caucaso? Come si è sviluppato e quali sono le sue rivendicazioni nei confronti di Mosca e di Putin?
«Va ricordato che all'interno della Federazione russa vivono 15 milioni di cittadini di fede islamica. La maggior parte degli abitanti della regione del Caucaso settentrionale è di fede musulmana sunnita. Questo non pone grandi problemi: all'interno della Federazione russa, anche con Putin al potere, il rapporto con l'islam per così dire istituzionalizzato - che riconosce lo Stato russo - non ha mai rappresentato un dilemma. Puer essendo il cristianesimo ortodosso la religione predominante in Russia, le atre religioni come islam ed ebraismo hanno un posizione ufficiale e rispettata. Mentre vengono colpiti quei musulmani che non riconoscono lo Stato russo. Questi sono stati radicalizzati nella seconda metà degli anni '90, poi a seguire da predicatori provenienti perlopiù dall'Arabia Saudita, tant'è vero che normalmente gli islamici radicali del Caucaso russo sono chiamati wahabiti, definzione che rivela l'origne saudita della predicazione. Contro questi elementi sovversivi la repressione russa è stata forte. Bisogna tener presente che il secessionismo ceceno è nato laico e si è progressivamente islamizzato, fino a quando nel 2004-2005 Putin è riuscito in qualche modo a rimettere l'islam e la Cecenia all'interno del sistema politico russo attraverso Kadyrov padre e poi il figlio. Questo radicalismo islamico represso in Cecenia rimane tuttavia forte in altre repubbliche del Caucaso settentrionale, in particolare nel Daghestan».
E cosa è successo in seguito all'islam caucasico radicalizzato?
«A partire dal 2007-2009 questi elementi radicali hanno spesso cambiato nome, creando a un certo punto il cosiddetto Emirato islamico del Caucaso settentrionale. Una di queste denominazioni è l'Isis, che però sappiamo essere più una sigla di facciata che una struttura organizzativa stabile e riconoscibile. In Asia centrale poi ci sono altre formazioni locali che si dichiarano affiliate all'Isis. Si tratta dunque di una galassia molto complessa di gruppi difficilmente identificabili. Il rapporto fra Russia e islam è molto complicato».
L'attentato è avvenuto una settimana dopo le presidenziali in Russia. Non lo trova strano? Ammesso che lo scopo fosse destabilizzare il Paese, perché farlo dopo le elezioni e non prima?
«Certo, avrebbe avuto molto più senso colpire prima delle elezioni. Ma l'aspetto più inquietante del terrorismo - non solo quello islamista - oltre alle vittime che provoca, è dato dagli obiettivi che si pone, che molto spesso non sono affatto chiari. Il terrorismo mette a disposizione persone che compiono attentanti la cui finalità non sempre è definita. In questo caso, abbiamo una rivendicazione, ma a beneficio di chi andrebbe questo attentato? A chi porta vantaggio? A gruppi minuscoli dietro ai quali non c'è uno Stato? Il terrorista spesso è una persona che si mette al servizio di qualcuno che lo paga per compiere delle azioni. Ma la finalità resta incomprensibile, Le motivazioni degli atti terroristici sono sempre poco riconoscibili. Probabilmente non avremo mai la possibilità di chiarirle davvero. Ricordiamoci, in ogni caso, che la Russia è stata determinante nella sconfitta di Daesh (Stato islamico) in Siria e anche alla luce di questo fatto è legittimo pensare che questa azione sia stata relalizzata dall'Isis. Le notizie dicono che la Russia sta provando a seguire la pista cecena»
Quali potrebbero essere ora le ripercussioni di questo attentato all'interno della Russia?
«Certamente Vladimir Putin e un regime che aveva fatto della sicurezza uno dei suoi maggiori punti di forza hanno fatto una bruttissima figura. In ogni caso, la popolazione si stringerà intorno al leader e accetterà le decisioni che vorrà prendere. Speriamo, ripeto, che Putin non voglia, per così dire, sfruttare questa tragedia addebitandone la responsabilità all'Ucraina e, di conseguenza, all'Occidente, per innalzare ulteriormente il livello della violenza e del conflitto. Stiamo andando in una direzione disastrosa e questo attentato che plausibilmente non c'entra nulla con la guerra russo-ucraina rischia di peggiorare ulteriormente la situazione».
(Foto Reuters: persone che portano fiori al memoriale per le vittime dell'attacco al Crocus City Hall)