Lasciamo pure da parte l’indignazione, ingrediente le cui scorte si stanno esaurendo. Attenti a non restarne senza. Del resto indignarsi porta a risultati concreti quando l’emozione popolare è così sentita e condivisa da provocare un reale cambiamento. Questo però succede in circostanze eccezionali: e non è nemmeno detto che gli effetti siano duraturi. Per esempio Tangentopoli mise sottosopra l’intera classe politica, ma penalmente fece volare soltanto quattro stracci. Passata la bufera, un po’ alla volta tutto è tornato come prima. Anzi peggio, per la sensazione di impunità che ne è derivata.
Adesso ci si dovrebbe indignare ad ogni momento, visto il numero di tegole che ci cascano in testa. Ieri addirittura quattro in un giorno solo, mai successo: un paio di portata locale, ma rivelatrici di un perenne vizio nazionale; una a livello nazionale, anche se i protagonisti hanno radici locali; una infine internazionale, ma tale da coinvolgere per intero la nostra Nazione. Cioè a Milano lo scandalo degli affitti e a Roma quello delle assunzioni pilotate; sempre a Roma i ministri della Lega Nord che non vogliono festeggiare l’anniversario dell’Unità, senza sentire il dovere di dimettersi (dimissioni che i colleghi di governo, peraltro, si guardano bene dal sollecitare); infine il sarcasmo americano sull’Italia, fonte WikiLeaks, che dovrebbe provocare proteste ufficiali ma certo verrà minimizzato. Né è da pensare che qualcuno rinfacci qualcosa a quei capi americani, presidenti e militari, cui si devono disastri come la Baia dei Porci a Cuba, la guerra perduta in Vietnam, le figuracce in Iran, le menzogne usate per invadere l’Iraq, lo stallo in Afghanistan, i detonatori che oggi fanno esplodere il mondo arabo. Insomma, da che pulpito...
Resta il fatto che denunciare i peccati altrui non significa assolvere i nostri. Il Pio Albergo Trivulzio doveva aiutare i poveri, ha preferito favorire ricchi e potenti. Gli amministratori romani hanno assunto non i meritevoli ma il parentado. I leghisti continuano a esaltare un federalismo dai connotati tuttora ignoti, ma destinato ad alimentare doppioni, burocrazie e tasse. Ci sarebbe anche da dire qualcosa su quelle regioni, indovinate quali, dove gli scandali nemmeno fanno più notizia. Anche perché i loro dirigenti sono più furbi. Non violano i regolamenti. A scanso di noie, se li cambiano in anticipo. Così, anche laggiù, non è davvero il caso di indignarsi.