Qual è la portata politica e rappresentativa di una Camera delle autonomie come quella proposta dal segretario del Pd Matteo Renzi? Lo abbiamo chiesto al costituzionalista Enzo Balboni, docente di diritto costituzionale all’Università Cattolica di Milano.
“Questa Camera delle autonomie è una seconda Camera, molto diversa da quella dei deputati che manterrebbe tutta la sua carica politica e quindi darebbe e toglierebbe la fiducia al Governo: diventa una Camera delle autonomie regionali e locali molto, molto depotenziata. Se questo progetto passa, finisce il bicameralismo perfetto e paritario e andiamo sostanzialmente, non formalmente, verso un monocameralismo. Mentre noi studiosi, che abbiamo seguito questa vicenda, immaginavamo la Camera delle autonomie vicina al Bundesrat tedesco, nella proposta formulata da Renzi è un’altra cosa, tutta italiana, abbastanza strana. Una composizione del genere non riesce a rappresentare gli interessi delle Regioni nel cuore della Repubblica, come si era sempre detto che avrebbe dovuto fare il Senato delle Regioni. Se ci sono due amministratori locali che non vanno d’accordo tra di loro, questi sono il sindaco della città centrale e il presidente della Regione. Nel Senato tedesco ad esempio, il Bundesrat ,ci sono 69 membri, tutti rappresentanti delle Regioni che portano gli interessi dei Lander a Berlino, nel cuore della Repubblica. Io non credo che la proposta del segretario del Pd passerà esattamente così, ma intanto comprende 108 sindaci più 21 presidenti di Regione che portano un po’ degli interessi locali verso Roma. Non riuscirebbe a rappresentarli”.
E perché?
"Intanto perché le Regioni hanno potestà legislativa. Adesso si saranno anche rovinate la faccia e la reputazione con i vari scandali nello spreco di risorse pubbliche, ma costituiscono qualcosa di consistente nell’assetto della Repubblica. Hanno un bel pezzo di potestà legislativa, per esempio tutta la sanità. A questo punto chi rappresenterebbe gli interessi della sanità delle Regioni verso Roma? Questo cambiamento di passo nella proposta formulata, che non so se reggerà fino alla fine, mi turba un po’ circa la composizione”.
I membri della Camera della autonomie non percepirebbero indennità, non voterebbero il bilancio e non darebbero la fiducia…
“Se rimane così, servirebbe a molto poco. A questo punto, uguale per uguale, perso per perso, è meglio andare secchi verso il monocameralismo, con una sola Camera politica. Le aspettative erano peraltro diverse, erano per avere una seconda Camera rappresentativa delle autonomie regionali e locali, ad esempio a numeri ribaltati: siamo a circa 120 persone più gli onorari? Dovevano essere 80 come rappresentanti delle Regioni, naturalmente differenziati a seconda del peso e della popolazione, e 40 rappresentanti dei Comuni. Aggiunga che il fatto che questa Camera si riunirebbe una volta al mese e per una settimana, essendo i rappresentanti già gravati dal fatto di essere sindaci, diminuirebbe molto l’attenzione ai problemi discussi in assemblea. Per di più anche la misura, che mi sembra un po’ demagogica, di non prevedere nessun compenso, renderà la cosa ancora meno appetibile a persone che fanno i sindaci di città importanti".
La nuova Camera delle autonomie potrebbe avere una funzione, diciamo così, europea?
"Altra cosa sarebbero i rapporti con l’Europa, che però stanno in piedi se diventa un’Europa delle Regioni, in cui la Lombardia, la Catalogna, la zona dell’Ile de France o la Baviera dialogano direttamente con Bruxelles e Strasburgo. In questo senso una Camera delle Regioni e delle autonomie servirebbe, secondo me, ma perché le Regioni hanno una buona quota di attività legislativa in settori importanti, dall’urbanistica alla pianificazione territoriale alla sanità, e hanno bisogno di avere un dialogo anche con le istituzioni centrali, cioè con quella che diventerà la Camera politica e con il governo. Questo immagino farebbe venire meno le Conferenze Stato-Regioni. Nella veste che sta venendo fuori, la proposta avanzata da Renzi mi sembra molto esile come progetto”.