Per capire chi sia stato Alberto Sordi
per i romani, basterebbe raccontare
come siamo entrati nella sua casa. In
una giornata piovosa e, di conseguenza,
caotica per la capitale, chiamiamo un taxi
e diamo le indicazioni. «Dovremmo andare in
via Druso».
Il tassista mostra perplessità: «Via
Druso, ha detto?» «Sì, tra Porta Metronia e le
Terme di Caracalla, però l’entrata principale
del posto dove andiamo è su un’altra strada,
via Claudio Marcello». «Ah, ma allora andate
da Alberto, ho capito!» Eh, già, per loro, i romani,
Sordi è sempre vivo e tutti sanno dov’è
la sua casa. Noi, beati ingenui, pensavamo di
dare le giuste direttrici delle vie, ma non era
necessario. Avremmo dovuto dire: «Ci porti a
casa di Alberto Sordi».
Una casa che è, per i romani, come uno dei
tanti monumenti che la Storia ha regalato alla
città. Sono passati dieci anni dalla morte di
quello che è stato definito, con enfasi ma meritatamente,
il più grande attore italiano della
storia del cinema nazionale, e in questa casa
così nota vive l’ultima sorella dell’Albertone
nazionale, Aurelia, 95 anni portati con apparente
indifferenza romanesca e un volto che ricorda
a tutti di chi è sorella. Quegli occhi vivaci
e impertinenti, quelle labbra pronte a sparare
una battuta, quello sguardo un po’ scettico
e un po’ sornione su un volto largo, trasteverino,
sono gli stessi che abbiamo imparato a conoscere
in più di 150 film.
La signorina Aurelia ci attende al secondo
piano della villa diventata una sorta di museo
storico della carriera di Sordi. Tutto parla
di lui, a cominciare dal giardino, dove campeggia
una statua del cavallo Nestore, quello
dell’ultima corsa, celebrata nel terzultimo
film del regista e attore. E dentro, le sorprese
non mancano. Perché di Sordi siamo sempre
convinti di aver visto e conosciuto tutto, tanta
è la sua popolarità.
E invece...
Invece, si scopre, per esempio, una vasta biblioteca
dove l’attore e regista ha riunito libri
antichi di storia d’Italia, di latino e greco, di filosofia;
ci sono Tommaseo e De Sanctis, un’edizione
ottocentesca del Vocabolario dell’Accademia
della crusca, Victor Hugo e Giosuè Carducci,
oltre a numerosi tomi sul teatro, sullo
spettacolo in generale e sul cinema, compresi
testi in inglese sul teatro giapponese e sul circo
americano.
E, sempre nel corridoio della biblioteca,
un punching-ball e una vecchia
cyclette per gli esercizi fisici.
D’altra parte, se c’è stato un attore formidabile
non solo con la voce (peraltro inconfondibile)
e con le espressioni facciali, ma con tutto il corpo, quello è stato proprio Sordi.
Delizia dei registi che potevano sbizzarrirsi
in primissimi piani e dettagli di un dito
puntato minacciosamente o di una piega del
labbro un po’ tremolante, o di una gamba
col tic, quando non dei denti o degli occhi utilizzati
come parte recitativa.
– Cara signorina Aurelia, certo che qui non
mancano le cose sorprendenti...
«E invece a me pare tutto così normale,
guarda un po’...».
– Magari non andavate molto d’accordo e
nessuno lo sa, non è vero?
«Nooo, ma che dice? Quando eravamo ragazzini,
guai a chi me lo toccava, Alberto».
Poi ride e aggiunge: «Però, da piccolo, era
tutto pelato. Ogni tanto piangeva e allora io
dicevo che non lo volevo, lo chiamavo “ciccio
pelato”». E ride, contenta nei suoi ricordi.
Perché, com’era da bambino, una peste?
L’orgoglio della sorella maggiore non si esaurisce
mai. Aurelia diventa seria e di poche, definitive
parole : «Alberto da bambino era buono,
molto buono».
Hanno vissuto sempre insieme, in tre, con
l’altra sorella Savina, morta nel 1972. «A Savina
piaceva avere persone intorno, era felice
quando Alberto organizzava piccole feste tra
amici. Dopo, Alberto non ha più voluto dare
ricevimenti, se non raramente».
– Era triste?
«No, triste non direi. Ogni tanto s’arrabbiava,
questo sì, ma poi gli passava in fretta».
– Quali erano le cose che non sopportava?
«Era molto rigoroso sugli orari del pranzo
e della cena. E quando era l’una e mezza non
sgarrava. Quella era l’ora di pranzo per tutti.
Solo che Savina voleva vedere Beautiful in Tv
e lui diceva: “Ma che guardi ’sta robba! Non
mi piace. A quest’ora c’è il telegiornale”».
– Un po’ despota...
«No, poi finiva che andava in un’altra stanza
sbuffando e ci lasciava con Beautiful», dice
con un sorriso.
- Tra i tanti, quali sono i film che più le piacevano interpretati da suo fratello?
«Tutti a casa, La grande guerra, Il marchese
del Grillo». Alberto li rivedeva in teatro. Nel
senso che nella villa Sordi fece costruire un
vero teatro, con tanto di poltrone per gli ospiti,
buca del suggeritore e sala di proiezione.
Sordi tutto da scoprire, che non s’opponeva
a chi diceva che fosse tirchio. E che invece ha
donato otto ettari di terreno per una Fondazione
che porta il suo nome, dedicata gli anziani
(www.fondazionealbertosordi.it). Sordi
che non finisce di sorprendere, perché, come
diceva il suo marchese del Grillo, «quanno se
scherza bisogna esse’ seri». Lasciamo Aurelia
Sordi con una richiesta. Le posso dare un bacio?
Le si illuminano gli occhi: «E certo, come
no? Vie’ qua bbello, grazie della visita».