Si reca subito nella chiesa dell'Immacolata, papa Francesco. Appena atterrato nell'aeroporto di Baku un breve tragitto in macchina lo porta presso la struttura ricostruita nel 2007 dopo essere stata distrutta, nel 1931, dai bolscevichi. All'interno lo attendono 300 dei circa 700 cattolici presenti nel Paese, tutti quelli che la chiesa dei salesiani può contenere, mentre alcune centinaia lo salutano all'esterno. «Un piccolo gregge tanto prezioso agli occhi di Dio», lo definisce il Papa durante l'omelia.
E al termine della messa, dopo aver ricordato nell'Angelus il coraggio di essere andati avanti nonostante le persecuzioni, il Papa incoraggia la comunità. «Qualcuno può pensare che il Papa perda tempo ad andare in una comunità di 700 persone in un Paese di nove milioni di abitanti», dice Francesco, «ma il Papa imita lo Spirito Santo. Anche lo Spirito è andato in una piccola comunità di periferia chiusa nel cenacolo,
quella comunità era nel timore, si sentiva povera, perseguitata o forse lasciata da parte, ma gli dà il coraggio la parresia per andare avanti e proclamare il
nome di Gesù. Quelle comunità di Gerusalemme che erano chiuse per la vergogna
si spalancano ed esce la forza dello Spirito».
Il Papa, continua Bergoglio, «perde il tempo come lo ha perso lo Spirito Santo in
quel tempo». E aggiunge che «soltanto due cose sono necessarie: in quella comunità c’era la
Madre, non dimenticare mai la Madre e in quella comunità c’era la carità, l'amore
fraterno che lo Spirito Santo ha riversato in loro.
Coraggio, avanti, cuore aperto senza paura, avanti».
Dopo le letture pronunciate in russo, inglese e azero, il Papa aveva letto la sua omelia nella quale le due parole chiave sono fede e servizio, due aspetti essenziali della vita cristiana. Il Papa invita a coltivare la fede tenendola sempre legata al servizio, a vivere servendo. Ma, allo stesso tempo , a fuggire le due tentazioni del cristiano: il cuore tiepido e il troppo attivismo. Commenta le parole del profeta Abacuc, citato nella prima lettura, che implora Dio perché intervenga e ristabilisca la giustizia e la pace che gli uomini hanno infranto con violenza, liti e contese. Ma Dio non interviene in modo brusco.
L'insegnamento anche per noi è che la fede non è un dono magico, «Dio non asseconda i nostri desideri che vorrebbero cambiare il mondo e gli altri subito e continuamente, ma mira anzitutto a guarire il cuore, il mio, il tuo, il cuore di ciascuno; Dio cambia il mondo cambiando i nostri cuori, e questo non può farlo senza di noi». Per cambiare le cose Dio deve trovare un cuore aperto e fiducioso e dunque è la fede che bisogna chiedere, un dono che non è dato una volta per tutte, ma va coltivata da parte nostra. Una fede che «non è un super-potere che serve a risolvere i problemi della vita. Perché una fede utile a soddisfare i nostri bisogni sarebbe una fede egoistica, tutta centrata su di noi. La fede non va confusa con lo stare bene o col sentirsi bene, con l’essere consolati nell’animo perché abbiamo un po’ di pace nel cuore. La fede è il filo d’oro che ci lega al Signore, la pura gioia di stare con Lui, di essere uniti a Lui; è il dono che vale la vita intera, ma che porta frutto se facciamo la nostra parte».
E la nostra parte, spiega Francesco, è quella di servire, perché «fede e servizio non si possono separare, anzi sono strettamente collegati, annodati tra di loro». Usa l'esempio del tappeto, papa Francesco in un Paese, l'Azerbaijan noto per le sue preziose lavorazioni. «I vostri tappeti», dice il Papa, «sono delle vere opere d’arte e provengono da una storia antichissima. Anche la vita cristiana di ciascuno viene da lontano, è un dono che abbiamo ricevuto nella Chiesa e che proviene dal cuore di Dio, nostro Padre, il quale desidera fare di ciascuno di noi un capolavoro del creato e della storia. Ogni tappeto, voi lo sapete bene, va tessuto secondo la trama e l’ordito; solo con questa struttura l’insieme risulta ben composto e armonioso. Così è per la vita cristiana: va ogni giorno pazientemente intessuta, intrecciando tra loro una trama e un ordito ben definiti: la trama della fede e l’ordito del servizio».
«Cos’è il servizio?», chiede Francesco. «Possiamo pensare che consista solo nell’essere ligi ai propri doveri o nel compiere qualche opera buona. Per Gesù è molto di più. Nel Vangelo di oggi Egli ci chiede, anche con parole molto forti, radicali, una disponibilità totale, una vita a piena disposizione, senza calcoli e senza utili». Un servizio reso «fino alla fine», a imitazione di Cristo.
Il servizio diventa allora uno stile di vita. Uno stile da coltivare fuggendo le due tentazioni: quella di «lasciare intiepidire il cuore, innanzitutto. Un cuore tiepido si chiude in una vita pigra e soffoca il fuoco dell’amore. Chi è tiepido vive per soddisfare i propri comodi, che non bastano mai, e così non è mai contento; poco a poco finisce per accontentarsi di una vita mediocre. Il tiepido riserva a Dio e agli altri delle
"percentuali" del proprio tempo e del proprio cuore, senza mai esagerare, anzi cercando sempre di risparmiare. Così la sua vita perde di gusto: diventa come un tè che era veramente buono, ma che quando si raffredda non si può più bere».
E la seconda tentazione, al contrario, è quella dell'essere «troppo attivi, quella di pensare da padroni, di darsi da fare solo per guadagnare credito e per diventare qualcuno. Allora il servizio diventa un mezzo e non un fine, perché il fine è diventato il prestigio; poi viene il potere, il voler essere grandi». Ma come il tappeto, solo i fili ben intrecciati creano una «bella composizione; da soli, non servono». Infine il Papa esorta il piccolo gregge: «Restate sempre uniti, vivendo umilmente in carità e gioia; il Signore, che crea l’armonia nelle differenze, vi custodirà», e cita le parole di Teresa di Calcutta «che riassumono il messaggio di oggi: "Il frutto della fede è l’amore. Il frutto dell’amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace"».