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mercoledì 11 settembre 2024
 
 

Avetrana, più che giustizia uno "show"

10/01/2012  Il processo dell'anno, quello per l'omicidio della quindicenne Sarah Scazzi è iniziato a Taranto. Per l'interesse "particolarmente rilevante", ammesse le telecamere di Raitre.

Si fa in fretta a dire che il processo per l'omicidio di una quindicenne non può essere, o diventare, un reality show. Avetrana è l'eccezione, una delle tante ormai, che infrange puntualmente regole e (buoni) propositi. «L'evento mediatico dell'anno», come da annuncio pomposo di giornali e tv, si è aperto oggi nell'aula Alessandrini del Tribunale di Taranto. Si dovrà fare luce sull'omicidio, avvenuto il 26 agosto 2010, di Sarah Scazzi e decidere del destino di nove persone: Cosima Serrano e Sabrina Misseri, madre e figlia, accusate di concorso in omicidio volontario, sequestro di persona e soppressione di cadavere. Poi c'è Michele Misseri, accusato di soppressione di cadavere insieme con il fratello Carmine e il nipote Cosimo Cosma. Di favoreggiamento, invece, devono rispondere Antonio Colazzo, cognato di Antonio Buccolieri, il testimone ballerino che disse di aver visto quel giorno Cosima e Sabrina aggredire Sarah per poi fare marcia indietro e affermare che si era trattato solo di un sogno; la suocera dello stesso Buccolieri, Cosima Prudenzano, e l'imprenditore turistico Giuseppe Nigro. Non è un caso che la prima decisione della Corte d'Assise quasi tutta al femminile (presidente Cesarina Trunfio, a latere Fulvia Misserini, più sei giudici popolari, cinque dei quali sono donne) sia stata proprio sulle riprese televisive del processo. Consentirle o vietarle? Dopo un'ora e mezza di camera di consiglio, i giudici hanno deciso che le immagini potranno essere mandate in onda solo dopo la conclusione del processo stesso. Con un'eccezione, però: dato l'interesse «particolarmente rilevante» della vicenda da parte dell'opinione pubblica, la Corte ha autorizzato la ripresa integrale del dibattimento solo agli operatori della trasmissione di Raitre, "Un giorno in pretura".


Erano state proprio Cosima e Sabrina a chiedere di non volere cameramen e fotografi a immortalarle. Sabrina in aula non ci voleva neanche entrare: «Mi sento male», ha detto agli agenti penitenziari, «non ce la faccio». Ed è scoppiata in lacrime. «Mio padre era in aula?», ha sussurrato dopo, «io non l'ho nemmeno visto». I protagonisti del noir di provincia che da oltre un anno ipnotizza e divide milioni di italiani ora comunicano per sguardi, di sbieco, senza dare troppo nell'occhio e sfuggire agli agguati di fotografi famelici e cronisti in cerca di scoop. Muta, per tutto il tempo, resta Cosima. Il suo sguardo è fisso nel vuoto, le braccia conserte. La “sfinge di Avetrana”, l'hanno soprannominata i giornali. Il resto è “show tossico”, come ha detto qualcuno, a uso e consumo del pubblico. Quello catodico e quello, in carne e ossa, che fa ressa fuori dal tribunale per entrare. «Siamo venute per vedere in faccia Cosima e Sabrina», dice una signora arrivata da Nardò, nel leccese, distante da Avetrana una manciata di chilometri. «Il colpevole è nella famiglia: Sarah è entrata in quella casa e non è mai più uscita», dice un'altra con tono inquisitorio. «Michele è una vittima: si vede come stava prima a casa con la moglie e come si è fatto bello ora che è solo», commenta un altro rivolto verso Michele Misseri che se ne sta seduto in disparte. In silenzio, per una volta. Fuori, c'è anche un gruppo, arrivato per protestare, che srotola un enorme striscione che recita così: «Sulla morte di Sarah avete speculato ma del nostro inquinamento non avete mai parlato».


In aula, sono oltre cinquanta i giornalisti accreditati per un totale di ventuno testate. Più la gente comune, i settanta “fortunati”, muniti di pass, che hanno trovato posto per assistere al dibattimento dal vivo dopo aver partecipato a una vera e propria gara. L'udienza procede tra schermaglie tecniche e prassi procedurali come l'ammissione dei testimoni e la costituzione delle parti civili. Gli spunti più interessanti, in realtà, arrivano nelle lunghe pause in cui la Corte è in camera di consiglio. «Spero che Sabrina confessi e racconti tutta la verità, ma davvero la verità», dice la madre di Sarah, Concetta, accanto al marito Giacomo e al figlio Claudio, «Se pungolata bene penso lo possa fare, è più fragile psicologicamente. Cosima invece no». L'ultimo pensiero di Concetta Serrano è per la Corte: «Sono contenta che sia composta quasi tutta da donne perché sono più agguerrite», dice. A volte la sete di giustizia passa anche da bizzarri presentimenti.

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