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domenica 18 maggio 2025
 
 

La Formula Uno e lo spot per Allah

21/04/2013  Si è corso il Gran Premio del Bahrein, tra le proteste per la democrazia e una grossa novità: uno spot Tv per "fare pubblicità" ad Allah.

Ormai si fa, specialmente alla televisione, pubblicità di tutto, dai diamanti alle patate, dall’abbronzatura alla politica. Ma la Formula 1 ieri dal Bahrein, nazione musulmana, ha offerto, nel corpo degli spot che immediatamente precedono la gara - numero 3 del calendario mondiale 2013 - la pubblicità a una nuova entità, la cui definizione impegna da millenni le migliori menti del creato. Sì, perché è stata mandata in onda la pubblicità di Allah che, in quella religione, sta appunto per Dio. Ovviamente non è stato raccomandato l’acquisto, è stato invece raccomandato l’uso, attraverso la presentazione delle qualità sue.


Premessa: si è trattato di uno spot (usiamo il termine tecnico, anche se è brutto chiamarlo così) degnissimo, cinematograficamente fra il bello e il bellissimo sempre, con scene intense girate senza dubbio da persone sensibili e talentuose. E’ stato detto all’inizio che Allah ha vari nomi, e che è bene impararli. Ecco allora una serie di immagini vive, vivissime, ognuna legata a un nome, anzi a un aggettivo. Hanno mostrato scene di vita, ovviamente in zone e con fondali e con persone musulmane, ogni scena di due-tre secondi a illustrare un aggettivo riferito ad Allah: il giusto, il fedele, il buono, il generoso, il primo, l’ultimo. Ogni volta immagini appropriate, spesso struggenti, immagini di vita vera e dura. Presenza femminile scarsa ma importante. Il ricco che aiuta il povero, il vecchio che sorride finalmente sereno, la donna (non velata) che ride. 

Il 17° e terzultimo Gran Premio della stagione, in calendario per il 3 novembre. riporterà la Formula 1 in un Paese arabo, Abu Dhabi, negli Emirati. Chissà se torneranno quelle immagini, o se ce ne saranno altre però simili, o se invece Allah non verrà più proposto in questo modo. Il Bahrein non solo è percorso da voglia di modernizzazione, processo storico tipico dell’area mediorientale, ma vive passaggi delicati e intanto violenti di protesta popolare, e si è parlato appunto della Formula 1 come di una manifestazione sportiva blindata da polizia e anche esercito. Qualcuno può pensare a uno spot distraente, equilibratore, anestetico. Si vedrà ad Abu Dhabi. O prima, le vie dello sport anzi della televisione sono infinite.

Ricordiamo che la manifestazione omologa del motociclismo, quella definita come moto GP, ha visto la prima gara in Qatar, altro paese musulmano, senza però registrare lo stesso tipo di intervento. Il Qatar è comunque vicino allo sport, e se i calciofili sanno non solo che i suoi sceicchi hanno comprato la squadra di calcio Paris Saint Germain, ma che il paese ha ottenuto per il 2022 l’organizzazione del campionato mondiale di calcio: ed a proposito della scelta bizzarra fatta dalla federazione mondiale ci sono state anche accuse di corruzione.

In chiave di sport e non spot il Gran Premio del Bahrein è stato molto spettacolare e abbastanza complicato. Purtroppo l’unica cosa chiara è la giornata nera della Ferrari e specialmente di Alonso. Alle prese da subito con problemi di alettoni, e poi preso anche lui dal balletto del pit stop (alla fine, quattro soste) per cercare la quadratura di pneumatici. Ha vinto Vettel che così ha ripreso la dominazione sua antica (quest’anno già due prove su tre, l’anno scorso se non altro ci furono sette vincitori diversi per i prime sette appuntamenti): la pole position come annuncio perentorio, e poi una gara quasi facile per il tedesco della Red Bull, campione del mondo nel 2011 e nel 2012. Alonso strepitosamente ottavo, se si pensa alle sue disavventure, ma è consolazione magra. Massa (due forature) quindicesimo. 

Da resettare le speranze? Assolutamente no, e neanche la fiducia. Soltanto da limitare gli ottimismi, come quelli nati e subito grossi dopo la vittoria in Cina, perché poi si patisce troppo il gelo della sorte, o se vogliamo del caso, in una competizione dove ormai nessuno conosce bene come miscelare meteorologia, tipo delle gomme, calcolo della benzina, uso del pit stop, per ottenere un risultato non logico, magari, ma quanto meno non troppo contrastante con la previsioni ed anche le indicazioni dei tecnici, quei signori i quali fanno finta di credere che la Formula 1 sia il posto dove la scienza detta le sue leggi sacrosante, rigide, prevedibili. Ed anche con la annotazioni dei giornalisti che avevano parlato di caos in casa Red Bull, con errori clamorosi che erano costati il successo a Shangai.

Adesso la Formula 1 arriva in Europa, il 13 maggio a Barcellona. In classifica Vettel ha 77 punti contro i 67 di Raikkonen, i 50 di Hamilton, i 47 di Alonso, i 32 di Webber e i 30 di Massa. Per la Ferrari niente di compromesso, per amor di Dio. O di Allah.

Gian Paolo Ormezzano

Il rombo dei motori della Formula Uno, a dispetto degli onesti imbarazzi di molti dei suoi protagonisti e dello sfacciato menefreghismo di Bernie Ecclestone, da due anni serve anche a soffocare la realtà di un Paese, il Bahrein, che dal giorno di San Valentino del 2011 è teatro di una feroce repressione di regime.


Quel giorno di due anni fa, nel pieno dell'ondata della cosiddetta Primavera araba, anche i cittadini del Bahrein scesero per le strade di Manama, capitale del regno e sede appunto del Gran Premio, per chiedere più democrazia e più spazio per i diritti civili. La risposta del re Hamad bin Isa al Khalifa fu di far intervenire prima l'esercito nazionale e poi addirittura quello dell'Arabia Saudita, con tanto di carri armati.

Fu l'inizio di una stagione clamorosa di violenze (almeno 130 morti e decine di prigionieri politici) che non ha ancora avuto termine, tra perquisizioni indiscriminate, arresti arbitrari e uno stillicidio di uccisioni di cui la stampa internazionale ha smesso di occuparsi.

Il regime del Bahrein può comportarsi come vuole perché gode della protezione della già citata Arabia Saudita, che alle spalle a sua volta ha gli Stati Uniti di Barack Obama (premio Nobel per la pace) e la Gran Bretagna. Si tratta di petrolio, naturalmente, ma soprattutto di fare argine all'Iran. In Bahrein, infatti, gli sciiti (il ramo dell'islam abbracciato dagli ayatollah di Teheran) sono circa il 70% della popolazione ma sono pesantemente discriminati da ogni punto di vista. Il timore di sauditi e americani è che dei problemi del re possa in qualche modo approfittare l'Iran, il nemico numero uno dell'Occidente. Così i cittadini del Bahrein devono sopportare l'autoritarismo del regime del Bahrein. Ma loro non si arrendono. Anche alla vigilia di questo Gran Premio circa 10 mila persone sono scese in piazza per protestare e per ricordare al mondo che anche loro esistono e non hanno smesso di sognare.

Fulvio Scaglione

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