Per la prima volta Barcellona avrà una donna come sindaco. Ada Colau ha conquistato la capitale della Catalogna alle elezioni amministrative e regionali del 24 maggio (per il rinnovo di 13 Comunità autonome, le città di Ceuta e Melilla e 8.119 Comuni), guidando "Barcelona en comú, una piattaforma cittadina composta da varie formazioni politiche, fra le quali Podem, la versione catalana di Podemos, il partito guidato dal giovane professore universitario Pablo Iglesias, legato alle istanze e alle rivendicazioni del movimento degli indignados, a partire dalla lotta radicale alla corruzione.
«E' stata la vittoria di Davide contro Golia», ha esclamato la Colau dopo la comunicazione dei risultati elettorali. Sarà dunque lei la nuova guida di Barcellona, se, come puntualizza il catalano La Vanguardia, non si romperà la tradizione non scritta di eleggere come sindaco della città il candidato che ha ricevuto più voti.
Attivista sociale barcellonese di 41 anni, un figlio di 4 anni avuto con il compagno economista Adrià Alemany, una laurea in Filosofia, nel 2009 Ada Colau è stata tra i fondatori della Piattaforma dei colpiti dall'ipoteca (PAH) e ha dedicato il suo impegno di questi anni alla lotta contro gli sfratti, una delle piaghe profonde e drammatiche che hanno sconvolto la Spagna sprofondata nella crisi economica.
"La sindaco più ribelle, però anche la vicina più normale e prossima", l'ha definita il quotidiano El País, sottolineando come, nonostante la popolarità raggiunta in questi anni di lotte al fianco degli sfrattati e dei cittadini sommersi dai debiti con le banche, la futura prima cittadina di Barcellona non sia affatto diventata un personaggio e abbia mantenuto uno stile di vita e di azione politica di basso profilo, improntato su sobrietà e quotidianità.
La Colau ha sbaragliato il sindaco uscente Xavier Trias, candidato dei nazionalisti catalani di Convergencia i unió (Ciu). Ma il distacco è breve: Barcelona en comù conquista infatti 11 seggi, ben lontani dalla maggioranza (21 seggi), Ciu incalza con 10 seggi. La Colau si troverà così a governare una città con quella che El País ha definito "la maggioranza più debole dal 1979". Dovrà dunque necessariamente scendere a patti con almeno altri due partiti, a partire dalla vicinissima Ciu.
A livello nazionale, l'avanzata dei grandi movimenti cittadini Podemos e Ciudadanos (il partito europeista nato otto anni fa a Barcellona, guidato dall'avvocato Albert Rivera) hanno messo in crisi il tradizionale bipartitismo spagnolo: i grandi partiti storici, il Partito popolare attualmente al Governo e il Partito socialista, hanno ricevuto una pesante batosta e sono usciti dalle urne fortemente ridimensionati. Il Pp resta il primo partito (con il 27%), ma la formazione del premier Mariano Rajoy perde oltre due milioni e mezzo di consensi. Tutta la Spagna registra uno spostamento verso sinistra, ma non quella dei socialisti di Pedro Sánchez, bensì quella rappresentata da Podemos.
Per il Psoe è una disfatta. E Madrid, da 24 anni roccaforte dei popolari, potrebbe cambiare rotta in favore dell'ex giudice Manuela Carmena di Ahora Madrid (versione locale di Podemos), arrivata seconda per un seggio (21 contro 20) alla popolare Esperanza Aguirre. Se Podemos e Psoe raggiungono un accordo la Carmena potrebbe diventare nuovo sindaco della capitale spagnola.
(foto Reuters).