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domenica 13 ottobre 2024
 
Nerd o bulli?
 

Bambini e videogame: «Mio figlio che non vuole giocare discriminato dagli "hardcore gamers"»

14/04/2022  «Mio figlio di 11 anni è un bambino curioso che ama vivere la vita, giocare all'aria aperta e fare attività costruttive. Quest'anno però, ha iniziato le scuole medie e per i suoi compagni chi non gioca allo sparatutto più in voga diventa subito un "loser". Che fare?»

Mio figlio di 11 anni si auto-definisce “felice di vivere questa vita”. È entusiasta, molto curioso, fantasioso ed estroverso. Suona uno strumento e pratica arti marziali. Abbiamo raggiunto un buon equilibrio sull’uso delle tecnologie. Però, alle scuole medie cominciate quest’anno, sembra che chi non gioca ad un videogame che va per la maggiore sia un “signor nessuno”. Mio figlio non ama i giochi sparatutto, mentre i compagni non parlano d’altro. Lui viene preso di mira quotidianamente e spesso isolato. Ieri per l’ennesima volta mi ha chiesto come può integrarsi in un gruppo classe che non è interessato se non ad accordarsi per la sera stessa per sbloccare altri livelli e che definisce a sfinimento con l’etichetta di “loser” chiunque non sia parte del meccanismo. Questo dopo un quadrimestre di prima media comincia a pesare, smorzando l’entusiasmo iniziale. Che consigli può darci?

VINCENZA

— Cara Vincenza, la tua lettera è una delle tante che richiama lo stesso tema: per i nostri figli preadolescenti la socializzazione di gruppo comporta sempre più spesso l’appartenenza a una community in cui tutti si dedicano al videogame di moda. Se non lo fai, sei fuori. Oppure, sei un “loser”, per riprendere la definizione che tu stessa indichi nella tua mail. Proprio perché parliamo di una prima della scuola secondaria di primo grado, penso che per te la cosa migliore sia innanzitutto confrontarti con il docente referente della classe, verificando con lui/lei che cosa percepisce del modo con cui i suoi studenti socializzano in aula e si relazionano tra loro. È importante confrontarsi, se possibile, anche con gli altri genitori nella prossima assemblea di classe, cercando – tra adulti – di avere una visione comune di ciò che sta accadendo ai ragazzi.

I docenti potrebbero quindi creare occasioni di confronto e dialogo con e tra i ragazzi e magari farli riflettere su come sia difficile aprirsi all’amicizia in un contesto di classe che è così saturato da tutto ciò che ruota intorno a un videogioco. La grande differenza potrà essere prodotta se i ragazzi vengono aiutati a socializzare in presenza facendo cose insieme che non riguardano il videogioco. Una gita senza smartphone al seguito, un’esperienza nella natura, una serie di film da guardare e commentare insieme, un giornalino di classe da realizzare magari dedicato proprio al tema di come il Covid ha cambiato la loro vita. Forse i docenti non si sono accorti di quanto l’online e i videogiochi stanno invadendo anche gli spazi e i tempi informali della vita di classe. A voi adulti consiglio di leggere Perdere tempo per educare di S. Lanza (WriteUp ed.) che invita a riflettere sul bisogno di un’educazione che contrasti il “deserto educativo” in cui sempre più spesso si perdono i nostri figli.

 
 
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