Uno sguardo ampio che ha trattato sia del tema della famiglia, riprendendo le parole del Papa a Manila - «custodite le vostre famiglie! Proteggete le vostre famiglie! Vedete in loro il più grande tesoro della vostra Nazione», sia di quello del lavoro - «ci sono moltissime famiglie che non arrivano da tempo alla fine del mese; anziani che attendono le loro magre pensioni mangiando pane e solitudine; giovani che hanno paura per il loro futuro incerto, e che bussano – non di rado sfiduciati – alle porte del lavoro; adulti che il lavoro lo hanno perso e che hanno famiglia da mantenere e impegni da onorare», sia dei prossimi appuntamenti istituzionali del nostro Paese, con l'elezione del presidente della Repubblica.
Ma la prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, in apertura dei lavori del Consiglio permanente della Cei, ha guardato anche fuori dall'Italia. Ai cristiani perseguitati, al terrorismo. «Quanto accade sul fronte del terrorismo e dell'intolleranza», ha detto il presidente dei vescovi italiani, «ci interpella tutti con grande serietà e con qualche preoccupazione. Non è una preoccupazione cupa e senza speranza, né, tanto meno, di carattere personale, ma è la doverosa presa d’atto di quanto sta accadendo lontano o vicino a noi, e va a toccare in modo barbaro persone e Nazioni, con l’evidente intento di seminare insicurezza, terrore e soggezione psicologica e culturale. Parliamo del fondamentalismo islamico, nelle forme di sempre e nelle recenti raccapriccianti aberrazioni. C’è, infatti, un elemento inedito di tale barbarie: è la violenza esibita, la crudeltà sfacciata, il parossismo angosciato. Sì angosciato, perché tali raffinate manifestazioni di crudeltà, se da una parte vogliono ostentare spregio e sicurezza per spargere terrore, dall’altra esprimono paura e angoscia. È il panico che nasce dalla consapevolezza di essere perdenti di fronte all’incalzare della storia».
Parole preoccupate, quelle del cardinale. Che sottolinea, come aveva già fatto qualche tempo fa, che «di fronte al fenomeno dell’autoproclamato Stato Islamico e al numero di coloro che lasciano l’Europa per sposare il fanatismo omicida, l’Occidente dovrebbe fare un serio esame di coscienza e chiedersi il perché di questo arruolamento violento e suicida. Perché? Una ragione è che un certo islamismo fondamentalista riempie il vuoto nichilista dell’Occidente. L’anima di un uomo, come di un popolo e di uno Stato, non si può riempiere di dubbi e di cose materiali: queste sono necessarie, ma non danno senso alla vita. Il senso si trova su un piano diverso, qualitativo. Il mondo occidentale ha svuotato la coscienza collettiva di valori spirituali e morali soffocandola di cose, ma non di bene, di verità e di bellezza. È triste pensare che il bagaglio turpe e brutale del fondamentalismo possa incendiare non pochi animi, possa scuoterli dal torpore e dalla noia di una società sempre più liquida, fino a uccidere e a perdere la propria umanità».
E di fronte alla brutalità di quanto accaduto in Francia, Bagnasco ricorda che «non si può mai uccidere in nome di Dio: è una bestemmia contro l’uomo e contro il Creatore. Quanto è accaduto recentemente a Parigi ha suscitato giustamente l’indignazione del mondo: abbiamo pregato per le vittime e per la Francia. Abbiamo visto con compiacimento la grande marcia di protesta e di affermazione del diritto di espressione. Abbiamo visto uniti in prima fila molti capi di Stato e personalità significative. Ed abbiamo gioito. Però non abbiamo potuto non pensare anche alle migliaia di fratelli e sorelle perseguitati, straziati e uccisi perché cristiani o per motivi etnici. Abbiamo pensato che la libertà religiosa non è garantita nel 60% del pianeta e che, nelle minoranze, sono i cristiani quelli maggiormente perseguitati».
Accanto alla libertà di parola e di espressione, ha sottolineato il presidente della Cei, «avremmo voluto allora che anche la protesta per questo continuo genocidio, anche l’affermazione del diritto inalienabile alla libertà religiosa, fossero stati pubblicamente proclamati dal mondo lì rappresentato, specialmente dall’Occidente che si fa paladino dei diritti umani».
E, infine, tra i molti temi toccati anche quello della corruzione, con l'esortazione a non scoraggiarsi: «Il Paese non deve cedere alla sfiducia», ha detto Bagnasco. «Il popolo degli onesti – che è un grande popolo – non deve lasciarsi demoralizzare. Mai! Neppure dai cattivi esempi di malaffare e di corruzione. A questo proposito, la Conferenza Episcopale della Calabria ha recentemente pubblicato una Nota Pastorale – “Testimoniare la verità del Vangelo” – sulla malavita organizzata: siamo grati e solidali con loro anche in questa sfida che continua ad annidarsi nel tessuto sociale del Paese. I fenomeni di corruzione sono da deprecare e, se accertati, sono da perseguire con rigore, ma non devono deprimere né suggestionare, come se i corrotti fossero i furbi e gli onesti fossero una massa di illusi. Alla disonestà dobbiamo reagire con una onestà più fiera, una professionalità più convinta, una laboriosità più generosa. È questo il modo più costruttivo per reagire al male: con un bene più grande».